Sui temi dell’innovazione e della trasformazione del sistema agroalimentare si sviluppa una parte molto importante della competitività del nostro paese e del Made in Italy, ed è ormai chiaro che si tratta di una competitività sempre più strettamente legata alla capacità di utilizzare le potenzialità dell’innovazione digitale. Le statistiche evidenziano un “sentiment” positivo per quanto riguarda l’adozione del paradigma Agricoltura 4.0, un mercato che negli ultimi due anni non ha fatto altro che continuare, anche più di altri settori, il suo percorso di crescita ed evoluzione.
Come testimoniano i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia: dai 540 milioni di euro di fatturato nel primo semestre del 2020 è passato a 1,3 miliardi a fine 2020, fino a toccare 1,6 miliardi nel 2021 (+23%). In parallelo, è cresciuta la superficie coltivata con tecniche 4.0, che nel 2021 ha toccato il 6% del totale, il doppio dell’anno precedente.
Un business che ha accolto a braccia aperte gli incentivi, in particolare, le agevolazioni dei Programmi di Sviluppo Rurale e dal Piano Transizione 4.0 e che è destinato a raddoppiare con il PNRR: infatti, il capitolo “Innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo” del Recovery plan ha stanziato 500 milioni di euro per migliorare efficienza e sostenibilità dei processi produttivi e agricoltura di precisione.
I dati si confermano essere il cuore dell’Agricoltura 4.0 e le soluzioni implementate mirano a raccoglierli e metterli a valore. Il 60% degli agricoltori italiani nel 2021 utilizza almeno una soluzione di Agricoltura 4.0, +4% rispetto al 2020, e oltre quattro su dieci ne utilizzano almeno due, in particolare software gestionali e sistemi di monitoraggio e controllo delle macchine.
Ma lo studio segnala anche una crescente attenzione ai sistemi di analisi dei dati e supporto delle decisioni, confermata dal 26% di aziende agricole che prevede investimenti in questo ambito per il prossimo futuro.
Ed è proprio dalla necessità di valorizzare i dati che arrivano dai campi, dai trattori, dalle fattorie sempre più connessi grazie all’Internet Of Things, e dal desiderio di trasformare questi dati in conoscenza grazie a Cloud, Machine Learning e Intelligenza artificiale che diventa possibile sperimentare nuovi vantaggi in termini di ottimizzazione dei consumi e di gestione delle risorse, di sicurezza e riduzione dei rischi, di creazione di nuove forme di relazione tra produttori, sistemi di produzione e clienti.
Logiche e prospettive che possono cambiare le catene del valore del non solo per rendere più efficiente il comparto dell’agrifood, quanto per far fronte alle grandi sfide globali che si sostanziano nella lotta ai cambiamenti climatici e agli sprechi alimentari, nella domanda di sicurezza alimentare e di risoluzione della povertà alimentare. Obiettivi che rientrano anche nel quadro della strategia europea Farm to Fork che mira a realizzare un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.
Agrifood, indirizzare le sfide di resilienza e sostenibilità delle supply chain
Nonostante questa maggiore attenzione al digitale possa essere considerata uno dei pochi lasciti positivi della pandemia, non bisogna dimenticare che sebbene il settore agricolo abbia reagito meglio rispetto ad altri, nel suo complesso ha comunque pagato lo scotto della crisi: circa la metà delle aziende intervistate dall’Osservatorio ha conosciuto nell’ultimo biennio una diminuzione (lieve o forte) del fatturato. Esistono poi tutta una serie di impatti che hanno gravato e tuttora gravano sul settore, tra cui le difficoltà negli approvvigionamenti di materie prime e componenti, il rallentamento del canale horeca, le limitazioni alla circolazione.
E le notizie di questi giorni ci pongono di fronte a nuove preoccupazioni. In questo contesto per niente facile, è arrivata anche la crisi russo-ucraina, ovvero una guerra che coinvolge due Paesi estremamente importanti nella produzione di cerali, mangimi, fertilizzanti e altro ancora. Senza poi dimenticare gli impatti alla crisi energetica in atto, che sarà sicuramente foriera di conseguenze per tutto il comparto.
