Internet of Things (IoT) è un neologismo usato per indicare l’evoluzione delle comunicazioni da e verso gli oggetti di uso quotidiano, che si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza, percezione di se stessi e dell’ambiente che li circonda. La capacità di comunicare con l’esterno il proprio stato, rende possibile la raccolta di dati grezzi da essi e dando vita a un patrimonio informativo che può sbloccare nuovi orizzonti tecnologici, verso quella che viene definita Agricoltura 4.0.
Il cuore pulsante dell’IoT sono i dati, grandezze numeriche grezze che vengono raccolte, scambiate, archiviate ed elaborate per creare conoscenza. La contestualizzazione, l’aggregazione e la successiva analisi trasforma questi dati in informazione, dando loro nuovo valore e diventando fruibili per scopi di controllo e ottimizzazione dei processi.
Un paradigma evolutivo, quello dell’IoT, che trova applicazione trasversalmente in tutti gli ambiti produttivi dalla manifattura all’agricoltura, che attraverso la maggior disponibilità di informazioni e la capacità di controllo consentono un controllo e una conoscenza completa delle dinamiche dei singoli processi produttivi, fornendo un livello di dettaglio mai visto prima, il che si traduce in benefici in termini di flessibilità, ottimizzazione della supply chain, consumi energetici, riduzione degli scarti e qualità del prodotto finito.
IoT nei settori vitivinicolo e agricolo
Tra tutti i possibili contesti applicativi in cui è possibile utilizzare l’IoT come strumento abilitante alla trasformazione digitale del business, ci concentriamo su quegli ambiti che più potrebbero trarre vantaggio da questa tecnologia, in particolare i settori agricolo e vitivinicolo; come in ogni azienda, l’obiettivo della gestione agricola è quello di favorire la redditività e per farlo è necessario ottimizzare tre variabili chiave:
- resa della produzione e storico dell’andamento negli anni
- riepilogo costi e prevenzione dei rischi
- conoscenza, avere sempre a disposizione un quadro generale in tempo reale del proprio business
Le tecnologie IoT grazie alla loro versatilità possono indirizzare in particolare le esigenze che le aziende del settore agricolo sono chiamate ad affrontare quotidianamente, ma al fine di ottenere un riscontro concreto e importante è necessario pensare alla digitalizzazione dell’intera filiera produttiva, dal campo alla tavola per così dire.
Quali sono gli strumenti dell’agricoltore 4.0?
Secondo l’ultimo studio dell’osservatorio di Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato Agri-tech in Italia è stimato intorno ai 450 milioni di euro per il 2019 confermando un posizionamento di rilievo anche su scala globale (pari a 7,8 miliardi di dollari [1]).
Sono più di 110 imprese con un’offerta di oltre 300 soluzione tecnologiche di Agricoltura 4.0 a disposizione delle aziende di piccole e grandi dimensioni, spaziando dai sistemi gestionali, già ampiamente diffusi nelle realtà di grandi dimensioni, a soluzioni di robotica e sistemi di acquisizione dati (big data).
Anche il drone a utilizzo agricolo, il cui mercato a livello globale dovrebbe superare i 2 miliardi di dollari nel 2021, incorpora tecnologie avanzate volte all’agricoltura di precisione: geolocalizzazione, tracciamento di mappe di volo autonome, sensori di prossimità termici e ottici, telecamere multispettrali; le immagini acquisite dai droni vengono elaborate offline o in tempo reale da terra, serviranno a individuare i focolai degli insetti più nefasti per le piante, controllare il fabbisogno idrico, individuare colture in difficoltà e pianificare interventi mirati prima che sia troppo tardi.
Cresce sempre di più l’attenzione verso i controlli di tracciabilità e anticontraffazione, i cui strumenti di riferimento sono le tecnologie Distributed ledger e blockchain, consiste nella creazione di un registro digitale condiviso tra più partecipanti (immaginiamo un consorzio DOCG)
che raccoglie tutte le informazioni inerenti al prodotto, trattamenti eseguiti, fitofarmaci utilizzati, irrigazioni, tutto ciò in un’ottica di tracciabilità, trasparenza, sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale.
I dati in questo registro non possono esser modificati, cancellati o falsificati poiché ogni modifica passa attraverso il consenso di tutti gli altri partecipanti.
Ciò che ne esce è una carta d’identità del prodotto e del produttore, che può esser consultata da qualunque attore della filiera, in particolare il consumatore avrà accesso alle informazioni dettagliate sul “come è stato prodotto”, avendo quindi la certezza dell’origine e dell’autenticità di ciò che sta acquistando.
Fare vino con un approccio Industry4.0
Contestualizzando l’applicazione di queste tecnologie su un settore specifico, si potrebbe pensare ad esempio ad un contesto vitivinicolo; l’applicazione di tecnologie IoT in un ambito multi-sfaccettato come questo offre enormi possibilità di innovazione, creando una vera e propria filiera del dato che abbraccia tutti i principali aspetti di un’azienda vitivinicola: vigna, cantina e retail.
