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Sovranità alimentare: cos’è e cosa significa la nuova denominazione del Ministero dell’Agricoltura

La nascita del nuovo ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare ha sollevato molte curiosità e altrettanti interrogativi. Ma cosa è davvero la sovranità alimentare e dove affonda le sue radici?

Pubblicato il 22 Ott 2022

agricoltura UK – sovranità alimentare

La prima voce chiara, dopo la ridda di commenti relativi alla ridenominazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, è arrivata da Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia – movimento di carattere internazionale impegnato a promuovere il diritto al piacere e a un cibo buono, pulito e giusto per tutti, come parte della ricerca della prosperità e della felicità per l’umanità attuale e futura e per l’intera rete del vivente – che, in una nota ufficiale, cerca di spazzare via ogni dubbio.

Sovranità alimentare non significa autarchia

Scegliere la definizione di “Sovranità Alimentare” non significa parlare di autarchia o di una qualche forma di nazionalismo applicata alle politiche agricole e alimentari. Parlare di sovranità alimentare significa garantire il “diritto dei popoli a determinare le proprie politiche alimentari senza costrizioni esterne legate a interessi privati e specifici. È un concetto ampio e complesso che sancisce l’importanza della connessione tra territori, comunità e cibo, e pone la questione dell’uso delle risorse in un’ottica di bene comune, in antitesi a un utilizzo scellerato per il profitto di alcuni”.

Nelle stesse ore in cui veniva rilasciata questa nota, anche Carlo Petrini, che di Slow Food è il fondatore, dalle colonne del Corriere della Sera arriva a dichiarare: [La sovranità alimentare ndr] “È la stella polare per affrontare la rigenerazione dell’agricoltura nel mondo. È un concetto per cui si battono da anni tanti movimenti, compreso Slow Food”. Nella stessa intervista, Carlo Petrini sottolinea come la sovranità alimentare valorizzi i prodotti del territorio e la biodiversità, dando autonomia e riconoscimento agli agricoltori e, come evidenzia Barbara Nappini “supportando e promuovendo in tutto il mondo i sistemi locali del cibo, fortemente legati ai territori, basati sulle connessioni, sulle comunità, in grado di combattere lo spreco alimentare, di valorizzare la produzione di piccola e media scala e di proteggere la biodiversità. Sistemi di produzione a bassi input esterni e ad alto tasso di competenze, creatività e buone pratiche”.

Una storia lunga oltre 25 anni

Giova dunque in queste ore ripercorrere la storia che ha portato alla formalizzazione di un’idea di Sovranità Alimentare. Un’idea che il nostro Governo non dovrebbe (come molti sottolineano) aver mutuato da quello francese, che nei mesi scorsi ha aperto la strada ribattezzando il proprio ministero “Ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire”, bensì da un percorso in atto da oltre 25 anni. Si parte infatti nel 1996, quando le associazioni internazionali di agricoltori, riunite nel movimento Via Campesina, coniano il termine che con il tempo viene adottato da organizzazioni di ampissimo respiro, dalla FAO alle Nazioni Unite alla Banca Mondiale.

La Dichiarazione di Nyéléni

La formalizzazione del concetto di sovranità alimentare avviene poi quasi dieci anni dopo, nel 2007, con la “Dichiarazione di Nyéléni” (che può essere letta qui) che di fatto ne ha fornito una definizione adottata da 80 paesi e successivamente perfezionata dagli stessi, che negli ultimi due anni hanno cominciato a integrarla nelle loro costituzioni e legislazioni.

Il passaggio fondamentale della “Dichiarazione” del 2007 si riassume in queste parole:
“La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo. Questo pone coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti nel cuore dei sistemi e delle politiche alimentari e al di sopra delle esigenze dei mercati e delle imprese. Essa difende gli interessi e l’integrazione delle generazioni future. Ci offre una strategia per resistere e smantellare il commercio neoliberale e il regime alimentare attuale.