La pandemia prima e le tensioni geopolitiche ora, mettono in luce un problema nuovo e critico delle filiere: la loro resilienza, vale a dire la capacità di tenuta, che diventa così requisito fondamentale per la sopravvivenza del business. Di conseguenza, emerge la necessità di adottare un approccio olistico, una visione sistemica ai processi della filiera, che può far leva su un impiego diffuso delle tecnologie digitali.
Ma in un mondo caratterizzato da scenari che cambiano velocemente, le aziende agricole continuano ad essere colpite pesantemente anche dagli effetti del climate change, percependo sulla pelle la doppia responsabilità di un impatto ambientale molto pesante e del “vivere” direttamente delle risorse ambientali.
In questo scenario, la sostenibilità appare come un obiettivo che si deve raggiungere aumentando la capacità produttiva, migliorando la sicurezza, offrendo garanzie e certificazioni di una maggiore qualità. Per questo, l’approccio all’agrifood deve unire la capacità di rispondere alle emergenze ambientali e, grazie al digitale, costruire un rapporto più responsabile verso l’utilizzo di tutte le risorse necessarie alla produzione, sia quelle che hanno un impatto diretto sia quelle che attengono al consumo, avendo la capacità ad esempio di ridurre e azzerare lo spreco alimentare.
Il ruolo delle startup per la trasformazione digitale ed ecologica dell’agrifood
Un ruolo importante nella trasformazione del settore è giocato dalle startup, che si rivolgono principalmente alle aziende agricole proponendo soluzioni AgTech per la mappatura e il monitoraggio da remoto delle coltivazioni o delle macchine agricole, e per la gestione d’impresa. Nel 2021 le oltre 750 imprese censite a livello globale hanno totalizzato oltre 15 miliardi di dollari di raccolta, la maggioranza dei quali concentrati in Asia. Purtroppo, nonostante si posizioni tra i primi 10 Paesi per numerosità di startup, l’Italia incide meno dell’1% sui finanziamenti ricevuti, anche se comunque i casi di successo non mancano, come evidenziato in occasione dell’Osservatorio 2022 e di cui abbiamo raccolto progetti e vision QUI sulla testata di Agrifood,tech.
Un caso molto interessante riguarda Wenda, startup italiana che aiuta CEO e manager della supply chain a snellire le operazioni, tracciare i dati e ottenere visibilità anche all’esterno della propria azienda. Wenda ha creato una piattaforma collaborativa scalabile che offre visibilità dei processi e tracciabilità dei prodotti in flussi di ingresso, magazzino e flussi di uscita, con accessi multi-organizzazione (interne ed esterne). Rendendo possibile, in ambito agroalimentare, non solo la tracciabilità del numero del lotto, ma anche aspetti più legati alla sostenibilità ambientale, come la catena del freddo, risolvendo così uno degli “intoppi” che più di frequente genera enormi sprechi alimentari.
Ancora, Abaco, società mantovana e player di riferimento europeo nella fornitura di soluzioni software progettate per la gestione e il controllo delle risorse territoriali, orientate all’agricoltura di precisione e alla sostenibilità ambientale, che ha supportato Agromatrici del Gruppo Fratelli Visconti, nello sviluppo tecnologico della piattaforma Ginevra al fine di valorizzare biosolidi e correttivi sulla base delle reali esigenze agronomiche del territorio. Scopo raggiunto grazie alla possibilità di tracciare e gestire in maniera integrata l’intera filiera del recupero agricolo delle biomasse derivanti dalla depurazione delle acque provenienti dalle Società del Settore Idrico Integrato o da aziende del settore agroalimentare. Un’iniziativa che va nella direzione di considerare il recupero in agricoltura come un processo di valorizzazione delle risorse nel pieno rispetto dei principi dell’economia circolare e della bioeconomia.
