Il settore dell’agroalimentare rappresenta un asset strategico per l’economia nazionale, per numero di addetti coinvolti, valore complessivo della produzione e valorizzazione del brand Made in Italy, nonché dell’indotto connesso al turismo enogastronomico. Inoltre, durante la pandemia da Covid-19, l’intero comparto si è dimostrato reattivo e capace di soddisfare le esigenze dei cittadini, anche in condizioni particolarmente severe.
Sui temi dell’innovazione e della trasformazione del sistema agroalimentare si sviluppa una parte molto importante della competitività del nostro paese e del Made in Italy in particolare, ed è chiaro che si tratta di una competitività sempre più strettamente legata alla capacità di utilizzare le potenzialità dell’innovazione digitale.
La sfida, anche per le prospettive che si aprono con il PNRR, è quella di attuare una collaborazione sempre più forte tra il sistema di innovazione digitale e quello agroalimentare per costruire modelli sostenibili per l’ambiente, per la salute dei consumatori, e per la competitività stessa delle aziende agrifood, e di riflesso del nostro paese dal cui impiego possono arrivare risposte concrete ai fabbisogni crescenti di cibo a livello mondiale, al mantenimento e alla tutela della qualità dei prodotti italiani e alla riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni.
E’ su questi temi che si è discusso con i principali attori della filiera agrifood – durante l’evento “Sicurezza, tracciabilità e sostenibilità: innovare il settore agrifood con il digitale” organizzato da Anitec-Assinform e Confindustria Digitale – il ruolo delle tecnologie digitali come abilitatori di un nuovo modello di business, anche alla luce degli indirizzi indicati nel White Paper “Il digitale e l’innovazione tecnologica a supporto del settore agrifood italiano” per definire un percorso di digitalizzazione, orientato all’utilizzo dei dati, alla collaborazione tra attori della filiera, all’attenzione e centralità del cliente finale.
Agroalimentare: asset strategico per la resilienza dell’economia nazionale
“Stiamo vivendo momenti drammatici che ci toccano da vicino: per la vicinanza alle popolazioni colpite dalla guerra ma, ancor di più, per la preoccupazione di un’escalation del conflitto capace di mettere a repentaglio la pace in Europa e la sicurezza di tutti noi – apre così il convegno Marco Gay, presidente Anitec-Assinform – La nostra economia non potrà che essere colpita dal contesto internazionale in cui stiamo vivendo e la tensione di tutti noi si fa ogni giorno più evidente. E questo vale particolarmente per il settore agrifood”.
La guerra sta già determinando rincari di prezzo nelle forniture del grano, che proprio nell’Ucraina hanno uno dei principali produttori e partner strategico per le industrie italiane. Ma in generale, le tensioni geopolitiche non possono che aggravare gli scambi commerciali, le spinte inflazionistiche e i rincari già indotti dalla crisi energetica.
Date le premesse, l’innovazione non può che rappresentare un solido alleato non solo per rendere più efficiente il comparto dell’agrifood, quanto per far fronte alle grandi sfide globali quali la lotta ai cambiamenti climatici e agli sprechi alimentari, la domanda di sicurezza alimentare e di risoluzione della povertà alimentare. Obiettivi che rientrano nel quadro della strategia europea Farm to Fork che mira a realizzare un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.
“Il digitale è una delle leve più importanti di crescita per il Paese e i dati ci confermano il trend positivo del mercato, con un +5,7% di crescita nel 2021 rispetto al 2020 e l’auspicio è che con il PNRR questo trend si rafforzi e consolidi (al netto di eventuali shock esogeni)” continua Marco Gay.
Inoltre, agricoltura e industria alimentare pesano per oltre il 4% sul PIL nazionale e, includendo anche i settori collegati (commercio, ingrosso/dettaglio, ristorazione e servizi legati al cibo), il sistema si colloca su un peso pari al 15%, con un valore complessivo di circa 522 miliardi di euro (dati Annuario dell’Agricoltura italiana 2019, CREA-ISTAT).
