Sul tema dello Smart Agrifood c’è davvero molta attenzione, sia per le opportunità di sviluppo che si aprono grazie alle tecnologie e al Precision Farming, sia per la spinta che può derivare dall’allargamento al mondo agricolo del Piano Calenda.
Perché il volano virtuoso possa mettersi in moto, tuttavia, manca ancora una uniformità nelle piattaforme di raccolta e gestione dei dati.
Come sottolinea Andrea Bacchetti, condirettore dell’Osservatorio Smart Agrifood, «la realtà italiana è un sistema in cui ogni produttore ha la sua piattaforma. E con i dati su piattaforme diverse, si perdono opportunità clamorose».
Il problema, come è facile intuire, non è tecnologico, ma riguarda la frammentazione del mercato. E non solo quello dell’offerta. Dai dati Istat emerge che il 96% delle aziende agricole, che sono circa 1,5 milioni nel Paese, sono imprese individuali.
Il 2,5% sono società semplici e solo l’1,5% ha un’altra forma giuridica: questo significa che il Piano Calenda risulterebbe applicabile solo a quest’ultimo gruppo di imprese, tra le 20 e le 25.000 realtà, lasciando esclusa la stragrande maggioranza del panorama produttivo.
Nello Smart Agrifood servono i dati
È comunque importante – al di là del Piano Calenda – dare la giusta importanza al tema dei dati.
Francesco Giachi, amministratore delegato di Vecomp Software, sottolinea come nel mondo agricolo in un anno ci siano forse dieci decisioni importanti da prendere. Quindi è molto importante che vengano prese nel migliore dei modi. E i dati servono proprio a questo.
I progetti già in essere sono molteplici: si va dall’utilizzo dei droni per mappare le colture sul terreno, evidenziando l’eventuale insorgenza di patologie, di sistemi di guida automatica assistita da satellite applicati alle macchine agricole per evitare che una concimazione venga effettuata due volte sulla stessa striscia di terreno, dell’utilizzo di centraline meteo per pianificare gli interventi sui terreni.
Quello che manca e che gli operatori che lavorano in questo comparto lamentano è un approccio omogeneo alla scelta delle tecnologie più idonee a ciascuna delle filiere dell’Agrifood.
L’obiettivo, secondo Bacchetti, è arrivare all’Agricoltura di Precisione che «non ha solo vantaggi in termini di qualità del prodotto, ma anche sul forte della sostenibilità: mirare gli interventi significa utilizzare meno chimica».
Verso un ecosistema integrato
E per promuovere l’Agricoltura di Precisione bisogna realizzare un ecosistema integrato, promuovendo la collaborazione virtuosa fra i diversi attori.
Per le imprese del comparto è importante arrivare alla consapevolezza che chi non fa il salto digitale, rischia di sparire.
Il settore vitivinicolo, ad esempio, è caratterizzato da un’estrema frammentarietà nella filiera (uva, mosto, imbottigliamento, commercializzazione, marketing, retail) e da una scarsa presenza di attori in grado di coprire l’intero ciclo.
È un comparto nel quale la digitalizzazione può portare enormi benefici, sia in termini di tracciabilità, sia in termini di controllo di qualità, sia ancora in ambito industriale con la connettività applicata alle macchine, sia sulla logistica, arrivando fino al marketing.
Una Digital Transformation al momento alla portata delle aziende di dimensioni più grandi, ma di cui potrebbe beneficiare un comparto che in fondo ha già mosso i primi passi in questa direzione con la costituzione del Registro Telematico Vitivinicolo, che raccoglie i dati di 15mila aziende del settore, e di 18mila stabilimenti con produzione superiore ai 50hl, che compilano il registro telematico, primo esempio di tecnologia Blockchain applicata a una filiera produttiva legata a un ente governativo.
Suggeriamo la lettura del servizio integrale realizzato da Barbara Weisz Smart agricolture, cosa serve all’Italia pubblicato da AgendaDigitale.eu