Gli effetti dei cambiamenti climatici possono costituire una minaccia alla stabilità sociale, ambientale e finanziaria, e proprio per questo si sta assistendo a una diffusa implementazione di strumenti di policy indirizzati a identificare e affrontare questi rischi a medio e a breve termine. Così, che avvenga attraverso il fisco o attraverso schemi di vendita, i meccanismi che portano alla definizione dei prezzi del carbone costituiscono un incentivo economico per le aziende ad abbandonare i combustibili fossili, spingendo sulla leva del cambiamento e dell’innovazione. Molti governi e molti business leader interpretano questo scenario come un’opportunità di crescita per il futuro, anche se gli interventi necessari introducono una nuova fonte di rischio finanziario: analizzando i dati che arrivano dallo scenario complessivo i player sul mercato possono quantificare i possibili impatti del meccanismo dei prezzi legati alle tematiche del clima nel panorama più ampio dei loro investimenti o prestiti. Questo potrà essere utile per identificare eventuali asset che sono stati valutati in modo sbagliato o facilitare decisioni più consapevoli sull’allocazione dei capitali. A fornire i dati necessari a queste valutazioni è il report “Integrating future carbon price risk into portfolio analysis” realizzato da Trucost, società che fa parte della galassia Standard & Poor’s, nell’ambito delle sue “Esg Analysys”.
Si tratta di una delle analisi di scenario realizzate come strumento per la transizione a una basso utilizzo dei fossili realizzata per aiutare gli investitori a tenere in considerazione le raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures, costituita nel 2015 dal Financial Stability Board (Fsb) – l’organismo che promuove e monitora la stabilità del sistema finanziario mondiale. L’obiettivo è inoltre quello di aiutare gli investitori a entrare in contatto con realtà nelle quali è possibile investire, anche considerando le loro strategie sui rischi finanziari collegati alle questioni della sostenibilità ambientale, identificando le società i cui margini di profitto potrebbero essere compromessi dalla crescita dei costi del carbone nel medio o lungo periodo.
Il punto di partenza per ridurre le emissioni di gas serra secondo la Tcfd, che riunisce 195 Paesi, è quello di utilizzare come leva il prezzo del carbone, considerato dalla Carbon Pricing Leadership Coalition come una “parte necessaria di un pacchetto più ampio di misure per ridurre le emissioni”.
Per aiutare gli investitori a valutare i rischi legati al prezzo del Carbone Trucost ha così realizzato un dataset sui possibili prezzi futuri di questa materia prima, che possono essere utilizzati come elemento di uno stress test sulla capacità delle aziende di assorbire i costi futuri. Parte di quest’analisi è il cosiddetto “total risk premium”, cioè la differenza tara ciò che un’azienda paga per le emissioni inquinanti oggi e quanto potrebbe pagare in futuro a seconda dei diversi scenari che potrebbero realizzarsi. Dall’esame dell’impatto potenziale della crescita dei costi sui profitti il dataset di Trucost mette così a disposizione degli investitori le prospettive di rischio finanziario per oltre 15mila società quotate. Tutto questo grazie all’esame dedi principali driver del rischio legato al prezzo del carbone di oltre 500 grandi aziende, calcolando anche il rischio legato alla composizione di diversi portafogli proprio secondo le linee guida e le best practice indicate Tcfd.
Per arrivare a questo risultato e alla composizione del dataset il primo passo indicato da Trucost è quello della quantificazione del livello di rischio legato al prezzo del carbone a cui è esposta una compagnia. Tre complessivamente gli scenari evidenziati da Trucost a seconda delle diverse prendendo come prospettiva quella del 2050: secondo quello più basso, basato sulla piena implementazione degli impegni presi dai vari Paesi, il riscaldamento globale rimarrebbe limitato tra i 2,7 e i 3 gradi celsius, mentre quello più alto prefigura la politica dei prezzi che sarebbe necessaria per contenere l’aumento delle temperature al di sotto dei due gradi celsius, che porterebbe a un aumento di sette volte del prezzo medio attuale del carbone, fino ad arrivare a 120 dollari a tonnellata nel 2030 nei paesi Ocse. Quanto allo scenario di mezzo, è quello che analizza cone un’adozione più lenta delle politiche per la riduzione delle emissioni possa impattare a lungo andare sull’aumento dei prezzi del carbone.