Innovazione digitale: alleato per le sfide di trasformazione dell’agroalimentare
Per un settore così rilevante sia in termini di contributo al PIL sia per la capacità di sostenere all’estero i valori del Made in Italy, investire in nuove tecnologie digitali – come Big Data, Intelligenza Artificiale e Machine learning, Internet of Things, Cloud e Blockchain, 5G mobile network – nel quadro di modelli di Agricoltura 4.0, appare una delle leve strategiche per poter coniugare fabbisogni crescenti di cibo a livello mondiale, preservare la qualità dei prodotti e ridurre l’impatto ambientale delle produzioni.
Si tratta di un comparto dell’innovazione digitale il cui valore è stimato intorno a 540 milioni di euro – secondo i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood – e che cresce di anno in anno, in linea con la crescita del mercato digitale nel suo complesso. Un business destinato a raddoppiare con il PNRR: infatti, il capitolo “Innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo” del Recovery plan ha stanziato 500 milioni di euro per migliorare efficienza e sostenibilità dei processi produttivi e l’agricoltura di precisione.
Sospinto dal traino degli incentivi e dalle innovazioni tecnologiche che consentono l’implementazione di potenzialità fino a qualche tempo fa inedite, il volto italiano dell’agricoltura 4.0 si fa sempre più delineato e maturo. Lo evidenzia Chiara Corbo, Direttrice Osservatorio Smart AgriFood Politecnico di Milano “Da un lato, un incremento del giro d’affari complessivo di circa il 20% rispetto all’anno passato, dall’altro il sempre maggior ricorso a tecnologie evolute di tracciabilità: sono questi gli ideali pilastri entro cui si muove il 2022 di un mondo in fermento, sempre più vicino al mondo dei consumatori e alle richieste di sostenibilità”.
La fotografia completa e dettagliata dello status quo, con attenzione a tutte le declinazioni del comparto, sarà scattata il prossimo 15 marzo (iscrizioni a questo link), in occasione del convegno di presentazione dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood, che ha analizzato gli impatti dell’innovazione digitale nel settore agroalimentare.
Agricoltura 4.0: un comparto in crescita anche sulla spinta degli incentivi
Intanto, Chiara Corbo sottolinea come il digitale stia entrando nelle imprese agroalimentari del nostro paese con un trend che è certamente positivo. “Cresce il mercato dell’agricoltura 4.0, in quattro anni abbiamo visto una crescita progressiva, che nel 2020 è arrivata a circa il 20%, con investimenti in innovazione dell’ordine di 540 milioni di euro. Una crescita che si registra anche in termini di quantità di superficie coltivata con tecniche 4.0. Se poi si considera anche il mondo del contoterzismo, il mercato può crescere ancora tanto. E poi, nel 2021 gli incentivi hanno giocato sicuramente un ruolo importante, portando al rinnovamento del parco macchine”.
“Il quadro è positivo anche dal punto di vista della trasformazione – prosegue l’analista – Le aziende stanno aumentando il loro livello di digitalizzazione e le tecnologie più utilizzate svolgono un ruolo di ‘abilitatori’ a processi e logiche 4.0 come ad esempio nel caso dei gestionali evoluti”.
Guardando, infine, agli ambiti nei quali si sta costruendo questo percorso di innovazione si nota che le aree maggiormente interessate dal 4.0 sono quelle della produzione, della logistica e della tracciabilità alimentare; in cui si diffondono progetti basati su tecnologie come la Blockchain a cui l’agrifood guarda sempre più con maggiore interesse. A questo proposito Corbo sottolinea che a livello globale l’agrifood resta uno dei comparti con la maggior presenza di progetti blockchain a testimonianza di come questa tecnologia possa portare valore al settore.
