Innovazione digitale e genetica: i driver per produrre di più e meglio, limitando gli sprechi

Dalle tecnologie di precision farming tanto quanto dalle sofisticate tecniche di genome editing possono arrivare preziose risposte all’inevitabile percorso di innovazione con cui anche l’agricoltura Made in Italy deve misurarsi per continuare a produrre cibo di qualità in quantità sufficiente per sfamare una popolazione globale in crescita senza tralasciare la sostenibilità

Pubblicato il 22 Ott 2021

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Il futuro dell’agricoltura del Paese si gioca sostanzialmente sue due fronti: l’innovazione genetica e l’utilizzo di tecnologie digitali che possano sì innovare il settore, ma altrettanto preservare la biodiversità dei prodotti tipici del Made in Italy rendendolo più competitivo, resiliente e sostenibile. Questo significa produrre di più con meno spese e offrire più qualità con meno sprechi, e quindi generare un impatto “più leggero” sul pianeta. E’ quanto emerso in occasione della ottava e conclusiva tappa del roadshow Agrievolution, il dibattito itinerante sul futuro dell’agricoltura italiana avviato un paio di anni fa da Bayer Italia che, appuntamento dopo appuntamento, ha toccato alcune delle zone a maggiore vocazione agricola del Paese.

La location dell’ultimo incontro, quella del Centro vitivinicolo ERSAF nella Cascina Riccagioia a Torrazza Coste, riveste un particolare significato in quanto è la sede del Riccagioia Agrihub 5.0: un’ecosistema di innovazione pubblico-privato nata dalla collaborazione fra Regione Lombardia e primarie aziende di differenti settori, tra cui Bayer, per lo studio e sviluppo di nuove tecnologie per l’innovazione dell’ecosistema agroalimentare all’insegna della sostenibilità.


Qui – interviene Fabio Minoli, Direttore Comunicazione e Relazioni Isituzionali di Bayer Italia – crediamo nella possibilità di sviluppare la nuova agricoltura che il nostro Paese merita, quell’agricoltura che tutti noi chiediamo di avere per potenziare il Made in Italy, per dare più spazio alla biodiversità, e sviluppare i nostri prodotti, portando i più resilienti nel mondo. Del resto, Bayer crede molto nell’importanza del rapporto diretto con gli agricoltori a cui offre soluzioni appropriate, all’avanguardia e innovative, sempre a favore della sostenibilità”.
 

Diversi i temi emersi dal confronto tra esperti, docenti universitari ed esponenti delle istituzioni: dall’evoluzione delle tecniche agricole al genome editing per rendere più forti e resistenti le piante, fino alla trasformazione digitale in agricoltura e all’utilizzo di nuove tecnologie e dei big data per migliorare la qualità e la quantità produttiva delle nostre colture. Del resto, parte proprio dalla ricerca e dalla tecnologia la possibilità di mettere in atto quel cambiamento già realizzato in alcuni settori, e che invece in agricoltura ha stentato un po’ a decollare, ma che adesso diventa inevitabile visto il via libera alle ingenti risorse previste dal PNRR.

I motivi del tardato rapporto tra Agricoltura e Digitale

Secondo Roberto Confalonieri, Professore di Agronomia e Sistemi Colturali dell’Università degli Studi di Milano, le ragioni del ritardo sono da ricercare nella difficoltà riscontrata, in termini di raggiungimento della maturità, dal mercato digitale dell’agricoltura che ha iniziato a registrare una vera domanda e offerta solo pochissimi anni fa. “Gli agricoltori non erano abituati ad essere immersi in un mondo digitale, ora che invece il digitale è entrato stabilmente nella vita quotidiana, rivoluzionando il nostro modo di produrre e di interagire, siamo tutti meno sospettosi nei suoi confronti. E uno di quei comparti che più ha da guadagnare da questo processo di innovazione è senza dubbio l’agricoltura, che viene spesso considerata con un ambiente tradizionalista e poco propenso al cambiamento, ma che invece negli ultimi anni sta sperimentando con risultati evidenti e facilmente misurabili il potenziale della digitalizzazione”.

