La fotografia del rapporto tra innovazione digitale e sviluppo del mondo agrifood che arriva dalla tavola di sintesi degli investimenti effettuati nel corso del 2024 non rende giustizia della ricchezza e della complessità di questa straordinaria relazione.
Il dato prodotto dalla ricerca sull’anno 2024 dell’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia, presentata nel corso del convegno “Smart agrifood: è tempo di una nuova consapevolezza!” (Leggi anche: Il Gotha dell’agricoltura italiana all’Osservatorio Smart Agrifood n.d.r.), segnala una tendenza che ha contrassegnato l’andamento dello scorso anno quando, dopo una progressione caratterizzata da una crescita costante, si è dovuto registrare una frenata.
Il mercato dell’Agricoltura 4.0 nel suo complesso è sceso dai 2,5 MLD € del 2023 ai 2,3 MLD € del 2024 registrando un calo dell’8%. Un dato, è bene precisarlo subito, nel quale convivono due fenomeni per certi aspetti in contrasto tra loro ma che aiutano a comprendere meglio le motivazioni che stanno alla base delle scelte di innovazione.
Diminuiscono gli investimenti in hardware e cresce la componente software
La frenata nella crescita del 4.0 è da addebitare alla componente più “meccanica” e pesante di questi investimenti in tecnologia: nelle imprese del settore primario sono entrati meno macchinari e meno attrezzature mentre, al contrario, sono aumentati software e soluzioni per lavorare sui dati. In altre parole sono cresciuti Farm Management Information System, Decision Support System, sistemi di monitoraggio e mappatura dei suoli e delle colture.
Si tratta di tipologie di investimenti che segnalano una maggiore propensione delle imprese a lavorare sui dati e a cercare di disporre di maggiore intelligenza, con investimenti che portano in azienda soluzioni importanti sotto il profilo della gestione e delle prospettive di sviluppo. Tuttavia, per quanto importanti, si tratta di investimenti in soluzioni che non compensano la diminuzione degli investimenti collegati all’hardware.
Naturalmente il dato non è solo il frutto di una strategia pensata per premiare le soluzioni software. La flessione degli investimenti nella componente “di macchina” è da addebitare primariamente all’impatto sul reddito agricolo di una serie di fattori che hanno reso la vita più difficile a tutti gli agricoltori.
Le conseguenze del climate change nella forma di tanti eventi metereologici estremi hanno penalizzato – in alcuni casi in modo molto pesante – tante produzioni, c’è stato poi da affrontare il grattacapo legato alla variabilità dei costi degli input e all’evoluzione delle richieste e delle esigenze dei consumatori. Come se non bastasse, a queste criticità si è aggiunto il fatto che il settore aveva messo a segno crescite importanti grazie all’effetto di incentivi che poi si sono esauriti.
Il ruolo chiave degli incentivi
Andrea Bacchetti, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood, ricorda che una quota pari all’84% delle imprese che hanno scelto di adottare soluzioni di Agricoltura 4.0 hanno usufruito di almeno un incentivo. A fronte di una quota così rilevante era lecito attendersi che senza incentivi sarebbe arrivata una contrazione. Ma più che il rallentamento degli investimenti, il dato che preoccupa maggiormente riguarda la sostanziale staticità che caratterizza l’adozione del digitale.
Bacchetti porta l’attenzione sui dati che analizzano l’evoluzione del rapporto tra superficie agricola e soluzioni di agricoltura 4.0 e mette in evidenza due tendenze: da una parte prende atto che il perimetro nel quale si sviluppa l’innovazione (purtroppo) non cambia: era pari al 9% nel 2023 ed è arrivato al 9,5% nel 2024. Questa è la superficie coltivata dalle aziende digitalizzate.
Nello stesso tempo, il digitale cresce presso le aziende che hanno iniziato ad adottarlo. Il 94% degli investimenti in innovazione del 2024 sono stati effettuati da aziende già utilizzatrici: in concreto le aziende che hanno investito in digitale proseguono nel loro percorso di investimento. Il tasso di adozione a sua volta, su un campione di 1.250 aziende che hanno risposto all’indagine, mostra come un 12% abbia adottato almeno una soluzione e una quota analoga (11%) è arrivata a quattro soluzioni.
Cresce l’offerta come numero di soluzioni e come numero di provider
Bacchetti guarda poi al mercato e osserva come alla flessione della domanda corrisponda una crescita nell’offerta dove aumenta sia il numero delle soluzioni offerte sia il numero dei provider tecnologici che passano da 369 a 386.