Il white paper dedicato al ruolo del digitale per la resilienza delle supply chain agrifood
Per il nostro paese e per chi fa innovazione questo è uno dei momenti più importanti proprio per il ruolo che può svolgere l’innovazione digitale: pensiamo solo ai temi della conservazione, della qualità e sicurezza alimentare, della riduzione degli sprechi e delle emissioni, della biodiversità.
“L’agrifood è uno dei fiori all’occhiello del nostro Made in Italy – precisa Simone Marchetti, Coordinatore Tavolo Filiere Produttive 4.0 di Anitec-Assinform – e ha una straordinaria valenza territoriale e culturale. E oggi, la tecnologia può e deve contribuire a costruire un sistema più performante che sia nello stesso tempo capace di reagire alle crisi e alle difficoltà che costantemente si presentano”.
Ed è su questo tema che arriva il contributo del White Paper “Il digitale e l’innovazione tecnologica a supporto al settore agrifood italiano” (che potete scaricare qui), realizzato dal Gruppo di lavoro Filiere produttive 4.0 di Anitec-Assinform e dal Gruppo di lavoro Agroalimentare dello Steering Committee Innovazione Digitale nelle Filiere di Confindustria Digitale, per analizzare il ruolo delle tecnologie digitali come abilitatori di un nuovo modello di business, orientato all’utilizzo dei dati, alla collaborazione tra gli attori della filiera, all’attenzione e centralità del cliente finale.
Il lavoro offre a operatori e policy maker del settore agrifood il punto di vista e le esperienze dell’industria digitale coniugandole con quelle di alcuni leader del settore. Si tratta di una prima occasione di confronto, un documento volutamente aperto, così da integrare gli sviluppi tecnologici e applicativi che avverranno in futuro.
Nel documento si analizzano i nuovi scenari di mercato, presentando una panoramica dei maggiori cambiamenti in atto, così da fornire un quadro di riferimento esaustivo e identificare le opportunità e i vantaggi derivanti dall’adozione delle nuove tecnologie, oltre che i loro possibili campi di applicazione. Il documento offre una selezione di esperienze e casi d’uso al fine di guidare, con esempi concreti, i player del settore nell’avvio di progetti abilitati da tecnologie digitali.
Dal Cloud, all’AI alla Blockchain: le tecnologie che fanno la differenza
Dal white paper emerge con forza il ruolo dei dati in assoluto e come fattore abilitante di tante forme di innovazione. “La nostra è la società dell’informazione – interviene Simone Marchetti – vanno intercettati i dati che provengono dal campo o dalla catena ma anche dagli aspetti che si muovono attorno a quanto facciamo. Le tecnologie costituiscono un abilitatore fondamentale per impostare modelli organizzativi, di know how per far sì che queste informazioni siano disponibili su più fronti. C’è bisogno di uno sforzo importante”.
Dovendo raccogliere tante informazioni da n. diversi punti della catena, uno degli abilitatori di base per l’innovazione è il Cloud che per sua natura dà la possibilità di attingere a risorse, soluzioni, applicazioni e sicurezza per trarre valore dalle informazioni nascoste nei dati. Entrando nel verticale, l’Internet of Things permette di prelevare informazioni dal mondo fisico attraverso i sensori, ricostruire nel dominio digitale lo scenario e da qui fare previsioni o predizioni con il supporto dell’Intelligenza Artificiale riguardo i fenomeni che possono andarsi a verificare. La Blockchain a sua volta permette di costruire una catena di trust e trasparenza sulla provenienza e sui processi di lavorazione e contribuisce ad affrontare i temi della tutela e della valorizzazione. “La combinazione di queste tecnologie – conclude Marchetti – possono aiutarci a costruire casi applicativi pratici e possono permettere la creazione di progetti di filiera e di ecosistema abilitati da tecnologie digitali”.
