Nell’alimentare, forse più che in ogni altro settore, la rintracciabilità è un tema sempre caldo, anche perché oggetto di controlli: si tratta infatti dello strumento che permette, in caso di riscontrata anomalia, di individuare tutti i prodotti potenzialmente pericolosi e di ritirarli dal mercato. Ma non si può parlare di rintracciabilità senza introdurre la tracciabilità, ossia un processo interno all’azienda che permette di tenere traccia della storia di tutto ciò che entra a far parte di un determinata produzione alimentare (ingredienti, materie prime), in modo da mappare tutti i passaggi, fino all’erogazione al consumatore. Lo scopo ultimo della tracciabilità e della rintracciabilità è facilmente intuibile: essere in possesso di tutte le informazioni relative a ogni prodotto che entra nella catena produttiva permette di garantire la sicurezza del consumatore.
Come spiega Alessandro Iob, responsabile in ambito MES e Industria 4.0 di DNC, azienda torinese che opera nel settore dell’Information Technology, “la tracciabilità implica l’avere un sistema che leghi indissolubilmente il prodotto finito a tutta la materia prima utilizzata per confezionarlo”. In altre parole, un sistema, manuale o automatico, a seconda del grado di efficienza che si vuole raggiungere, che tenga traccia, per ogni produzione, degli elementi che hanno contribuito alla sua realizzazione.
La tracciabilità e la rintracciabilità, va precisato, non sono solo legate al settore alimentare, ma possono essere impegnate con successo anche altrove, per esempio nella metalmeccanica: “Può essere un discorso mirato solo su alcuni elementi – fa notare Iob – Non è detto che la tracciabilità debba legare tutti i prodotti utilizzati all’interno del sistema produttivo. Può riguardare solo alcuni, per esempio quelli normati o semplicemente i più critici”.
In regia il MES
I legami tra prodotto finito e materia prima avvengono tramite i codici di lotto, i quali possono essere dati dal fornitore, innescando così un miglior dialogo tra fornitori e produttori. Si tratta quindi di un sistema complesso, che per essere efficiente necessita di una attenta regia: “Il MES (Manufacturing Execution System), ossia un sistema informatizzato che ha la principale funzione di gestire e controllare la funzione produttiva, è un valido supporto – spiega il manager – perché è in grado di gestisce non solo i lotti, ma anche l’etichettatura interna da apporre al prodotto. Se si crea magazzino, il lotto entra a far parte dell’etichetta del processo”.
La tracciabilità è propedeutica alla rintracciabilità
La normativa (art. 17, 18, 19 del Regolamento Europeo 178/2002) prevede che all’interno dell’azienda agroalimentare sia presente un sistema di rintracciabilità: non specifica come debba essere costruito, ma ne chiarisce il significato. Come spiega Iob, “Rintracciabilità vuol dire che, in caso di non conformità, i prodotti potenzialmente difettati (e quindi pericolosi) debbano essere richiamati. La politica di richiamo avviene sulla base della possibilità che i prodotti finiti abbiano di contenere l’ingrediente non conforme o di essere stati oggetto di un processo produttivo errato. E pertanto vien da sé che, se l’azienda produttrice non ha un sistema di tracciabilità soddisfacente, l’unica politica di recupero applicabile è quella di richiamare tutti i prodotti finiti sul mercato. I problemi di costi sono evidenti”. Se, invece, il sistema di tracciabilità aziendale permette di risalire solo al lotto di prodotti potenzialmente non conformi, procedendo a ritroso si potranno richiamare solo alcune partite, con evidenti risparmi di costo e di tempo.
Dunque, in sintesi, la tracciabilità è propedeutica a una buona procedura di rintracciabilità: “Nel settore alimentare tracciabilità e rintracciabilità sono imprescindibili, perché strettamente legate a un discorso di sicurezza del consumatore finale. La rintracciabilità – aggiunge Iob – è una catena che arriva alla base del problema, un processo di verifica che individua errori nei processi produttivi, anche dei fornitori”.
La tecnologia al servizio della rintracciabilità
Un sistema di tracciabilità ben fatto non può esimersi da un step iniziale che impone la catalogazione e l’etichettatura dei componenti/ingredienti che entrano in un processo. Il che significa che a ogni componente (ingrediente, additivo, semi-lavorato) debba essere assegnato un codice articolo che lo identifichi. Nel sistema produttivo deve esserci infatti un sistema – per esempio il MES – che, quando si impiega il prodotto/ingrediente, crea un’associazione automatica con l’ordine di produzione e il lotto: “Nell’alimentare molti prodotti sono utilizzati in sistemi a miscela, basti pensare ai silos – ricorda Iob – Nel composto ci possono quindi essere lotti di produttori differenti. Il nostro MES tiene conto anche di questa possibilità, perché è in grado di tracciare tutto, anche quello che sarebbe impossibile per l’operatore”.
In poche parole, il MES evita l’errore umano.
Il MES entra nella tracciabilità e nella rintracciabilità
Dunque il MES è il sistema che aiuta a non sbagliare e che entra a pieno titolo sia nei processi di tracciabilità, sia in quelli di rintracciabilità. Nei primi si occupa di assegnare il lotto alla materia prima, di generare automaticamente i lotti di produzione sulla base delle regole di codifica che arbitrariamente l’azienda ha assegnato, e gestisce la creazione di legami tra il lotto dell’ingrediente e il lotto del prodotto finito, il tutto automaticamente e basato su evidenze oggettive, per esempio sulla data di scadenza degli ingredienti.
Quanto alla rintracciabilità, sono soprattutto gli operatori della qualità a utilizzare il sistema. Spetta infatti a loro il compito di risalire al dove e al quando un determinato lotto è stato utilizzato nel processo produttivo: “Le aziende del settore agro-alimentare sono sottoposte a degli audit volti a verificare quali siano le procedure aziendali utilizzate in caso di problematiche – riferisce il manager – L’alternativa, per chi non ha sistemi automatici e informatici, ma utilizza sistemi cartacei soggetti a errori, è far rientrare tutti i prodotti alla cieca, generando inefficienza. Oggi anche nelle realtà più piccole la tendenza è di adottare sistemi informatici, la filiera si è resa conto di quanto siano validi: non sono solo più sicuri, ma tolgono anche moltissimo lavoro”.
Un investimento che si ripaga
Ma che impegno economico richiede l’adozione di un sistema di tracciabilità e rintracciabilità? “E’ difficile dare una valutazione di rientro dell’investimento – conclude Iob – perché dipende da dove si parte. Ad esempio, se il sistema di controllo della produzione c’è già, si può quantificare il rientro in un anno, anche perché si risparmia molto in termini di tempo e di personale.”