Essa offre degli orientamenti affinché i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e della pesca siano gestiti dai produttori locali. La sovranità alimentare dà priorità all’economia e ai mercati locali e nazionali, privilegia l’agricoltura familiare, la pesca e l’allevamento tradizionali, così come la produzione, la distribuzione e il consumo di alimenti basati sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

La sovranità alimentare promuove un commercio trasparente che possa garantire un reddito dignitoso per tutti i popoli e il diritto per i consumatori di controllare la propria alimentazione e nutrizione. Essa garantisce che i diritti di accesso e gestione delle nostre terre, dei nostri territori, della nostra acqua, delle nostre sementi, del nostro bestiame e della biodiversità, siano in mano a chi produce gli alimenti. La sovranità alimentare implica nuove relazioni sociali libere da oppressioni e disuguaglianze fra uomini e donne, popoli, razze, classi sociali e generazioni”.

Gli obiettivi della sovranità alimentare

Ma è la FAO che ne spiega l’effettiva accezione in modo molto chiaro: “La sovranità alimentare è quindi un sistema più olistico della sicurezza alimentare. Riconosce che il controllo sul sistema alimentare deve rimanere nelle mani degli agricoltori, per i quali l’agricoltura è sia uno stile di vita che un mezzo per produrre cibo”. In sintesi estrema, le politiche agricole e alimentari non devono avere come priorità la massimizzazione del profitto economico, bensì la capacità di soddisfare le esigenze alimentari delle persone attraverso una produzione sostenibile e rispettosa del lavoro, attraverso la riduzione della distanza tra fornitori e consumatori e la riduzione dello spreco.

Molto precisa su questo punto è anche ManiTese che così scrive: “La sovranità alimentare dei popoli è minata dalla impressionante concentrazione di potere nelle mani di poche imprese multinazionali di settore che controllano il mercato delle sementi, dei fertilizzanti, dei pesticidi ma anche della trasformazione e della grande distribuzione organizzata”. Per questo si punta a sostenere la sovranità alimentare e l’agroecologia, ovvero “un approccio di ricerca scientifica di natura olistica che valorizza il sapere dei piccoli produttori; una serie di principi e di pratiche che migliorano la resilienza e sostenibilità dei sistemi alimentari preservando al tempo stesso la coesione sociale; un movimento sociopolitico, che chiede la traduzione di questi principi in politiche pubbliche locali, nazionali e globali e la piena partecipazione della società civile nella loro attuazione”.

Naturalmente, in questo momento non siamo in grado di dire se le linee di indirizzo del nuovo Ministero abbracceranno in toto questa visione: l’aspettativa è che la scelta delle parole corrisponda agli intenti.

Il rapporto con la sostenibilità alimentare

La sovranità alimentare e la sostenibilità alimentare sono concetti strettamente interconnessi poiché entrambi mirano a garantire l’accesso a cibo sano e sicuro per tutti, nel rispetto dell’ambiente e delle risorse del pianeta.

Nello specifico, quello della sovranità alimentare è un concetto che si riferisce al diritto dei popoli, delle comunità e dei paesi di definire le proprie politiche e strategie alimentari in modo indipendente e responsabile. Si tratta di garantire che le persone abbiano il controllo su ciò che mangiano, su come viene prodotto il cibo e su chi ha accesso ad esso. La sovranità alimentare si concentra sulla promozione dell’agricoltura locale e sostenibile, sull’uso responsabile delle risorse naturali e sulla tutela delle pratiche agricole tradizionali. Inoltre, pone un’enfasi sul coinvolgimento delle comunità locali nel processo decisionale riguardante la produzione e la distribuzione alimentare.

A sua volta, la sostenibilità alimentare è incentrata sulla produzione, sulla distribuzione e sul consumo di cibo in modo tale che le esigenze attuali siano soddisfatte senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie esigenze. La sostenibilità alimentare tiene conto degli impatti ambientali, sociali ed economici legati all’intero sistema alimentare, compresi l’uso delle risorse naturali, le emissioni di gas serra, il consumo di acqua e la gestione dei rifiuti. In sostanza, mira a garantire che il sistema alimentare attuale non esaurisca le risorse e non danneggi l’ambiente.

