Sebbene solo il 23% delle aziende medio-grandi si collochi nel Mezzogiorno d’Italia (dove prevale una presenza ancora particolarmente significativa di imprese medio-piccole), negli ultimi tre anni il fatturato dell’industria alimentare è cresciuto di più nelle imprese meridionali (+5,4%) che in quelle del Centro-Nord (+4,4%). È quanto emerge dallo studio realizzato da ISMEA, in collaborazione con Fiera di Parma e Federalimentare, che ha coinvolto 1.526 imprese alimentari dotate di bilancio e fatturato superiore a 10 milioni di euro.
Uno degli elementi di competitività è rappresentato dal prodotto “Made in Italy” e di fatto il 55% di un campione di imprese intervistato prevede nella propria strategia di comunicazione la dicitura “100% italiano”.
Le ragioni del sorpasso del Sud
Ci sono diversi motivi che spiegano il maggiore fatturato registrato dal Sud, dove nel complesso si contano oltre 344mila imprese agricole e quasi 34mila dell’industria alimentare, pari al 18,5% del tessuto imprenditoriale del Sud.
Qui operano la maggioranza delle aziende dei comparti più dinamici come quello delle conserve vegetali e vi è una buona rappresentatività di comparti con buone performance a livello nazionale, quali lattiero-caseario, vino, salumi e carni. Vi risiedono aziende che lavorano prodotti specifici con una dinamica molto elevata (e maggiore che nel Centro-Nord) in comparti che hanno fatto registrare ottime performance, quali caffè, cioccolato e confetteria (+14%), prodotti da forno (+18%), olio (+21%).
C’è maggiore incidenza di imprese di media dimensione (50-250 dipendenti), il cui fatturato è cresciuto più della media sia nel Mezzogiorno (+7,5%) sia nel Centro-Nord (+8,7%) e ci sono imprese «più giovani» (con meno di 25 anni di attività) che hanno realizzato una crescita a due cifre del fatturato (+12% contro il +8% nel Centro-Nord).
Dal 2015 al 2018, il mercato dell’UE è aumentato per oltre il 70% degli intervistati e oltre il 50% delle imprese ha visto aumentare la propria quota di mercato soprattutto grazie alla leva della qualità e del Made in Italy. Permangono fattori limitanti come il minore grado d’innovazione tecnologica riscontrabile anche dal livello più basso di immobilizzazioni immateriali e finanziarie e la forte dipendenza da fonti esterne di finanziamento che rende difficile l’accesso al credito per ulteriori investimenti.