Inoltre, anni fa i ricercatori non erano in grado di sviluppare tecnologie sufficientemente adeguate per un vantaggio competitivo, perché quando si parla di agricoltura c’è una componente biologica, viva che rende tutto più complicato, variabile e incerto. “Paradossalmente, rispetto alla trattazione di sistemi biofisici, è più semplice applicare nuove tecnologie nell’automotive. Lo dimostra l’arrivo solo di recente dei modelli di simulazione di sistemi colturali che simulano come le piante si comportano con l’ambiente in campo agricolo rispetto ai simulatori di volo che invece esistono da decenni. Ora stiamo finalmente riuscendo a far uscire dai laboratori e far entrare in azienda il digitale” spiega Confalonieri.

La precision agricolture offre sistemi integrati per migliorare le decisioni in campo

Ora come ora, si parla spesso di agricoltura di precisione, uno dei cardini dell’Agricoltura 4.0 poiché pone le basi per adattare i processi produttivi alle singole necessità grazie a interventi mirati e tempestivi in grado di adattarsi alle esigenze del momento. Significa, in poche parole, “prendere la decisione giusta al momento giusto nel posto giusto, con il supporto di tecnologie che utilizzano in tempo reale i dati che provengono dal campo”. E in questo senso, le tecnologie più solide dal punto di vista scientifico, come evidenziato dal Professore, integrano immagini satellitari e pochi rilievi a terra. “Le immagini satellitari hanno una valenza incredibile perché catturano la variabilità spaziale, ma la valutano in termini relativi. Per capire se la pianta è in stress da carenza da azoto o in uno stato di consumo di lusso, bisogna integrare anche i rilievi a terra scalando così la variabilità spaziale fornita dai satelliti”.

Per farlo, racconta Confalonieri che è anche Fondatore e responsabile di Cassandra Lab, gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Milano che si occupa di analizzare i sistemi biofisici per lo sviluppo di soluzioni software agroambientali, “abbiamo sviluppato con il CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche un sistema che permette all’agricoltore di usare uno smartphone per collegarsi in automatico ai satelliti, ricevere suggerimenti di misure a terra e rilevare automaticamente tramite app, il contenuto in azoto e la domanda di azoto della pianta dal cui rapporto evince lo stato nutrizionale della stessa che, integrato con i satelliti, è in grado di scalare le immagini sentinel in mappe di stato nutrizionale. Se il numero è superiore a 1 allora la pianta è in ‘consumo di lusso’, se minore a 1 è in ‘stress'”.

Questioni aperte: inibizione al cambiamento, condivisione dei dati e opportunità di accesso per le PMI

Al di là della specificità, Roberto tiene a precisare che queste tecnologie non sostituiranno gli agricoltori. Gli agricoltori non diventeranno contoterzisti delle nuove tecnologie, semplicemente avranno un supporto in più per prendere le decisioni: dal colore delle mappe e segnali diagnostici. “Un supporto quantitativo spazialmente distribuito e ottenuto a costo zero permette di prendere decisioni con elementi in più a disposizione. E questo è importantissimo visto che da queste decisioni dipende il successo della attività dell’agricoltore e quindi del suo reddito”.

Altro aspetto da sottolineare è il fatto che le misure rimangono in un sistema a cui nessuno può accedere. Putroppo o per fortuna, l’Intelligenza Artificiale ha bisogno di una mole ingente di informazioni distribuite e gli agricoltori non sono felici di condividerle, sono riservate, magari trucchetti che ne garantiscono la competitività. Quindi, l’unico modo per raccogliere abbastanza informazioni per alimentare l’AI è convincerli che hanno dei vantaggi nell’offrire queste informazioni, offrendo loro qualcosa in cambio, come uno sconto sul costo o un servizio a valore. 