La condivisione dei dati come chiave per sbloccare la rivoluzione verde nell’agrifood
Sull’importanza e sul ruolo dell’innovazione digitale per il mondo agrifood non ci sono più dubbi da tempo. Sul fatto che, coltivando bene anche i dati si possano far crescere meglio (e tutelare) le eccellenze dei nostri territori, le certezze sono ancora più solide. E un ruolo importante è certamente quello dei dati meteorologici, di cui si occupa una realtà come Radarmeteo.
Come racconta Massimo Crespi, Fondatore di Radarmeteo “In un paese attraversato da sistemi meteorologici eterogenei fra loro e interessato da fenomeni estremi sempre più frequenti ed intensi, noi forniamo servizi professionali per il mercato nazionale ed internazionale atti ad analizzare e gestire il rischio climatico in diversi settori – aeroporti, costruzioni, energia, trasporti, industria, agricoltura – applicando un modello di meteorologia aperta anche a tutti i cittadini, nelle loro diverse espressioni e culture”.
L’aspetto cruciale in questo caso è che al di là dell’importantissimo ruolo che la società svolge nel sviluppare e fornire piattaforme, applicazioni, dati e soluzioni certificate ISO 9001 per il monitoraggio meteo-climatico e il supporto operativo al fine di migliorare sicurezza e rendimento delle attività influenzate dai fenomeni climatici; allo stesso tempo, condivide il flusso dei dati meteorologici rappresentativi, utili alla comprensione delle dinamiche e delle implicazioni legate al riscaldamento globale, affinché ognuno partecipi con cognizione alla sua mitigazione.
Abbattere le barriere all’uso di Farm & Field Data per indirizzare la sfida di aumentare la produzione riducendo drasticamente l’impatto ambientale e climatico dei sistemi alimentari, è la mission di Varda – start-up agtech sponsorizzata da Yara – che agisce come un broker neutrale di Farm & Field Information tra fornitori di dati e utenti di dati, supportando gli agricoltori e il loro ecosistema (aziende agricole e alimentari, attori finanziari, commercianti, governi) nella raccolta e nell’uso dei dati per migliorare l’efficienza, la resilienza e la trasparenza nel sistema alimentare.
“La nostra visione è quella di rendere i dati agricoli e sul campo l’ingrediente chiave per la prossima rivoluzione verde, diffondendo i benefici in tutto l’ecosistema, dall’agricoltore al consumatore” spiega Davide Ceper, Amministratore Delegato di Varda “Perché i dati possono diventare conoscenza, che a sua volta può generare l’impatto positivo che dobbiamo raggiungere collettivamente”.
Ma per massimizzare la creazione di valore da questa conoscenza in modo equo bisogna insistere sull’innovazione e sulla collaborazione: a partire dagli agricoltori che affrontano le sfide più grandi di tutte, fino ai consumatori, che dovrebbero essere autorizzati a prendere decisioni più consapevoli.
E nel caso dei consumatori le startup vengono in soccorso con servizi di eCommerce o applicazioni/servizi volti a recuperare eccedenze o prodotti agroalimentari invenduti presso i punti di distribuzione, per poterli vendere a prezzi agevolati tramite vetrine online e consegna a domicilio.
Quando parliamo di sostenibilità, non solo i consumatori la pretendono, ma possono concorrere attivamente alla sua realizzazione dimostrando un atteggiamento e una disponibilità al cambiamento: partendo dalle abitudini alimentari e quindi dalla scelta di portare in tavola cibo più sano, che arriva da pratiche che riducono le emissioni di carbonio e a basso impatto su terreno e risorse idriche, ma anche dalla attenzione a ridurre lo spreco di cibo.
La tracciabilità per portare fiducia, flessibilità e sostenibilità lungo tutta la filiera agrifood
C’è da dire che anche i consumatori sono “affamati” di informazioni legate alla provenienza, ai metodi di lavorazione, alla sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti che portano in tavola. In questo senso, la tracciabilità diventa un driver di scelta significativo perché in grado di indirizzare la richiesta di una maggiore sicurezza e trasparenza. Sempre secondo i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood, oltre la metà dei consumatori (53%) cerca sempre o spesso informazioni legate alla tracciabilità del cibo che acquista, soltanto il 12% non è interessato; e l’attenzione è forte nei confronti della provenienza geografica tanto che l’italianità del marchio e l’origine delle materie prime sono i fattori che più influenzano l’acquisto.