E’ semplice a questo punto individuare il nesso tra questi due approcci nella misura in cui una sovranità alimentare ben implementata promuove la sostenibilità alimentare. Incoraggiare pratiche agricole votate al rispetto dell’ambiente, alla conservazione della biodiversità e all’uso sostenibile delle risorse idriche, energetiche e del suolo così come promuovere l’agricoltura locale che diminuisce la dipendenza da catene di approvvigionamento lunghe e complesse, permette di ridurre la carbon footprint sia in campo che nel tragitto che porta il cibo in tavola. Quando la responsabilità dagli agricoltori e dagli attori della supply chain si sposta in capo ai consumatori a cui è richiesto di consumare meno cibo, sprecare meno alimenti e privilegiare nella dieta prodotti vegetali rispetto a quelli di origine animale.

Sovranità alimentare nelle logiche ESG

Ma non finisce qui perché oltre a spingere sulla sostenibilità ambientale, la sovranità alimentare promuove la sostenibilità anche sul piano sociale ed economico. L’obiettivo della sovranità alimentare di promuove l’equità nel sistema, garantendo che le comunità locali abbiano accesso a cibo sano e sufficiente, nonché il diritto di partecipare alle decisioni che influenzano la produzione alimentare si sposa con la “S” delle logiche ESG che si concentra sul trattamento equo dei lavoratori, sulla sicurezza delle comunità locali e sulla promozione di condizioni di lavoro dignitose lungo la catena di approvvigionamento.

Ancora, la sovranità alimentare implica una governance decentralizzata, in cui le decisioni sono prese a livello locale o nazionale, permettendo alle comunità di influenzare le politiche e le pratiche agricole. Un approccio in linea con la “G” dei parametri ESG che fanno riferimento alla trasparenza, alla responsabilità e alla partecipazione degli stakeholder nelle decisioni aziendali e nelle politiche pubbliche.

Il ruolo delle tecnologie

In un mondo sempre più connesso, le tecnologie giocano un ruolo cruciale nell’attuazione della sovranità alimentare. Anzitutto perché sono in grado di aumentare l’efficienza e la sostenibilità delle pratiche agricole nella misura in cui l’uso di sistemi di irrigazione efficienti, il monitoraggio satellitare delle colture e l’agricoltura di precisione possono aiutare a calibrare l’impiego di risorse come l’acqua e a preservare la fertilità del suolo.

Tecnologie come RFID ed NFC , IoT e tutti i sistemi di sensoristica, ma anche la Blockchainfavoriscono la tracciabilità e la trasparenza lungo l’intera catena del valore alimentare, aiutano a ridurre gli sprechi alimentari e garantire che il cibo raggiunga le persone al massimo della sua qualità. L’adozione di tecnologie come l’agricoltura idroponica, l’agricoltura verticale e l’uso di biotecnologie può consentire la produzione di cibo in spazi limitati e in ambienti urbani, migliorando l’accesso al cibo fresco nelle aree dove la produzione tradizionale potrebbe essere limitata.

Tuttavia, è importante che tali tecnologie siano accessibili alle piccole aziende agricole e non perpetuino la concentrazione di potere nelle mani delle grandi multinazionali. L’adozione di tecnologie digitali può facilitare la condivisione delle conoscenze agricole tra diverse comunità,  consentendo di trarre beneficio dalle pratiche di successo in altre parti del mondo e migliorare l’accesso ai mercati per i piccoli produttori. Ad esempio, le piattaforme di e-commerce agricolo possono collegare direttamente i produttori ai consumatori, riducendo gli intermediari e consentendo ai prodotti locali di raggiungere nuovi mercati. Questo può contribuire all’obiettivo della sovranità alimentare di promuovere l’agricoltura familiare e locale.

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