Se è impossibile azzerare le emissioni che si producono durante l’attività lavorativa, come si può essere a impatto zero? Semplice: compensando le emissioni, dopo averle calcolate.
Ma non bisogna essere Google o Amazon per prendere parte al cambiamento. Il caso di AppQuality dimostra infatti che anche le aziende più piccole possono compiere questo passo: la startup, che raccoglie una community mondiale di tester cui sottoporre app e soluzioni IT con il metodo del crowdtesting tramite una piattaforma proprietaria, è infatti riuscita, grazie all’aiuto di Up2You, a compensare le emissioni di un anno intero di attività.
Per capire come questo sia stato possibile, però, iniziamo dalle basi.
Carbon neutrality: cos’è, come si calcola e come raggiungerla
L’accordo di Parigi stipulato nel 2015 aveva tra gli obiettivi un aumento massimo della temperatura di 1,5°C (rispetto al periodo preindustriale) e la riduzione delle emissioni globali di CO₂. Si tratta di un obiettivo che non è così semplice mettere in pratica, visto che anche solo respirando produciamo CO₂. Eppure, le aziende possono puntare ad avere un impatto neutro sul pianeta.
Per valutare tale impatto, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) istituito dall’ONU ha definito il concetto di “carbon neutrality”, indicando con questa espressione il bilanciamento tra CO₂ emessa nell’atmosfera e CO₂ ridotta o catturata dall’atmosfera in un determinato periodo. Per calcolare le emissioni di CO₂ si fa tradizionalmente riferimento agli standard GRI (Global Reporting Iniziative).
Come dicevamo, qualsiasi attività comporta una emissione di anidride carbonica: ecco perché l’impegno da parte di aziende e imprese nel contrastare il cambiamento climatico è determinante.
Per fare un esempio pratico su alcune pratiche aziendali che creano un impatto negativo sul pianeta, secondo ADEME (Agence de la Transition Ècologique) inviare una email emette circa 19g di CO₂, mentre utilizzare il pc per un anno ne produce 283kg. Dati alla mano sulle emissioni, sarebbe bene impostare una strategia aziendale di riduzione delle emissioni, che includa, per esempio, la diffusione tra i dipendenti di pratiche sostenibili (bike to work e smart working per ridurre il commuting sui mezzi di trasporto) o di efficientamento energetico. Anche se non è possibile riuscire a ridurre tutte le emissioni, si possono neutralizzarle, finanziando progetti certificati di tutela dell’ambiente (alcuni dei quali hanno come obiettivo la preservazione delle foreste).
Il programma più utilizzato al mondo per la neutralizzazione delle emissioni di CO₂ è il Verified Carbon Standard (VCS): aziende come Apple, Netflix e le italiane Eni, Barilla e Lavazza hanno aderito proprio al programma VCS. Certificare la neutralizzazione delle emissioni è possibile grazie all’acquisto dei Carbon Credit, uno strumento trasparente e ufficiale che attesta che per ogni credito di carbonio acquistato, l’azienda in questione neutralizzerà una tonnellata di CO₂. Secondo una stima della Taskforce on Scaling Voluntary Carbon Markets, la domanda di crediti di carbonio potrebbe aumentare di 15 volte o più entro il 2030 e fino a 100 volte entro il 2050.
Questi crediti sono gestiti dall’ente internazionale Verra, che crea gli standard per chiunque voglia compensare le emissioni.
Il caso AppQuality e il supporto di Up2You
Abbiamo già citato alcune grandi aziende italiane che si sono mosse in questa direzione, ma anche le startup e le Pmi possono e devono fare la loro parte. Per dimostrare che anche aziende più piccole possono intraprendere questo percorso, raccontiamo il caso di AppQuality, che da maggio di quest’anno fino al prossimo è carbon neutral.
Calcolare le emissioni (la Carbon Footprint) e poi compensarle non è semplice, oltre che time-consuming. In Italia ci sono startup come Up2You che gestiscono questo processo e permettono il rilascio del Carbon Offsetting Label, oltre che la compensazione certificata Carbon Standard. È a loro che AppQuality si è rivolta per intraprendere questo percorso. Sono stati calcolati quindi i kg di CO₂ sulla base, tra gli altri dati, del numero di dipendenti, della frequenza e lunghezza dei loro spostamenti (aereo, auto, treno ecc.) e del numero delle sedi.
Per compensare i 160.000kg di CO₂ prodotta dalle attività lavorative di AppQuality, l’azienda di crowdtesting, ha sostenuto quattro progetti che coinvolgono 1.159 persone:
- un progetto in zone rurali della Cina per permettere ai residenti di sostituire il carbon fossile utilizzato quotidianamente con l’energia solare, per un totale di 80.500kg di CO₂;
- un progetto Zimbabwe per aiutare la popolazione locale nella conservazione di miombo e nella tutela della fauna africana (come elefanti, leoni e leopardi), per un totale di 39.200kg di CO₂;
- un progetto per la conservazione della foresta Amazzonica e la sua biodiversità, per un totale di 30.200kg di CO₂;
- un progetto per aiutare a proteggere più di 40.000 acri di bosco di miombo nella Repubblica dello Zambia e assicurare la coltivazione di altre centinaia di acri, per un totale di 10.100kg di CO₂.
Il 75% dei progetti è quindi rivolto alla preservazione boschiva, mentre il rimanente allo sviluppo di energie rinnovabili.
Diventare carbon neutral: benefici per il pianeta e per il business
Ma vale davvero la pena impegnarsi in percorsi di questo genere?
La Deloitte Global Millennial Survey 2020 ha dimostrato come per Millennials (i nati tra il 1981 e il 1996) e Generazione Z (la generazione successiva) la preoccupazione principale sia il cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente. Attrarre giovani talenti potrebbe dunque essere complesso, per quelle aziende che non presteranno attenzione al tema della carbon neutrality.
Non solo i talenti, ma anche i consumatori sono interessati al lato green delle aziende. Un sondaggio commissionato da Enel Green Power ha dimostrato che già nel 2019 circa la metà degli americani pagherebbe di più per un prodotto sostenibile e il 52% di questi pagherebbe tra il 3 e il 5% in più. In particolare, un terzo dei Millennials sarebbe disposto a pagare anche più del 6% per un prodotto sostenibile. Qualcosa di simile si è visto anche in Italia con il Rapporto Coop 2020, secondo il quale il 55% degli intervistati ha dichiarato che, nelle scelte di acquisto, la sostenibilità ambientale è al secondo posto subito dopo il rapporto qualità/ prezzo.
Un altro beneficio è senza dubbio il risparmio. Il primo passo per diventare carbon neutral è misurare le proprie emissioni, che diventa spesso l’occasione per rendersi conto di eventuali sprechi di energia e intraprendere percorsi di efficientamento energetico che portano, nel lungo periodo, a un risparmio delle risorse.