Un’attenzione particolare merita la tecnologia Blockchain a cui gli attori del settore agrifood continuano a guardare con interesse, tanto che l’agroalimentare è il quarto per adozione di questa tecnologia nei progetti internazionali. Tecnologia che viene utilizzata sostanzialmente per obiettivi di marketing e comunicazione (54% dei casi), ma nel 47% dei casi anche per una maggiore efficienza nei processi di gestione e coordinamento della supply chain e nel 26% per una supervisione dei processi al fine di migliorare la sostenibilità della filiera.
Un esempio è quello che arriva dalla piattaforma sviluppata dalla startup Agroadvisor che grazie a moderni strumenti tecnologici, come analitiche satellitari e DSS, orienta l’utente verso un’agricoltura di precisione incentrata sulla qualità del prodotto. Ma non solo perché attraverso algoritmi di calcolo, permette di valutare la sostenibilità ambientale restituendo statistiche puntuali sui valori di CO2 equivalente e risparmio idrico di tutti i processi produttivi, grazie a controlli incrociati delle operazioni. Inoltre, e arriviamo al punto, garantisce la tracciabilità della filiera facendo leva sulla co-partecipazione dei vari attori e su strumenti come la blockchain. Così i prodotti della filiera sono costantemente monitorati e tutti possono controllare ed intervenire in tutte le fasi del processo.
A lavorare sul tema della tracciabilità dei prodotti, in particolare con gli standard di rintracciabilità come la ISO 22005 (Traceability in the feed and food chain), è Certiquality, primario ente di certificazione per il comparto alimentare, che si impegna ad aiutare le imprese ad abbracciare una visione sistemica dell’innovazione, con consapevolezza metodologica, aumentando la capacità di gestire l’incertezza attraverso un approccio strutturato.
“Poter ricostruire la filiera a monte e a valle di un prodotto è un aspetto chiave per poter tutelare il consumatore e allo stesso tempo, i diversi soggetti della filiera. L’innovazione tecnologica, l’IoT, e la blockchain offrono una grande semplificazione per gli operatori e una garanzia, una prova documentale indiscutibile e trasparente per consumatori” così il Direttore Marketing, Industry Management e Certificazione di Prodotto Armando Romaniello.
E sempre la blockchain, tracciando pedissequamente tutti i processi di trasformazione lungo la filiera agroalimentare, a monte e a valle, è in grado di restituire alla supply chain quella flessibilità necessaria a contrastare fenomeni disruptive e scenari in continuo cambiamento, reagendo meglio alle emergenze magari anche con un impatto positivo sul profitto aziendale. Di questo ne è convinta Siemens che punta molto sulla digitalizzazione perché la considera come uno strumento che può consentire alle aziende – dalle più piccole alle più grandi – di rendersi più flessibili rispetto alle esigenze del mercato.
La necessità di competenze per governare la doppia trasformazione dell’agrifood
Nel giro di pochi anni il settore primario ha vissuto una meritata crescita di attenzione che sta restituendo centralità e importanza ad un asset fondamentale del Made in Italy e della nostra economia. Complice il ruolo sempre più pervasivo dell’innovazione tecnologica e digitale unitamente alla necessità di rispondere a nuovi bisogni, per l’agricoltura si è aperta una nuova stagione nella quale i temi e gli obiettivi della competitività, della sostenibilità e delle sviluppo passano dalla capacità di sfruttare le potenzialità dell’innovazione e dunque dalla necessità di portare nelle imprese, nei territori e nelle filiere competenze adeguate.
Il tema, e per certi aspetti la sfida, è oggi quella di fare le scelte giuste e di accompagnare e sostenere l’innovazione tecnologica con le competenze necessarie per realizzare e gestire la digitalizzazione e per sfruttare tutto il potenziale dei dati. I vantaggi dell’agricoltura 4.0 sono alla portata delle imprese agroalimentare solo se ci sono persone che sanno trasformare il valore dell’innovazione sul campo.