L’accessibilità dell’innovazione alle PMI è un altro grande tema: anche i piccoli imprenditori agricoli devono poter avere un vantaggio economico sostanziale che deriva dall’adozione della tecnologia rispetto al costo per implementarla. “Per questo, – spiega Confalonieri – stiamo lavorando su due binari paralleli: da un lato, sviluppiamo tecnologie costose per grandi realtà industriali; dall’altro, abbiamo una linea per lo sviluppo di tecnologie in grado di abbattere i costi per le PMI. Così riusciamo a sviluppare qualcosa, non solo di sostenibile a livello ambientale, ma anche sociale ed economico”.

Ridurre gli sprechi e aumentare la produzione con il genome editing

Per coniugare un aumento della produttività con una maggiore sostenibilità dell’agricoltura, entrano in campo nuove e raffinate tecnologie genetiche, emerse negli ultimi tempi, che permettono di cesellare il DNA degli organismi. In agricoltura si parla di editing genomico o genome editing, termine che indica una serie di tecnologie genetiche che consentono di modificare in modo mirato sequenze specifiche del genoma di una coltura, senza alterare il resto del suo DNA, in maniera estremamente precisa, veloce e soprattutto in modo naturale. Naturale perché le modificazioni apportate, a differenza che negli OGM transgenici, potrebbero avvenire spontaneamente in natura. Solo che nel caso delle Tea l’evoluzione della specie è assistita, appunto, dall’uomo. Un modo per permettere agli agricoltori, oggi sotto pressione su più fronti, di continuare a produrre cibo di qualità in quantità sufficiente per sfamare una popolazione globale in crescita.

Il microfono passa a Chiara Tonelli, Presidente del comitato scientifico della fondazione Umberto Veronesi e Professoressa di genetica all’Università degli studi di Milano “Nel 2050 saremo in dieci miliardi nel mondo e non possiamo aumentare le superfici da coltivare. Attraverso le Tecnologie di evoluzione assistita o TEA possiamo però ottenere piante che resistono meglio ai microrganismi patogeni e agli insetti e che richiedono un uso minore di agrofarmaci. Ma anche sementi più efficienti nell’uso dei nutrienti e che hanno bisogno di meno fertilizzanti. Inoltre, le nuove colture possono resistere meglio agli stress ambientali, come il calore intenso o la salinità del terreno, condizioni sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico“.

Il discorso dunque è chiaro: “Se vogliamo andare verso un’agricoltura sostenibile che sullo stesso ettaro di terreno è più produttiva e conserva la qualità, dobbiamo migliorare le sementi, non possiamo più utilizzare quelle dei nostri nonni, dobbiamo modificarle. E per farlo, dobbiamo finanziare la ricerca di base, che è fondamentale per l’innovazione”. 

C’è un però perché stiamo parlando di tecniche a rischio in Europa, visto che la legislazione comunitaria equipara gli organismi ottenuti con le TEA agli OGM transgenici. Una equiparazione sbagliata, secondo la maggioranza degli stakeholder, che rende di fatto molto complesso lo sviluppo, il testing e la commercializzazione delle sementi.

Mipaaf e Coldiretti fiduciose nelle TEA per la resilienza delle colture al climate change

Dopo la proiezione del corto “L’Altra Terra” promosso da Bayer Italia e prodotto da Giffoni Film Festival, l’incontro è proseguito con il collegamento dal Vinitaly di Verona, durante il quale ha preso la parola anche Gian Marco Centinaio, Sottosegretario di Stato al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che ha lanciato messaggi di apertura e interesse verso le TEA, individuando in esse la strada per mantenere la biodiversità e preparare le colture alla sfida del climate change. “Il futuro dell’agricoltura passa attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie e la spinta della ricerca scientifica. Affinché questo avvenga, serve un passaggio non solo tecnico ma anche politico. Ci auguriamo che, in tal senso, possa ascoltarci prima di tutto l’Europa. Tutto quello che avviene nei laboratori deve poter essere usato il più velocemente possibile dai nostri agricoltori che lo invocano, esortando la ricerca scientifica ad andare più velocemente. Dobbiamo pensare ad un’agricoltura dove i camici bianchi si affiancheranno ai trattori, così riusciremo anche a valorizzare i nostri giovani ricercatori”. 