“Anche dal nostro punto di vista, – prende la parola Chiara Corbo, Direttrice Osservatorio Smart AgriFood Politecnico di Milano – l’innovazione digitale è collegata al tema dei dati e ai sistemi di raccolta ed elaborazione e la valorizzazione dei progetti di innovazione digitale deve essere evidenziata su tutta la filiera fino al consumatore con ricadute anche su tracciabilità e sicurezza alimentare nella duplice accezione di food safety e food security. Gli agricoltori sono ben consapevoli dell’impatto digitale sulla sostenibilità: in termini di riduzione dell’utilizzo di input e miglioramento della biodiversità del suolo”.
La tecnologia va adattata al territorio e messa in campo
“E di fronte alla importanza dell’agricoltura di precisione per la sostenibilità, abbiamo bisogno che questa sappia assecondare le caratteristiche del nostro sistema agricolo nazionale. Servono tecnologie che intervengano sulla peculiarità del nostro sistema produttivo” sottolinea Carmelo Troccoli, Direttore Generale Fondazione Campagna Amica.
“Possiamo immaginare tutta la tecnologia che vogliamo, – prosegue Troccoli – ma se le aree rurali rimangono affette da un deficit di banda larga come quello che abbiamo ancora nel nostro paese rischiamo di abbandonare a sé stessa la parte della produzione primaria che sta facendo un enorme balzo in avanti in termini di innovazione e sostenibilità ma che ha bisogno di essere accompagnata in questo senso.
Sono ancora tante le aziende che hanno difficoltà ad accedere a tecnologie digitali proprio per il deficit di banda larga che ancora esiste in maniera profonda nelle aree rurali e nel sud del nostro Paese. Occorre una collaborazione sempre più stretta tra chi porta innovazione e chi la implementa e la “mette in campo”.
In questo senso un ruolo chiave, è svolto dall’IoT che inizia diffondersi in modo molto significativo e che genera dati preziosi non più solo per le singole imprese, ma per le filiere di appartenenza e per alimentare soluzioni di AI che consentono di attivare logiche data driven a beneficio di efficienza, qualità, sicurezza alimentare e non ultimo, per la riduzione degli sprechi.
Ma un ruolo sempre più importante può essere svolto dal 5G da una parte e dalla Blockchain dall’altra per i temi della copertura territoriale sempre più vasta e raffinata e per la grande sfida della tracciabilità e dell’identità digitale dei prodotti. Su questo ultimo punto, è arrivato il contributo del Poligrafico e Zecca dello Stato di cui parliamo di seguito.
Identità dei prodotti e delle materie prime: un asset di filiera che va valorizzato con il digitale
Le eccellenze agroalimentari italiane sono apprezzate in tutto il mondo per varietà e qualità, elemento chiave di promozione del paese, e motore principale dell’economia nazionale. Nel 2021 l’export agroalimentare italiano ha sfondato il tetto dei 50 miliardi di euro. Ma, anche per un mercato di eccellenza come quello del Made in Italy, ci sono minacce costanti come quelle dell’Italian sounding e delle contraffazioni e la sfida per il digitale è quella di mettere a disposizione nuovi strumenti di difesam ma ancor di più di valorizzazione.
L’Italia è uno dei paesi che più di altri ha bisogno di proteggere i propri prodotti e necessita di una carta d’identità per seguire e presentare i prodotti nel loro percorso sui mercati e garantire a consumatori e imprese maggiori certezze sulla provenienza e sulla qualità. Qui si inserisce il Passaporto Digitale, la soluzione di anticontraffazione e tracciabilità che l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano ha sviluppato nel 2018 per tutelare le produzioni agroalimentari italiane, rafforzare le garanzie al consumatore e la competitività delle imprese a beneficio delle politiche di qualità, salute e sicurezza.
“Per noi è importante salvaguardare la concorrenza leale dei produttori e tutelare la salute dei consumatori, diventati ormai esigenti in termini di sicurezza e trasparenza nei prodotti che acquista: questi sono i punti cardine su cui abbiamo costruito il progetto Passaporto Digitale con l’obiettivo di fornire a tutti i beni di qualità certificata tramite un sistema che ne consente una identificazione univoca, la corretta tracciabilità e la riconoscibilità dell’origine del prodotto” racconta Luca Sciascia, Responsabile Soluzioni Anticontraffazione e Tracciabilità presso Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano.
