La crisi energetica, l’impennata dei costi di produzione delle aziende e lo spettro di una recessione globale non hanno finora arrestato la corsa made in Italy agroalimentare sui mercati esteri. Secondo l’ultimo rapporto Ismea “La bilancia dell’agroalimentare italiano”, l’andamento delle spedizioni nazionali è risultato molto positivo anche nei primi 7 mesi del 2022, dopo aver raggiunto nel 2021 lo storico traguardo di 52 miliardi di euro. Da gennaio a luglio sono stati incassati dalle vendite all’estero introiti complessivi per 34,5 miliardi di euro, un incremento di quasi il 18% sullo stesso periodo dello scorso anno. Dopo il surplus nel biennio 2020-2021, il forte incremento del valore delle importazioni agroalimentari (+29,2% per 34,9 miliardi di euro) – sotto la spinta dei rincari delle materie prime agricole – ha riportato il saldo della bilancia commerciale agroalimentare in negativo, con un deficit di 381 milioni di euro.
Per entrambi i flussi di scambio, l’esito così positivo risente – nella maggior parte dei casi – di un “effetto prezzo“, essendo i prodotti esportati e quelli in ingresso cresciuti a tassi molto più consistenti in termini monetari rispetto a quanto osservato per i volumi. Oltre alla forte spinta inflattiva, crescono anche i flussi in volume delle referenze più rappresentative quali: pasta, prodotti della panetteria e biscotteria, vini spumanti, formaggi freschi e stagionati, prosciutti, pelati e polpe di pomodoro, a conferma che oltrefrontiera la presenza del made in Italy a tavola è un fatto ormai irrinunciabile.
UE, principale partner dell’Italia sia per export che import
L’export del made in Italy cresce a due cifre sia in ambito UE (+21% nel primo semestre del 2022) che presso i Paesi terzi (+16%) favorito, in questo caso, anche da un euro debole sul dollaro. Il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani rimane l’Unione europea che, con 16,9 miliardi di euro nel I semestre 2022, assorbe circa il 57% delle esportazioni nazionali. Nei principali mercati di sbocco la progressione è nell’ordine, del 11% in Germania, del 21% negli Usa, del 18% in Francia: paesi che si configurano come i principali mercati di destinazione e che hanno assorbito nel periodo in esame il 38% dell’export nazionale.
Anche nel Regno Unito, quarta destinazione per importanza, le vendite sono aumentate del 19% a dispetto dei segnali di rallentamento dei due anni precedenti che avevano alimentato diffusi timori per le conseguenze della Brexit. Da segnalare anche il forte incremento delle esportazioni verso Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, mentre risultano in controtendenza i flussi verso Cina e Giappone.
Anche per l’import, la UE è il principale partner dell’Italia con una quota, nel periodo in esame, del 69% in valore, con Francia, Spagna e Germania come principali fornitori. Le importazioni sono cresciute in maniera generalizzata per tutti i principali fornitori. In ambito extra-Ue è da segnalare la performance delle importazioni dal Brasile (+41% per 1 miliardo di euro). Aumentano anche le importazioni dagli Usa (+31% per 640 milioni di euro).
Oltrefrontiera il made in Italy a tavola è irrinunciabile
I dati delle esportazioni evidenziano una generalizzata performance positiva per tutti i comparti produttivi, fa eccezione solo il comparto della “frutta fresca e trasformata” che evidenzia una riduzione dell’export anche in valore dello 0,5% a causa delle flessioni registrate da mele, kiwi e nocciole sgusciate. I “cereali, riso e derivati” hanno segnato una crescita tendenziale del +31,7% attestandosi a 3,6 miliardi di euro nel I semestre dell’anno, i “vini e mosti” raggiungono quasi 3,8 miliardi di euro (+13,5%). Decisamente positivo è anche l’export di “latte e derivati” che, con un tasso di crescita nel periodo in esame del +21,9%, esprime un fatturato all’export di 2,4 miliardi di euro.
Sul fronte dell’import, caratterizzato in gran parte da materie prime non trasformate e prodotti semilavorati, è il caffè non torrefatto a mostrare la dinamica più consistente: cresce in valore dell’89% su base tendenziale per più di 1 miliardo di euro nel primo semestre 2022, per volumi anch’essi in aumento del 15%. Seguono il mais (+64% in valore per 917 milioni di euro e +12% in quantità), l’olio extravergine di oliva (+3% per 836 milioni di euro a fronte di un a flessione del 16% in quantità), i bovini vivi (+40% per 793 milioni di euro e +23% in quantità), il frumento tenero (+66% in valore per 715 milioni di euro e +16% in volume), il seme di soia (+18% per 670 milioni di euro a fronte di un calo del 5% dei volumi), l’olio greggio di girasole (+36% per 495 milioni di euro e +18% in volume), olio di palma raffinato (+63% per 448 milioni di euro e +19% in volume) e le conserve di tonno (+36% per 457 milioni di euro e +12% in volume).