Così richiama la collaborazione ‘Camici e trattori‘ siglata tra Coldiretti e Siga per creare una cinghia di trasmissione tra mondo della ricerca e degli agricoltori, ma anche dare vita ad un dialogo per spiegare all’opinione pubblica l’immenso potenziale delle TEA e soprattutto la loro assoluta sicurezza. Nell’ambito dell’accordo, Coldiretti si è impegnata a dare il proprio sostegno a livello nazionale ed europeo alle iniziative volte al superamento delle attuali restrizioni legislative nei confronti delle TEA e a sostenere la sperimentazione in pieno campo, nonché il finanziamento della ricerca.

Su questa linea, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini L’agricoltura italiana sta crescendo in modo esponenziale e mai come ora dobbiamo promuovere le TEA, una tecnologia completamente nuova che interagisce direttamente con il DNA della pianta, rafforzandolo e creando le condizioni affinché sia più resistente ai cambiamenti climatici e agli attacchi dei parassiti arrivati con la globalizzazione. Ragionare su come prevenire è la migliore condizione per creare elementi di certezza nella disponibilità di maggiori quantità di prodotto e per trasferirla in possibilità di crescita economica. In altri termini, le nuove tecnologie ci aiuteranno a produrre di più, limitando gli sprechi”. Un nuovo paradigma in cui a vincere sono tutti: gli agricoltori, ma anche i consumatori e l’ambiente.

Nelle nuove generazioni la chiave per traguardare le sfide della sostenibilità

“I giovani sono quelli che ci aiuteranno di più perché hanno una facilità nell’utilizzo dei mezzi tecnologici che fa innovare da un lato l’agricoltura e nello stesso traduce in termine di informazione le consapevolezze e le conoscenze dei consumatori per poter scegliere” continua Prandini. Le nuove generazioni chiedono e pretendono nuove tecnologie e ricerca scientifica, la possibilità di potersi esprimere e di fare tecnologia all’avanguardia come in altri paesi europei.

Dal sondaggio “Coldiretti Divulga” risulta che l’agricoltura è l’unico settore dove l’apporto delle nuove generazioni è in crescita: i giovani diventano quindi l’elemento di forza per innovare e aprirsi sempre più in mercati internazionali. “Nell’apertura mentale che hanno, noi vogliamo conquistare con le nostre eccellenze i mercati mondiali. Oggi vogliamo tradurre il valore dell’Italian Sounding di 100 miliardi di euro con il vero prodotto agroalimentare italiano investendo in infrastrutture, trasporti, conoscenze dei mercati, gestione dei dati, portare la banda larga nelle aree rurali per usare quel patrimonio di dati trasferendo le giuste informazioni ai contadini tramite QR code o blockchain”.

Ma serve una presa di coscienza a livello europeo, dice Prandini

Tuttavia, per farlo serve che l’Europa non parta da preclusioni rispetto alle argomentazioni ma da valutazioni scientifiche, e quindi sarà fondamentale spiegare la distinzione tra i vecchi OGM e le nuove tecnologie. Il mese di marzo sarà quello più importante a livello di discussione con più stati membri. Ci deve essere una presa di coscienza comune a livello europeo e l’Italia deve allargare il tema di interesse legato alla ricerca, alla sanità, ai ministeri chiamati ad esprimere un loro posizionamento.

“Spero nelle condizioni per passare alla sperimentazione in campo, – afferma il Presidente di Coldiretti – un passo decisivo per accelerare in modo esponenziale il lavoro dei ricercatori e metterlo nelle mani dei nostri imprenditori iniziando a fronteggiare in modo diretto i cambiamenti climatici garantendo qualità e quantità ai cittadini di tutto il mondo. Vogliamo creare una relazione tra stati membri a livello europeo per tradurre concretamente l’uso delle TEA traguardando anche le sfide del Green Deal, del climate change e della sostenibilità. Se non investiamo in ricerca non riusciremo a mantenere le quantità che produciamo oggi, evitando al contempo lo spreco di cibo”.

