A schierarsi apertamente contro la shrinkflation, pratica commerciale che consiste nella riduzione della quantità e della qualità dei prodotti mantenendone stabile – o aumentandone – il prezzo, era stato recentemente anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante il Superbowl.
“Se siete come me, vi piace tenere a portata di mano un paio di snack mentre guardate la partita – aveva scritto l’inquilino della Casa Bianca su X – Ma vi sarete accorti che i pacchetti di patatine sono sempre più vuoti e le bottiglie di bibite più piccole. La shrinkflation è un modo rapido per le aziende per fare profitto sperando che non ve ne accorgiate. Ma fateci il piacere. Gli americani sono stanchi di essere presi per i fondelli”.
“La shrinkflation – spiega Mariella Nocenzi, professoressa associata per il settore scientifico disciplinare SPS/07 (Sociologia generale) presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’università Sapienza di Roma – non configura una truffa, perché le informazioni sul prodotto sono correttamente indicate sulla confezione. Ma alcune minime differenze di grammi o ingredienti non sono facilmente visibili a chi lo acquista, che è più attento ai frequenti aumenti dei prezzi che alla riduzione delle dimensioni delle confezioni”.
La shrinkflation nei mercati internazionali
A definire per prima la shrinkflation era stata nel 2009 l’economista inglese Pippa Malmgren, che coniò il neologismo. “Visti gli innegabili vantaggi di questa tecnica di marketing, le aziende la applicano indistintamente su confezioni alimentari, dimensioni delle tazze del cappuccino, offerta di servizi”, argomenta Nocenzi, che sottolinea: “Alcuni legislatori, come quello statunitense, stanno pensando allo Shrinkflation Prevention Act per la tutela del consumatore da una pratica definita come ‘atto o pratica sleale o ingannevole’”.
E in Paesi come la Francia è già legge la disposizione che dal prossimo 1 luglio obbligherà i produttori ad etichettare i prodotti “decurtati”, con il ministro delle Finanze Bruno le Maire che ha pubblicamente dichiarato come lo Stato non voglia voltarsi dall’altra parte per “riempire le tasche dei giganti dell’industria alimentare”.
La shrinkflation in Italia
Diversa la situazione in Italia, dove “secondo l’Antitrust – spiega ancora Nocenzi – non può configurare una scorrettezza o persino un reato perché, vista la sua diffusione, sarebbe ormai diffusa la consapevolezza sul fenomeno”.
“Quanto stabilito dal legislatore italiano – aggiunge – può essere un’ottima base da cui partire per conciliare le opposte necessità di chi produce/distribuisce e di chi acquista nel sistema alimentare. Perché un acquisto sia realmente consapevole è necessario che chi lo fa sia nelle condizioni per farlo: contenuti delle informazioni sul prodotto chiari, tempi per leggerle sufficienti, conoscenze per valutarle adeguate, ma anche obiettivi della spesa per soddisfare bisogni reali sono i supporti essenziali al momento dell’acquisto”.
Shrinkflation, greedflation, skimpflation
Oltre alla shrinkflation “molte altre analoghe sfidano attenzione e presunta consapevolezza di chi fa acquisti: le diverse dimensioni di un prodotto venduto in negozi diversi, ma allo stesso prezzo, i formati multipack apparentemente convenienti, ma dalle dimensioni singole ridotte, le ‘edizioni limitate’ per gusto o aspetto il cui prezzo è conforme all’edizione standard, ma non le sue quantità.
Alcune di queste pratiche – prosegue l’esperta – sono conosciute anch’esse con uno specifico termine. È il caso della greedflation, quando l’aumento del prezzo di un prodotto si giustifica con l’inflazione, ma i costi di produzione non sono realmente aumentati; o della skimpflation, per cui le aziende diminuiscono il proprio apporto alla qualità o ai servizi associati al prodotto chiedendo la collaborazione dei consumatori, ma a parità di prezzo: è questo il caso del ‘fai da te’ per prodotti in precedenza venduti già pronti al consumo o la sostituzione di alcuni menù completi a buffet negli alberghi con altri composti con prodotti preconfezionati serviti da distributori”.
Il paradosso di shrinkflation & Co.
Nonostante questo genere di pratiche siano diffuse da tempo, specie nel campo alimentare, e ben note agli addetti ai lavori, continuano a essere poco visibili ai destinatari finali. “Oltre che essere consapevole – sottolinea Nocenzi – a chi acquista è richiesto di tenere conto di quanto può spendere, di leggere attentamente prezzi, offerte, ma anche le etichette e possibilmente averne memoria dettagliata per fare confronti successivi sullo stesso prodotto o in altri punti vendita. Il tutto mentre si destreggia fra scaffali affollati o esposizioni abbondanti che meriterebbero tempo e attenzioni maggiori di quelle che si riservano normalmente agli acquisti”.
L’azione di Metrofood-it
“Se il sistema agroalimentare potrà dotarsi di dati sempre più puntuali su tutti questi processi, saprà approntare quelle giuste strategie che concilino in modo naturale e non forzato obiettivi ed interessi diversi, da quelli delle aziende a quelli dei consumatori – argomenta Nocenzi – L’attenzione all’integrazione degli obiettivi degli stakeholder del sistema agroalimentare è il focus delle attività di Metrofood-It, infrastruttura di ricerca finanziata nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che si propone di supportare la ricerca e l’innovazione nel settore agroalimentare fornendo servizi integrati, accelerando la digitalizzazione dei sistemi agroalimentari e la loro efficienza, la rintracciabilità e la sostenibilità e promuovendo l’affidabilità di prodotti e processi e delle informazioni fornite ai cittadini, alle autorità locali e a tutti gli stakeholders dei sistemi agroalimentari”.