In termini di tecnologie abilitanti, la ricerca ci segnala la forte prevalenza di Big data analytics al 70%, di soluzioni software in generale al 50% e di IoT al 48%. Da notare è poi che, in termini di evoluzione nelle tecnologie emergenti, l’Intelligenza artificiale sia passata in poco tempo da una quota dell’11% al 33%; non altrettanto brillante ma comunque rilevante il trend di sviluppo delle tecnologie geospaziali.
Se poi si va in campo, ovvero si analizza dove la tecnologie viene utilizzata, resta centrale il ruolo del monitoraggio delle colture, del suolo e dell’ambiente fondamentali per l’agricoltura sostenibile con un 46%, l’automazione anche finalizzata alla riduzione dei carichi d lavoro con il 42%, la gestione idrica e la protezione delle colture con il 33%, si vedono poi i segnali relativi al ruolo del carbon farming con il 28% e dell’agricoltura rigenerativa con il 25%.
E l’Intelligenza artificiale nello specifico cresce anche nelle scelte delle startup con un +22% nel numero di soluzioni che adottano AI e Machine Learning. In particolare, l’AI esprime le sue potenzialità nella gestione delle attività in campo, nella protezione delle colture e nel monitoraggio sempre più preciso dei fattori di produzione, come acqua, agrofarmaci, fertilizzanti. Nelle filiere invece l’Intelligenza artificiale è sfruttata per il monitoraggio degli obiettivi di sostenibilità e per il controllo di qualità.
Per Bacchetti sono tracce e segnali di una chiara evoluzione del mercato: con l’hardware che è entrato nelle aziende con macchine e attrezzature abilitando l’acquisizione del dato, adesso si chiede al software di lavorarlo, elaborarlo e di metterlo a supporto delle decisioni in una evoluzione che vede le imprese agricole sempre più attente a soluzioni che permettono di gestire in modo preciso tutte le risorse a beneficio della sostenibilità, dello sviluppo sostenibile e del conto economico.
Le preoccupazioni del settore primario per il climate change
Anche sulla sostenibilità si registra una evoluzione nell’atteggiamento delle imprese che appare in linea con alcune delle tendenze rilevate nel rapporto più generale tra digitale e sostenibilità da parte dell’ultima ricerca dell’Osservatorio Digital & Sustainable.
Per Chiara Corbo, Direttrice dell’Osservatorio Smart AgriFood, restano forti le preoccupazioni legate agli effetti del cambiamento climatico che sono avvertite da tutti gli attori del mondo agroalimentare. A queste preoccupazioni se ne aggiungono altre che sono cresciute negli ultimi anni a partire dalla qualità e dallo stato di salute del suolo, dalle difficoltà nella gestione della crescente volatilità dei prezzi, dagli effetti della perdita di biodiversità.
A fronte di un quadro decisamente complesso, le scelte degli imprenditori che adottano nuove soluzioni tecnologiche non sono motivate come in passato dalla volontà di portare efficienza e risparmiare risorse. Tutte ragioni che restano ovviamente molto importanti ma che si affiancano ad altre aspettative che vedono il digitale come strumento per incrementare la resilienza, per aumentare le rese, per esplorare, verificare e adottare nuove colture e soprattutto per misurare e migliorare.
Un tema questo che è stato stressato con forza da Filippo Renga, CoFondatore e Coordinatore Attività Internazionali degli Osservatori Digital Innovation, quando sottolinea nell’introduzione che quello che non si misura non si può migliorare e la forza dell’agricoltura deve venire anche dalla capacità di far parlare i dati, di metterli a disposizione del processo decisionale con cui ogni giorno le imprese agricole si misurano con la complessità del clima, del mercato, del rispetto delle normative e della trasformazione nelle esigenze dei consumatori.
Imprese più attente alla capacità previsionale, alla gestione e alla pianificazione
Chiara Corbo mette poi in evidenza come siano cambiate le aspettative degli imprenditori che guardano al digitale in termini di miglioramento della capacità previsionale, con la volontà di disporre di strumenti che aumentino il controllo nella gestione delle attività aziendali e nella pianificazione.
Per Bacchetti questa evoluzione è anche un segnale dal quale si può intuire che le imprese agricole che hanno adottato l’innovazione digitale hanno anche compreso con maggiore consapevolezza i risultati e i benefici che possono ottenere.