Il Passaporto Digitale è composto da un marcatore fisico costruito con elementi di sicurezza per la verifica dell’autenticità del bene; da un sistema di tracciabilità digitale che consente di fornire informazioni fondamentali a chi effettua controlli igenico-sanitari o a chi deve verificare gli adempimenti indicati nel disciplinare di produzione e naturalmente per fornire la visione corretta e completa sul prodotto al consumatore. Ma il Passaporto è anche uno strumento per interagire con la filiera e per valorizzare le best practices legate ai prodotti di qualità. L’accesso alle informazioni tramite l’app gratuita Trust your food si configura anche come uno strumento di comunicazione e di valorizzazione di un ricchissimo patrimonio informativo enograstronomico e culturale.
Si tratta insomma di far evolvere il valore di un prodotto estendendolo a quello della sua intera filiera e introdurre, così, il concetto di “identità di filiera” per una sostenibilità concreta, misurabile e certificata.
Alla base dell’innovazione, un’infrastruttura sicura di accesso ai dati
Uno dei temi chiave del white paper è nel ruolo di una innovazione digitale che sia infrastrutturale, che superi le logiche a silos e che permetta a tutti gli attori di generare nuovo valore.
“I dati hanno un ruolo cruciale come fattore abilitante di tante forme di innovazione. Questi dati devono essere trasformati in informazioni utili e per poterli sfruttare al meglio necessitiamo di infrastrutture che rendano i dati disponibili e verificabili in tempo reale” afferma Riccardo Castellana, Coordinatore GdL Agroalimentare di Confindustria Digitale “E se ci affidiamo ai dati per innovare prodotti e cicli produttivi, – continua Castellana – dobbiamo disporre di infrastrutture abilitanti che forniscano anche certezze sulla sicurezza di questi dati. L’importanza dell’infrastruttura di sostegno alla trasformazione è paritetica a quella dell’innovazione dei processi o delle soluzioni tecnologiche che si possono proporre ai vari attori che compongono la filiera”.
Sul tema delle infrastrutture, si esprime anche Agostino Santoni, Presidente di Confindustria Digitale “Se è vero che l’industria agroalimentare rappresenta una filiera fortemente distribuita e frammentata, più fortemente investiamo sulle infrastrutture più queste diventano un fattore abilitante per accelerare il percorso di digitalizzazione. Questa filiera è complicata per il digitale perché fortemente frammentata e scalare su tutto il territorio e le imprese, rimane una materia molto complicata. Una delle grandi sfide una volta consolidata l’infrastruttura, è nella capacità di indirizzare programmi specifici basati sul digitale per coprire al 100% una filiera fortemente presente su tutto il territorio. E il vero tema – riflette Santoni – è nella necessità di riuscire a scalare e a portare soluzioni e innovazione su tutto il paese”.
Partire dalla formazione per costruire una via italiana all’innovazione
In un settore che vede nel dato la strada maestra per unire sostenibilità, qualità e competitività resta ancora debole la cultura del dato che emerge nella necessità aumentare le competenze, di diffondere una formazione adeguata a sfruttare veramente tutte le potenzialità del digitale mettendole in stretta connessione con le competenze e le potenzialità di settore. Si sente l’esigenza di una formazione che sappia unire i due valori, dell’innovazione digitale e delle best practices del Made in Italy.
Lo ribadisce Agostino Santoni “L’economia del talento, è una delle tre priorità insieme a infrastrutture e tecnologie, a cui dobbiamo assolvere tutti insieme. Per un paese più competitivo, inclusivo e sostenibile, la grande sfida è come scalare e portare soluzioni e innovazione su tutto il paese”.
