Cinquantamila secondo gli organizzatori, 7mila per la Prefettura. Quali che siano i suoi reali numeri, il grande corteo che a Milano chiude oggi “Youth4Climate: Driving Ambition”, quattro giorni di impegno giovanile sul clima, è solo l’ultimo tassello di un grande evento destinato a lasciare il segno. Da un lato, l’eco della presenza più emblematica: Greta, con la sua coraggiosa accusa contro i “bla bla” della politica. Dall’altro, la spinta di migliaia di giovani ormai pienamente sensibilizzati sul tema del climate change, e sempre più desiderosi di fare la loro parte. Da un altro lato ancora, il mondo dei “potenti”, che per una volta non sembra voler trascurare il messaggio delle nuove generazioni. E per bocca del premier Mario Draghi, almeno a parole, assicura: “Vi stiamo ascoltando”.
Il coinvolgimento sempre più attivo dei giovani alla causa climatica – iniziato con lo United Nations Youth Climate Summit, tenutosi a New York il 21 settembre 2019 – potrebbe realmente cambiare le sorti della battaglia globale a favore del pianeta. Youth4Climate, almeno nelle intenzioni (iniziali e finali), sembra proprio mirare a questo. Lo spirito dei quasi 400 ragazzi (2 per Paese) provenienti dai 197 Paesi membri dell’UNFCCC (La Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che si sono messi a confronto in questi giorni a Milano, d’altro canto, non aveva altri fini se non elaborare proposte concrete proprio sulle questioni più urgenti che riguardano l’agenda climatica. Idee, progetti, opinioni e spunti (frutto di due giorni di lavoro e un giorno di dialogo con i Ministri), da inserire nelle negoziazioni della contestuale Pre-COP26 e quindi da sottoporre al momento cruciale della trattativa: la COP26 in programma a Glasgow dall’1 al 12 novembre.
A chiudere il cerchio di un impegno che le giovani generazioni sentono sempre più a loro misura è il documento finale della conferenza. Un manifesto approvato in assemblea plenaria che, in quattro macro-punti, fotografa le richieste del mondo giovanile a favore dell’ambiente, con un’ambizione conclusiva che alza il tiro in gesto di sfida: chiudere l’industria dei combustibili fossili al più tardi entro il 2030. Le richieste costituiranno la base portante di un documento più articolato da elaborare nelle prossime settimane., da scremare sino a trarne le istanze più valide da portare sino a Glasgow.
“Sono stati approvati i messaggi chiave di un documento molto buono, una base per lavorare. È stato fatto un lavoro straordinario” è il commento del ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani.
1. Partecipazione (con fondi) dei giovani ai processi decisionali
Il gruppo di lavoro ‘Youth Driving Ambition’ chiede innanzitutto alla comunità internazionale un supporto concreto, anche e soprattutto finanziario, affinché il coinvolgimento dei giovani alla causa climatica non resti lettera morta. Si chiede dunque che Paesi e istituzioni garantiscano urgentemente “un coinvolgimento significativo dei giovani in tutti i processi decisionali con implicazioni sul cambiamento climatico”. Non solo. Le giovani voci chiedono anche che alla COP26 si chieda ai Paesi “di aumentare urgentemente il supporto finanziario, amministrativo e logistico per promuovere l’impegno delle nuove generazioni”. Infine si leva un appello affinché Paesi, organizzazioni internazionali e istituzioni finanziarie pubbliche e private destinino “con urgenza, rendendoli facilmente accessibili, fondi per sostenere la partecipazione dei giovani” ai processi decisionali che riguardano il cambiamento climatico.
2. Transizione energetica urgente e inclusiva
Altro tema caldo, toccato questa volta dal gruppo di lavoro su Sustainable Recovery, riguarda la transizione energetica. I giovani chiedono che avvenga in modo “urgente, olistico, diversificato e inclusivo entro il 2030″, dando “priorità all’efficienza energetica e all’energia sostenibile” e puntando ad avere a portata di mano l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura di 1,5°. Fra le righe, la richiesta è quella di andare oltre lo sforzo garantito durante il G20 di Napoli su clima ed energia e mettere sul piatto finanziamenti “per garantire una transizione con posti di lavoro dignitosi, fornendo un sostegno adeguato alle comunità colpite e vulnerabili”. I decisori a tutti i livelli, nel settore pubblico e in quello privato, vengono quindi esortati “a creare un sistema di finanziamento del clima trasparente e responsabile con una solida regolamentazione delle emissioni di carbonio, sradicando la trappola degli investimenti climatici nelle comunità più vulnerabili”. Quindi si chiede “che le soluzioni basate sulla natura abbiano la priorità come strategia chiave per affrontare la crisi climatica” e si sottolinea “la necessità di una società socialmente giusta ed equa” soprattutto proteggendo i diritti e il luogo delle popolazioni locali e indigene.