“Questa sfida – spiega Luca Brondelli di Brondello, presidente Enapra-Confagricoltura e componente Giunta Confagricoltura – è il presupposto per vincerne tante altre, sia quelle urgenti che impongono alle imprese di far fronte a nuovi rischi, sia quelle che permettono al mondo agrifood di svolgere un ruolo attivo e propositivo sui temi della sostenibilità, grazie ad esempio a precision farming e carbon farming”.
Ed è proprio sulla formazione che si concentra dal 1959 la missione di Enapra, l’Ente Nazionale per la Ricerca e la Formazione di Confagricoltura, che si rivolge ad aziende associate, dipendenti e collaboratori, per portare sui territori le competenze necessarie per realizzare e gestire la digitalizzazione. “Una formazione che acquista oggi una particolare importanza – prosegue – anche in relazione alla spinta verso una innovazione e una digitalizzazione incoraggiata da misure come il credito d’imposta 4.0 per le tecnologie innovative in agricoltura”.
Sul tema dello sviluppo delle potenzialità dei dati si colloca il progetto HubFarm, la piattaforma di innovazione tecnologica e digitale di Confagricoltura in fase di realizzazione grazie alla collaborazione con Microsoft (QUI per maggiori informazioni ) che “va nella direzione di garantire l’interoperabilità e di gestire l’enorme potenziale dei dati che arrivano dal mondo agricolo a vantaggio delle imprese e a vantaggio di tutto il sistema paese”.
Il tema della disponibilità di una base dati comune appare poi, in un mercato e in un contesto sempre più soggetto a minacce e cambiamenti di scenario, un fattore determinante per minimizzare i rischi che si presentano con la corretta conoscenza degli scenari operativi, ad esempio in termini di risorse disponibili, di consumi, di capacità di raggiungere determinati obiettivi.
Oltre al precision farming, per rispondere alla domanda di sostenibilità dell’agrifood
Oggi i temi della sostenibilità sono diventati prioritari nell’agenda politica, economica e sociale e il mondo dell’agricoltura li può interpretare in chiave attiva e propositiva. La Politica Agricola Comunitaria (PAC) ha puntato in modo chiaro sulla sostenibilità e ci sono iniziative importanti che vedono Confagricoltura in primo piano, ad esempio con il richiamo all’Europa in merito alla necessità di restituire al settore primario terreni che non potevano essere lavorati chiedendo la cancellazione dei limiti alla coltivazione dei terreni italiani (qui per maggiori informazioni).
Ma c’è un altro ambito nel quale il settore primario può dire la sua creando nuove forme di valore. “Con il Precision farming da una parte e con il Carbon farming dall’altra – afferma Brondelli di Brondello – si possono dare risposte molto concrete alla domanda di sostenibilità”. Il precision farming permette un controllo rigoroso delle risorse e una riduzione massiccia di qualsiasi forma di spreco. Il carbon farming a sua volta pone il settore agricolo nella condizione non solo di ridurre le proprie emissioni, ma di contribuire all’”assorbimento” di CO2 dall’atmosfera.
Tutte le attività produttive sono responsabili di emissioni di CO2, ma il settore agricolo è nella condizione di esercitare un ruolo attivo e di “fare da spugna” togliendo la CO2 dall’atmosfera in modo naturale. Un ruolo determinante che per esprimere il suo valore ha bisogno a sua volta di innovazione legata, per esempio, alla misurabilità dei benefici effetti di questa azione. Per fare in modo che le imprese agricole possano essere considerate e valorizzate anche per questo ruolo occorre lavorare a soluzioni che permettano di misurare e rendicontare. Per questo Enapra-Confagricoltura è impegnata in una serie di attività di ricerca e di sperimentazione che hanno lo scopo, anche attraverso l’istituzione di un comitato di studio, di rispondere in modo chiaro al ruolo che possono avere le nuove tecniche di coltivazione in merito al sequestro di carbonio e alle modalità per misurarne i risultati.
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