L’importanza di trasferire la ricerca innovativa a terra

Ma in che misura possiamo sperare di avere piante più resistenti ai cambiamenti climatici? Da Vinitaly è intervenuto Mario Pezzotti, past president della Società italiana di genetica agraria (Siga) Stiamo dissezionando i genomi, isolando e studiando singole sequenze verificandone la funzione (resistenza alla siccità, resilienza al climate change, resistenza ai parassiti ecc.), poi si passa alle serre ed infine, ai campi dove possiamo avere la risposta finale che il nostro lavoro di ricerca di base può avere un passaggio concreto e quindi utilizzare le piante come prototipi per le nuove varietà. Le piante devono prima essere usate nei laboratori per poi raggiungere campi sperimentali e campi veri. Nel caso della vite abbiamo individuato geni di resistenza a diverse malattie virali, ora stiamo lavorando sulla fenologia, adattando il comportamento della pianta al cambiamento climatico così che il germogliamento, la fioritura e la maturazione della bacca avvengano in ottime condizioni climatiche e non difficili da superare”.

L’obiettivo è produrre di più e meglio attraverso le profonde conoscenze delle sequenze del DNA, che controllano lo sviluppo finale della pianta. E la sperimentazione è fondamentale per verificare che le ricerche decennali in laboratorio hanno realmente un impatto. “Altrimenti ci troveremo ad essere millantatori di opportunità che devono essere verificate. Le TEA sono indistinguibili dalla mutazione naturale. E sulla scia della Gran Bretagna che ha già deciso che il genome editing è possibile, dobbiamo fare un’alleanza tra ricercatori e agricoltori. Non dobbiamo commettere gli stessi errori di anni fa, stiamo parlando di un’innovazione che può cambiare l’agricoltura che garantisce la biodiversità. Dobbiamo investire in ricerca, innovazione e trasferirla a terra, nelle radici, nel terreno”.

Perché senza un cambio di passo il rischio è che l’Italia perda il treno dell’innovazione e si ritrovi a dover fare i conti con un contesto globale dove queste tecnologie sono già oggi ampiamente utilizzate. Il made in Italy rischia dunque di non essere più competitivo sui mercati internazionali. Non solo. Perché il mercato italiano potrebbe diventare lo sbocco di produzioni estere, ottenute grazie alle sementi migliorate con le Tea, come oggi avviene per la soia OGM impiegata nella zootecnia.

Fontana: occorre investire nella ricerca e operare una trasformazione culturale

Agrievolution rappresenta un’importante occasione per parlare dell’agricoltura di prossima generazione, alla scoperta delle opportunità che questo settore ha davanti a sé. Un futuro di grandi sfide, che devono essere affrontate con un approccio innovativo, preservando al tempo stesso la biodiversità dei prodotti tipici di cui l’Italia è ricca. Il dialogo è essenziale per portare avanti l’agricoltura, da cui nasce la cooperazione centrale per affrontare insieme le sfide del futuro.

A suggellare l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato, l’intervento del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana “Dall’agricoltura trae origine la nostra vita, per questo è fondamentale supportare l’innovazione tecnologica nel settore. Sono orgoglioso che a Riccagioia ci sia il primo esempio concreto di Agrihub e credo che in una Regione come la Lombardia, che fa dell’innovazione e della ricerca uno dei capisaldi del proprio sviluppo, la possibilità di avere una sede come questa sia un valore aggiunto e debba diventare un punto di riferimento a livello nazionale. All’interno delle risorse messe in campo dal PNRR si può individuare questo hub come un futuro centro di ricerca e sperimentazione”.

Siamo la regione che più sperimenta e innova a livello nazionale, ma vogliamo investire sempre più risorse in questo ambito, con numeri che ci mettano al pari delle nostre competitrici nel resto del mondo. “Dobbiamo quindi fare uno sforzo nello studio e nelle università, ma non solo – insiste il Presidente – occorre far capire alle persone che l’innovazione in agricoltura non è pericolosa, ma va percepita come un’opportunità che rischia anche di diventare una necessità, poiché la crescita demografica nel mondo richiede una capacità di soddisfare il fabbisogno sempre più elevato di cibo”.

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