Una caratteristica che è legata anche alle dimensioni aziendali considerando che il tasso di adozione nell’utilizzo di soluzioni 4.0 cresce con le dimensioni aziendali o che si fa sentire nel caso di imprese che hanno scelto di entrare a far parte di cooperative o consorzi. La dimensioni dunque sono importanti ma è importante anche verificare il livello di soddisfazione in merito alle attività avviate. E a questo proposito, la ricerca mostra che i risultati conseguiti da parte delle aziende che hanno scelto l’agricoltura 4.0 sono in linea o anche superiori alle aspettative.
Chiara Corbo invita poi a interrogarsi su quali sono le difficoltà o le criticità che lamentano maggiormente le imprese impegnate in progetti di digitalizzazione. Il punto più critico che emerge è nella mancanza di interoperabilità nelle piattaforme e nelle soluzioni, subito dopo la mancanza di competenze, e le difficoltà nel calcolare il ritorno dell’investimento.
Ma come si torna a osservare più aumenta il tasso di digitalizzazione, più aumenta la numerosità delle soluzioni adottate e più aumentano anche le esigenze e le aspettative.
Aziende mature, in movimento e in ritardo
Bacchetti spiega poi la scelta dell’Osservatorio Smart Agrifood di creare un modello multidimensionale per mappare le imprese agricole coinvolte nella ricerca sulla base di parametri come adozione di soluzioni tecnologiche, processi, organizzazione, competenze e cultura.
Il risultato dell’analisi mostra che, in termini di innovazione digitale, le aziende sono nel 57% in ritardo, una fetta del 35% si è messa in cammino e si sta muovendo mentre solo una quota dell’8% può dirsi effettivamente matura.
Bacchetti aggiunge inoltre che più le aziende sono piccole più sono in ritardo e che analizzando meglio il profilo delle imprese in ritardo si scopre che nel 90% dei casi in realtà sono proprio ferme.
Perché le aziende non scelgono il digitale
Per quale motivo le imprese non hanno ancora investito in digitale? Ovvero cosa frena le aziende che il digitale non lo hanno preso proprio in considerazione? Bacchetti osserva che dalla ricerca arrivano alcune risposte e alcune motivazioni sulle quali sarà molto importante lavorare.
La prima riguarda la difficoltà di affrontare queste scelte per imprese che lamentano di essere troppo piccole, ma come è emerso nel corso del convegno il mondo delle associazioni o delle cooperative può essere di grande aiuto.
La seconda ragione riguarda la difficoltà di valutare in modo chiaro i benefici reali del digitale e anche su questo associazioni, cooperative o aziende di trasformazione possono essere di grande aiuto alle imprese. Il terzo punto è il tema realmente strategico e riguarda la mancanza di competenze.
Il digitale per sempificare il carbon farming
L’Osservatorio Smart Agrifood ha poi voluto dedicare una specifica attenzione al tema e alle prospettive del Carbon Farming. Il gruppo di lavoro ha esaminato 435 progetti internazionali di carbon farming nel comparto agroalimentare e una delle evidenze più importanti riguarda il numero di crediti erogati, dove primeggia la Cina con il 43% a poca distanza si collocano gli Stati Uniti con il 40%.
L’innovazione svolge un ruolo chiave e le startup sono al lavoro nella creazione di soluzioni digitali in particolare per il monitoraggio, per la verifica del carbonio stoccato nei suoli, e per lo scambio dei crediti di carbonio. Sullo specifico tema del carbon farming, le startup ammontano al 5% del totale startup globali con una offerta digitale nel settore agroalimentare e sono focalizzate primariamente su soluzioni per l’analisi di dati e big data, in sistemi di mappatura basati su immagini e dati satellitari, e in soluzioni basate su AI e Machine Learning.
Incentivi, formazione, infrastrutture e interoperabilità tra le sfide per il futuro
Per Marco Perona, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, la superficie coltivata con pratiche smart è ancora limitata e gli investimenti sono ancora troppo concentrati su poche aziende di grandi dimensioni. La grande sfida adesso è quella di coinvolgere in queste forme di innovazione anche chi è scettico o non ha sufficienti motivazioni.
Per questo nelle sue conclusioni, Perona indica quattro fattori chiave per il futuro: il ruolo degli incentivi più volte menzionati che peraltro hanno dimostrato di funzionare, un grande lavoro di formazione e sensibilizzazione dove sono peraltro già attivi gli enti e le associazioni, la grande questione dell’infrastruttura e della copertura con rete a banda larga e infine, la questione fondamentale della interoperabilità dei dati.