L'indagine

Inclusione: in Italia il 38% delle aziende non ha una policy neutrale per la selezione del personale

Secondo una ricerca condotta da SD Worx, le imprese europee sono al lavoro per migliorare le loro politiche sulla diversità ma c’è ancora molto da fare. Su questo il dato italiano è in media con il resto dell’Unione, ma rispetto agli altri il nostro Paese spicca positivamente sulla formazione: il 59% delle organizzazioni promuove training interni su diversità, parità e inclusione

Pubblicato il 08 Giu 2022

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Oggi 6 aziende su 10 in Europa si impegnano a adottare policy neutrali per la selezione del personale e a rispettare valori di parità, diversità e inclusione in fase di selezione. È quanto emerge da una ricerca condotta da SD Worx, uno dei principali fornitori europei di servizi di gestione delle risorse umane e delle paghe, intervistando 4371 aziende di tutte le dimensioni e attive in diversi settori. Tuttavia, quando si entra nel merito dei sistemi per monitorare e dare riscontro in merito agli obiettivi di diversità c’è ancora strada da fare anche perché i dipendenti sotto i 30 anni, gli ultimi arrivati sul mercato del lavoro, danno a questo una particolare importanza.

L’impegno dell’Europa per la parità

Il 61% di tutte le aziende intervistate afferma di essersi impegnata per una policy di selezione del personale neutrale con Irlanda (74%), UK (68%) e Belgio (69%) ai primi tre posti in Europa.

L’Italia è in linea con la media europea con quasi il 62% delle aziende intervistate nel nostro Paese che applica una policy di selezione del personale neutrale. In termini di uguaglianza di paga e condizioni di lavoro, indipendentemente dal genere, dall’età e dalla religione sono soprattutto le aziende irlandesi (73%), belghe (72%) e inglesi ad affermare di concentrarsi molto su questo punto di vista. In Italia, invece la percentuale scende al 64%: ciò significa che ben il 36% delle aziende trascura questo aspetto così importante. Di conseguenza, il 60% delle aziende in Italia dice di investire in formazione e di offrire opportunità di sviluppo interne all’azienda. La stessa media si registra in Europa, dove l’Irlanda è prima con il 72% seguita dal Belgio (71%) e dalla Polonia (69%).

Il punto è anche capire in che misura le aziende danno visibilità ai loro obiettivi e alle loro azioni. Circa la metà delle intervistate afferma di organizzare eventi e azioni di comunicazione su diversità, parità e inclusione. In Italia, la percentuale delle aziende che organizzano attività di questo tipo arriva quasi al 60%. A livello europeo, poi, sono 60% le aziende che affermano di dare molta attenzione alla promozione di una cultura del lavoro che sia paritaria e inclusiva, cercando di incentivare la diversità. Questo viene comunicato attivamente soprattutto nelle offerte di lavoro (53%) e sul loro siti (51%), mentre circa la metà delle aziende intervistate include questi valori nella loro mission e tra quelli propri dell’azienda (51%).

Report e formazione

Continuando a esplorare questo tema vediamo che le aziende coinvolgono attivamente anche i loro manager nelle policy su diversità, parità e inclusione. Circa la metà delle realtà intervistate offre anche formazione interna su questo tema, con ai primi posti Polonia (62%), Irlanda (61%) e Regno Unito (60%) che si pongono al di sopra della media europea, pari al 53%. Anche l’Italia supera la media europea con quasi il 59% delle aziende che organizzano training interni su diversità, parità e inclusione. Il Belgio è, invece, tra le nazioni meno attive per quel che riguarda la formazione, con solo il 36% delle aziende che la organizza.

Necessità di azioni di follow up

Nonostante il lavoro dei manager, mancano ancora azioni di follow up sistematiche e chiaramente definite, come per esempio un chiaro sistema di reportistica. Questo è vero, per esempio, per quel che riguarda la valutazione dell’impegno dei manager nell’acquisizione degli obiettivi che si sono proposti. Solo la metà delle aziende europee possiede un sistema di valutazione simile. Il Belgio è in coda con solo il 29%. Per gli altri Paesi europei, invece, i numeri sono più alti: Italia 60%, Polonia 57% e Regno Unito 58%. Tuttavia, le iniziative per diversità, la parità e l’inclusione funzionano quando si lavora per implementarle in maniera corretta e le aziende investono in sistemi di reportistica in modo da poter avere il polso della situazione con il passare del tempo.

In generale, però, meno della metà delle aziende afferma di lavorare attivamente a un piano che sottolinei e tenga traccia degli obiettivi di diversità. Questo è evidente soprattutto nelle grandi aziende internazionali con oltre 250 dipendenti. Attualmente, la nuova legislazione europea sta lavorando a far sì che le aziende con più di 250 dipendenti tengano traccia di questi obiettivi di diversità a partire dal 2023.

“È importante che le aziende inizino a investire in un sistema di reportistica attiva su ciò che fanno in termini di diversità, parità e inclusione – afferma Federico Fedele, Direttore Generale di SD Worx Italy -. Da una parte, questi dati rappresenteranno una solida base per ottimizzare le policy di diversità con una serie di azioni concrete e consapevoli. Dall’altra, un simile sistema mette anche a disposizione delle aziende il livello di chiarezza necessario per capire se stanno spendendo i loro soldi dove effettivamente dicono e non stanno ingannando i futuri dipendenti con false promesse.”

Conseguenze positive per l’attrazione e la fidelizzazione dei talenti

È significativo come le aziende che si preoccupano e si impegnano per le problematiche di parità, diversità e inclusione trovino molto più facile attrarre, motivare e trattenere i dipendenti; la ricerca mostra infatti che queste aziende sono anche quelle più produttive e profittevoli.

“In particolare, c’è una crescente tendenza tra le giovani generazioni di lavoratori a tenere in grande considerazione valori come diversità, parità e inclusione nel mondo del lavoro. La generazione Z e quelle più giovani stanno crescendo in un ambiente che è molto caratterizzato da inclusione e neutralità di genere, cose a cui in precedenza veniva rivolta un’ attenzione decisamente più bassa e che invece avrà conseguenze sul futuro e sul modo in cui le aziende assumeranno nuovo personale”, conclude Fedele che aggiunge poi: “Non solo un buon stipendio e un equilibrio salutare tra lavoro e vita privata sono indispensabili ma sta diventando decisivo per i dipendenti anche il modo in cui le aziende si posizionano e agiscono nello spirito dei tempi attuali.”

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