“Se guardo al PNRR e alle opportunità del digitale e dell’agroalimentare, – prosegue Santoni – la più grande scarsità di risorse riguarda le persone con la capacità di ‘ripensare’ l’industria agroalimentare attraverso il digitale. Questa volta, la challenge è nella capacità di inserire programmi di formazione digitale nel percorso specifico di chi si occupa di agroalimentare sia negli istituti tecnici che nelle università, per far sì che il digitale sia sempre presente. Ma non il digitale per il digitale, quanto il digitale per le esigenze dell’industria agrifood”.
E ora è il momento giusto per farlo perché, spiega Santoni, c’è una combinazione prima non evidente: da un lato la consapevolezza e la convinzione dei consumatori che ora non solo lo desiderano, ma lo richiedono; dall’altro la disponibilità delle risorse, a eccezione delle competenze che invece vanno sviluppate. “Con questi due grandi acceleratori dobbiamo aggiornare il sistema operativo per assicurare un nuovo futuro all’industria agroalimentare così importante per il nostro paese” conclude Santoni.
Inoltre, il Made in Italy è un valore che può andare oltre il valore dei prodotti e dei processi e comprendere anche la qualità del modo di fare innovazione con lo sviluppo di una possibile via italiana all’innovazione digitale nell’agroalimentare e di sviluppo di buone pratiche di innovazione Made in Italy.
“Poter contare su proprie risorse e criteri di innovazione su cui costruire una via di crescita italiana a prescindere da condizioni di contorno, che in questo mondo così interconnesso e globalizzato sono imprevedibili, è cruciale” spiega Riccardo Castellana di Confindustria Digitale “È un invito alle varie associazioni, consorzi di fare della pubblicità sull’uso delle nuove tecnologie. Ci sono tesori nascosti, soprattutto dati, che chi è all’inizio della filiera magari non sa neanche di avere tra le mani. Ci sono università che stanno portando avanti studi dove l’analisi di questi dati anche a livello statistico comporta miglioramenti sulle attività di allevamento e sull’agricoltura di precisione. La necessità di portare innovazione deve essere legata allo sforzo di tutti gli attori – compresi università e associazioni – di diffondere la consapevolezza sulle possibilità che le nuove tecnologie offrono“.
La necessità di un ruolo più pragmatico dell’industria digitale
È Giovanni Sorlini, Direttore Qualità, Ambiente e Sviluppo Sostenibile di INALCA e membro del Comitato – tecnico scientifico del Cluster CL.A.N. ad evidenziare la necessità di un ruolo più pragmatico dell’industria digitale: questo significa entrare nei processi delle aziende, conoscerne i prodotti, vivere la dimensione aziendale, e quindi, rispondere alle aspettative di una “consulenza” sul ruolo dell’innovazione prima ancora che una proposta di tecnologie.
“Le industrie innovative – osserva Sorlini – devono porsi come ‘ascoltatori attenti e competenti‘ per calibrare il progetto sugli obiettivi dell’azienda agricola. Infatti, proprio per la mancanza di ascolto, non sempre i progetti di digitalizzazione di determinate supply chain portano all’aumento di valore del sistema nel complesso. Spesso iniziative virtuose non arrivano a terra in un progetto di reale percezione del valore del consumatore o dell’azienda, fermandosi ad un generico Made in Italy”.
“A mio parere – continua Sorlini – ogni progetto di digitalizzazione in un contesto integrato deve nascere da un’idea comunicativa precisa. Passare dal dato all’informazione è un salto quantico. Se non si ha idea di una comunicazione che scaldi il freddo dato, il freddo sistema digitale che deve garantire sicurezza si rischia di fare tanta fatica e ottenere poco a livello di valore”.
La sfida, infatti, è quella di creare un valore che vada oltre la qualità specifica del prodotto venduto. Un valore che si identifichi con tematiche di benessere animale, lotta al climate change, uso responsabile di antibiotici, sicurezza dei lavoratori: queste sono tutte precondizioni su cui costruire catene digitali.
“Prima della scelta tecnologica, – ribadisce Sorlini – bisogna fare un data mining adeguato in allevamento e e per questo serve contare su capitale umano adeguato. Occorre essere in grado di superare le resistenze che si presentano a livello agricolo perché non sempre c’è il contesto organizzativo per capire in che misura il dato può diventare effettivamente valore”.