Schema di esempio di un ecosistema IoT
Punto di partenza è una raccolta dati massiva attraverso l’installazione di diversi tipi di sensori sul campo, per raccogliere dati di irraggiamento solare dei grappoli, tracciare le temperature medie giornaliere e le escursioni termiche, individuare situazioni di stress idrico;
In questo caso, gli obiettivi che si vorranno raggiungere guideranno la scelta degli strumenti più idonei, “cuciti su misura” addosso al contesto e alle necessità indicate dal produttore.
La fase successiva riguarda tutti i processi di produzione del vino, processi spesso molto delicati che necessitano di continua attenzione da parte degli operatori e di strumentazioni all’avanguardia che ne semplifichino la gestione su larga scala.
Anche in questa fase, l’IoT può essere d’aiuto, portando tutte le informazioni raccolte sul campo direttamente in cantina e consultabili, attraverso tablet, smartphone o pannelli operatore dislocati in punti strategici.
Anche in questa fase è prevista una raccolta dati, dove le sorgenti saranno gli ambienti stessi di produzione: parametri ambientali e “di cantina”, come la temperatura interna alle vasche, lo stato delle fasi di fermentazione (etc) diventano materiale storicizzabile e correlabile con tutto il restante parco dati; fondamentale per conoscere sempre di più il prodotto che si lavora e confrontarlo negli anni in modo agevole e dinamico.
L’ultima fase è la commercializzazione e il retail, il momento in cui il prodotto raggiunge lo scaffale e lo stakeholder diventa il consumatore finale.
In questa ultima fase è lo stesso utente a poter beneficiare dal patrimonio informativo, accedendo tramite QR code posti sulle etichette, a servizi e informazioni dettagliate sul prodotto che si ha in mano, sul produttore e molte altre informazioni che rendono l’acquisto e il consumo più consapevole, stimolante ed interessante.
Con questi strumenti, un produttore può trasmettere la stessa passione, i valori e gli ideali con cui un prodotto è stato creato ad un consumatore dall’altra parte del mondo.
A che punto siamo oggi?
Secondo un’indagine condotta da Coldiretti su dati dell’Osservatorio Smart Agrifood (Osaf) su 1.467 aziende agricole emerge come le imprese italiane siano sempre più consapevoli delle opportunità offerte dal paradigma 4.0 (85% delle 766 rispondenti) e come l’utilizzo di soluzioni orientate all’Agricoltura 4.0 sia in continua crescita (55%).
Controllo dei costi di produzione e aumento della produzione sono i desiderata più urgenti per le aziende del settore, mentre l’esigenza di creare valore dai dati raccolti (all’acquisizione, elaborazione e interpretazione dei dati) sono considerati importanti ma non ancora prioritari.
Il 55% delle aziende dichiara di utilizzare macchinari o tecnologie avanzate per la pianificazione delle colture, la semina, la coltivazione, il raccolto, e fra questi il 45% lo fa da più di cinque anni.
Il 30% degli imprenditori ha meno di 40 anni e un terzo è laureato, ma l’età e il titolo di studio non influiscono significativamente sull’adozione di soluzioni 4.0, al contrario, invece, della dimensione dei terreni e dei settori di riferimento. Sotto i 10 ettari solo il 25% delle aziende adotta soluzioni 4.0, contro il 65% di quelle sopra i 100 ettari, valori che evidenziano quanto queste tecnologie aiutino a semplificare le dinamiche in contesti complessi e di grandi dimensioni.
Cosa si aspettano gli operatori del settore?
L’offerta di strumenti e tecnologie all’avanguardia in un mercato non pronto ad accoglierle o semplicemente non recettivo è un aspetto da non trascurare, se si vuol far in modo che questa rivoluzione proceda con un passo deciso e nei tempi giusti.
La domanda quindi è: cosa si aspettano gli operatori del settore?
Il punto d’incontro tra le aziende agricole è comune, per allargare il bacino di “Agricoltori 4.0” è necessario che le soluzioni proposte siano facili da utilizzare anche per un utente senza particolari conoscenze tecniche tecnologiche e che queste soluzioni possano esser interoperabili fra loro.
Inoltre, si chiede la disponibilità di figure tecniche in grado di supportare l’azienda sia durante la fase di transizione e apprendimento che durante la fase stabile (in modo più discontinuo).
Il tema dell’interoperabilità è difatti un tassello fondamentale per la distribuzione IoT, senza questo è impossibile garantire una cooperazione fra produttori, system integrator e aziende.
Mancanza di connessione e connettività, limitata interoperabilità, assistenza tecnica insufficiente e malfunzionamenti delle soluzioni sono infatti gli ostacoli principali alla diffusione dell’agricoltura 4.0 rilevati dall’Osaf.
Per quanto riguarda l’apprendimento, strumenti di assistenza remota basati su realtà aumentata e realtà virtuale potranno esser decisivi.
L’agricoltore potrà contare su un supporto tecnico immediato on-demand, in modo da abbattere sia i costi logistici per il provider che di conseguenza i costi di servizio per l’operatore.