3. Chiusura dell’industria fossile entro il 2030
Dal terzo gruppo di lavoro (Non-State Actors’ Engagement) arriva la proposta più rivoluzionaria (e ambiziosa) del documento: chiusura totale dell’industria dei combustibili fossili al più tardi entro il 2030 e garanzia di una transizione decentralizzata ed equa “progettata per e con le cooperative di lavoratori, le comunità locali e indigene e le persone più colpite dalla crisi climatica e dallo spostamento della terra”. I giovani dicono con forza il loro no agli investimenti pubblici e privati agli investimenti in combustibili fossili e all’influenza dell’attività di lobbying di questa industria, in particolare durante i negoziati internazionali. E chiedono trasparenza in ogni fase delle trattative: “La transizione richiede una chiara rendicontazione dei piani e il raggiungimento degli obiettivi intermedi, almeno su base annuale”.
4. Formazione scolastica e consapevolezza sociale sul climate change
Il quarto gruppo di lavoro invita infine i Ministri dell’istruzione e dell’ambiente che partecipano alla COP26 a “impegnarsi a sostenere l’educazione ai cambiamenti climatici e l’emancipazione dei giovani, anche supportando la creazione di piattaforme e meccanismi multi-stakeholder per condividere informazioni e soluzioni sul clima e promuovere la partecipazione negli spazi decisionali”. Non solo. Invitano anche “i governi a garantire un’alfabetizzazione climatica per tutti e finanziamenti adeguati”. Nel concreto, la richiesta implica l’integrazione dell’apprendimento del cambiamento climatico nei curricula, introducendo queste conoscenze nelle materie esistenti.
Si chiede inoltre di dare risalto “ai rifugiati climatici, attraverso i media tradizionali e utilizzando campagne, arte, sport, intrattenimento, leader della comunità, influencer e social media”. E si pone l’accento su una formazione di giornalisti e comunicatori che miri a “trasmettere l’urgenza e le implicazioni della crisi climatica in modo trasparente, accessibile e colloquiale”, “regolamentando la pubblicità” e puntando a “prevenire il greenwashing”.
L’appoggio di Mario Draghi: “Agire ora o sarà troppo tardi”
“La transizione ecologica non è una scelta: è una necessità. Abbiamo solo due possibilità. O affrontiamo adesso i costi di questa transizione. O agiamo dopo, il che vorrebbe dire pagare il prezzo molto più alto di un disastro climatico”. Così il premier Mario Draghi si è rivolto ai giovani di Youth4Climate, senza scomporsi davanti all’interruzione di alcuni manifestanti che, al grido di “El pueblo unido jamas sera vencido”, tentavano di conquistare l’attenzione.
“Dobbiamo agire adesso – ha puntualizzato il Presidente del Consiglio, che è stato anche protagonista di un incontro in Prefettura con Greta Thunberg e le altre militanti per la lotta al cambiamento climatico Vanessa Nakate e Martina Comparelli. -. Sono convinto che abbiamo tanto da imparare dalle vostre idee, i vostri suggerimenti e la vostra leadership. La vostra mobilitazione è stata di grande impatto, e potete starne certi: vi stiamo ascoltando”. “La pandemia ed i cambiamenti climatici hanno contribuito a spingere quasi 100 milioni persone in povertà estrema, portando il totale a 730 milioni. La crisi climatica, la crisi sanitaria e quella alimentare sono strettamente correlate. Per affrontare tutte queste crisi, dobbiamo agire più velocemente – molto più velocemente – e con più efficacia”, ha quindi spiegato.
“Ma voglio dire giusto una cosa sul “bla bla bla” – ha concluso, facendo riferimento alla “tirata di orecchi” indirizzata in un precedente discorso da Greta ai governi internazionali -: a volte è solo un modo per nascondere la nostra incapacità di agire. Ma quando ci sono queste trasformazioni epocali, è necessario convincere le persone che l’azione è necessaria. La mia sensazione è che i leader dei governi oggi siano tutti convinti che sia necessario e sia necessario farlo presto“.
Foto tratta da Shutterstock