L’urgenza di una “consulenza sul ruolo dell’innovazione” per far comprendere il valore del dato
Ecco che, viste tutte queste premesse, il tema legato ai servizi e al ruolo che può e deve svolgere l’associazionismo agricolo deve trovare centralità: l’assistenza tradizionale legata al prodotto e alle soluzioni specifiche per il campo o per gli animali deve scalare e aiutare la comprensione, anche culturale, del valore del dato. Occorre andare oltre la tecnologia per capire in che forma di comunicazione/narrazione si collocano i dati e per comprendere come la trasformazione digitale permetta una trasformazione basata sulla conoscenza che si traduce in azioni sempre più precise per le imprese, nella gestione delle risorse ad esempio, nella riduzione dei rischi, nel controllo della qualità, nella capacità di tutelare e comunicare questi valori.
Occorre strutturare un framework condiviso a livello agricolo perché, come spiega Elio Catania, Consigliere del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, per la digitalizzazione non si prospetta un percorso facile, per le piccole dimensioni delle imprese, per la presenza di pochi capi filiera, per una innovazione ancora a macchia di leopardo, che caratterizzano ancora gran parte del paese, anche se ci sono eccellenze di innovazione mondiali, nel vino, nel caseario, nell’ortofrutta. Eccellenze importanti ma che sono ancora poche, anche se ci sono sicuramente le condizioni perché possano moltiplicarsi. una produzione fatta da imprenditori spesso medio piccoli con margini ristretti.
Anche Piero Gattoni, Presidente Consorzio Italiano Biogas sottolinea la necessità di riuscire a rappresentare e comunicare in modo chiaro le prospettive legate alla costruzione di un nuovo valore grazie alla digitalizzazione e la necessità di disporre di competenze adeguate per pilotare questa trasformazione.
Nello specifico, per Gattinoni, l’innovazione è la strada maestra per permettere alle imprese del settore agrifood di giocare un ruolo attivo e competitivo sui temi della sostenibilità. “Le aziende del Consorzio Italiano Biogas (CIB) sono un laboratorio a cielo aperto e con il progetto Farming for Future abbiamo individuato 10 azioni concrete con cui il primario può ridurre le emissioni del 30% entro il 2030”.
Passare alla digitalizzazione per Gattoni non è solo un modo per migliorare l’impatto ambientale, ma anche un modo per sviluppare nuove forme di competitività e per rimanere sul mercato. “L’agricoltura può vivere una trasformazione fondamentale da ‘parte del problema del climate change’ a soluzione garantendo maggiore sicurezza nell’approvvigionamento dei beni primari. Il driver deve essere quello di Fare di più con Meno e possiamo dire che le aziende sono pronte a questo tipo di innovazione”.
Sostenibilità e resilienza, i perni su cui si giocherà il futuro dell’agroalimentare
Come accennavamo all’inizio, la pandemia prima e le tensioni geopolitiche ora, mettono in luce un problema nuovo e critico delle filiere: la loro resilienza, vale a dire la capacità di tenuta delle filiere, che diventa così requisito fondamentale per la tenuta del business. Di conseguenza, emerge la necessità di adottare un approccio olistico, una visione sistemica ai processi della filiera, che può far leva su un impiego diffuso delle tecnologie digitali.
Del resto, considerare la filiera agroalimentare nella sua globalità, e non solamente nei suoi segmenti, è il perno della nuova politica europea per la PAC (Politica Agricola Comunitaria), una vera e propria rivoluzione per i temi di sicurezza e sostenibilità nell’ambito del Green Deal europeo. E al concetto di filiera è legata l’intera filosofia del PNRR che destina 1.200 milioni euro al capitolo “Contratti di filiera e di distretto” ponendosi l’obiettivo di ridurre l’utilizzo di fitofarmaci; potenziare l’agricoltura biologica; ridurre perdite e sprechi alimentari.
