La Giornata della Terra, che si celebrerà il 22 aprile, è l’occasione per accendere i riflettori su un tema spesso trascurato nel dibattito sulla sostenibilità: ovvero l’impatto dell’Information Technology e, più in generale, dell’elettronica sull’ambiente. Se da una parte è vero che le nuove tecnologie possono giocare un ruolo positivo nella diminuzione delle emissioni e dei consumi energetici, d’altra parte è innegabile che oggi siamo letteralmente sommersi di dispositivi Tech: parliamo di computer, TV, smartphone, console per il gaming, tablet, monitor, fotocamere digitali, fino ai dispositivi indossabili e gadget che ci consentono di svolgere tutte le nostre attività quotidiane.
L’impatto ambientale di questi apparecchi rischia di essere dirompente soprattutto nel momento del fine vita: secondo gli studi condotti dal Global E-Waste Monitor, ogni anno nel mondo vengono prodotte oltre 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, che potrebbero diventare 70 milioni entro il 2030. La stima è che soltanto il 20% di questi rifiuti sia stato correttamente avviato al riciclo e riutilizzo, mentre la quota restante è con tutta probabilità finita nelle discariche. Solo in Italia, nel 2021 sono state 385 mila le tonnellate gestite dal Centro di Coordinamento RAEE, con una crescita del 5,3% rispetto all’anno precedente.
Come diminuire l’impatto
Per i rifiuti elettronici servirebbe un cambio di passo nell’ottica dell’economia circolare: i componenti dovrebbero essere progettati per essere recuperati o riciclati per prolungare il loro ciclo di vita a tutto vantaggio dell’ambiente.
Proprio in occasione della Giornata della Terra, diverse aziende del settore hanno acceso i riflettori su questo tema. Secondo Kingston, ad esempio un’alternativa efficace alla discarica è la donazione: molti enti di beneficenza, no-profit, centri per anziani e altre organizzazioni accettano dispositivi “obsoleti” o con performance ridotte e li ricondizionano (se necessario), donandoli oppure rivendendoli a prezzi ridotti, ad altri utenti che altrimenti non sarebbero in grado di possederli.
A livello aziendale, invece, la scelta di operare con un operatore di riciclo professionale garantisce uno smaltimento dei dispositivi conforme ai criteri EPA, Environmental Protection Agency. Tali operatori forniscono anche i necessari documenti che proteggono gli utenti contro potenziali cause legali associate a uno smaltimento non corretto. Secondo invece Massimo Arioli, Business Unit Director Italy di Dynabook Europe GmbH, “Il primo modo per ridurre l’e-waste è un buon supporto IT. Ai fornitori di tecnologia spetta garantire che i dispositivi acquistati durino il più a lungo possibile e che funzionino in modo regolare ed efficiente, anche a distanza, ad esempio per quanto riguarda gli aggiornamenti di manutenzione generale e il supporto tecnico”.
L’automazione per lo smaltimento delle batterie
Particolarmente rilevante è che anche dei dispositivi chiave per la transizione energetica e ambientale come le batterie siano smaltiti correttamente. Con l’aumentare del numero di veicoli elettrici, aumenterà di conseguenza il numero di batterie che raggiungeranno la fine del loro ciclo di vita. I processi per il loro smontaggio negli impianti di riciclaggio – attualmente eseguiti manualmente – richiedono il rispetto di elevati standard di sicurezza a causa dei pericoli legati alla gestione di materiali ad alta potenza elettrica. Non solo: lo smontaggio manuale, infatti, richiede la movimentazione di carichi pesanti.
Il punto di vista di Comau è che il problema potrebbe essere risolto con l’introduzione di apparecchiature automatiche che permettano di ridurre il tempo di ciclo per lo smontaggio delle batterie. Uno smontaggio robotizzato porterebbe anche all’estrazione di elementi più puri e preziosi dalle batterie che potranno così essere riutilizzati per nuove batterie. In questa direzione va il progetto Flexible Battery Dismantling (Flex-BD) – supportato da EIT Manufacturing, comunità di innovazione finanziata dall’Unione Europea all’interno di EIT – a cui sta lavorando Comau insieme ad altri partner, che ha come obiettivo l’automatizzazione di tutte le operazioni di smontaggio delle batterie, generando quindi un impatto positivo sulla salute e sicurezza delle persone.
Inoltre, dal punto di vista qualitativo il processo di smontaggio sarà maggiormente ripetibile e standardizzabile, riducendo gli sprechi e ottimizzando il riutilizzo delle materie prime dei pacchi batteria. Obiettivi similari ha anche il progetto HR-Recycler – finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 della Comunità Europea – con il quale Comau mira allo sviluppo di un impianto di riciclaggio ibrido uomo-robot per apparecchiature elettriche ed elettroniche operante in un ambiente interno. “L’automazione può essere di grande aiuto per la gestione del fine vita dei prodotti. Da sempre costruiamo e integriamo robot industriali e, le competenze sviluppate all’interno del nostro Innovation Office negli ultimi anni, si sono rivelate molto importanti”, ha evidenziato Paolo Tebaldi, Business Development Comau.
Come fare Green IT
Sul tema più propriamente IT si concentra invece l’attenzione di Corel: secondo Prashant Ketkar, Chief Technology and Product Officer del gruppo uno dei modi più importanti in cui un’azienda può “diventare green” è la riduzione del proprio consumo energetico. Complessivamente, nel 2020, il settore IT ha rappresentato il 5-15% del consumo globale di energia, il che lo rende una delle principali aree target su cui concentrare le iniziative green.
Secondo Corel una delle strategie chiave che le aziende possono mettere in atto per ottimizzare il loro fabbisogno è quella di trasferire i dati in cloud. Un recente studio, ha stimato che, tra il 2021 e il 2024, la crescente adozione del cloud computing potrebbe prevenire l’emissione di più di 1 miliardo di tonnellate di anidride carbonica (CO₂). Questo perché i cloud server sono più efficienti e permettono una gestione ottimizzata dei dati rispetto agli hardware locali, garantendo di conseguenza una riduzione delle emissioni complessive di CO₂.