“Abbiamo ben compreso il ruolo e l’importanza nel sistema produttivo nazionale dell’industria agroalimentare. Il settore primario del nostro paese è il primo in Europa per valore aggiunto. E ora il sistema agrifood è sottoposto alla grande sfida che si muove lungo gli assi della sostenibilità ambientale e della trasformazione digitale, su cui l’Europa si sta giocando la sua policy di sviluppo e di crescita nei prossimi anni – testimonia Elio Catania – Ma affinché questo possa avvenire è fondamentale diffondere e consolidare il concetto di filiera di cui l’agrifood ha bisogno: questo significa integrare i sistemi produttivi dal campo alla tavola portandoli al next level per competere, essere più efficienti e valorizzare i brand del made in Italy” .
Sostenibilità e resilienza saranno probabilmente i perni su cui si giocherà il futuro prossimo dell’agroalimentare; il Made in Italy, da solo, potrebbe non essere più sufficiente a sostenere i prodotti nazionali sui mercati esteri e l’Italia stessa è a sua volta chiamata svolgere un ruolo speciale in termini di capacità di interpretare e declinare l’innovazione digitale.
Sul tavolo del futuro dell’agroalimentare, anzi dei sistemi agroalimentari del pianeta se ne è parlato anche a settembre al G20 di Firenze quando è stata sottoscritta la Carta della Sostenibilità dei Regimi Alimentari, ponendo l’Italia nella condizione potenziale di “guidare” il processo se gli strumenti forniti dalla Missione 2 – dedicata alla Rivoluzione verde e transizione ecologica – del PNRR saranno utilizzati opportunamente.
Ma, come abbiamo constatato finora, si avverte l’esigenza di un ruolo dell’industria dell’innovazione digitale più vicino alle imprese, in grado non solo di portare tecnologie e soluzioni ma di condividere la conoscenza dei processi, l’innovazione di prodotto, la capacità di ripensare le logiche legate alla gestione delle risorse. Di fare propria la responsabilità nell’identificazione di nuove strade per raggiungere obiettivi di sostenibilità. Non mancano certo le tecnologie e le soluzioni, ma serve accompagnarne e facilitarne l’adozione e più ancora serve favorire una cultura del dato che entri a far parte in modo integrato e inscindibile della cultura del settore primario.
“Le tecnologie ci sono, ma occorre scaricare a terra questa capacità di innovazione. È ancora bassa la capacità recettiva del singolo operatore, mentre può essere alta quella delle organizzazioni che rappresentano le imprese, nel senso di grandi confederazioni e alleanze cooperative che possono svolgere un ruolo fondamentale per dialogare, amplificare e rilanciare le opportunità ai piccoli agricoltori” afferma il Consigliere del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
La trasformazione dell’agroalimentare: il ruolo del PNRR e delle istituzioni
Come ampiamente descritto nel white paper, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si pone l’obiettivo duplice di riparare i danni economici e sociali arrecati dalla crisi pandemica nonché di affrontare in maniera strutturale le principali cause di ritardo nello sviluppo del Paese, dalla crisi di produttività, ai divari territoriali, alle disparità di genere fino agli scarsi investimenti in capitali fisico e umano. Per farlo, associa a programmi di investimento una serie di riforme strutturali che entro il 2026 dovrebbero consentire al Paese di agganciare in maniera credibile, continuativa e sostenuta un sentiero di crescita economica e di sviluppo sociale e culturale.
Nella Missione 2, Componente 1 si cita espressamente l’obiettivo di “sviluppare una filiera agricola/ alimentare smart e sostenibile, riducendo l’impatto ambientale in una delle eccellenze italiane, tramite supply chain verdi” a cui il Piano destina nel complesso 6,8 miliardi di euro.
Tra le linee di sviluppo anche la logistica – a cui il PNRR destina 800 milioni di euro – con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale; potenziare l’export delle PMI; migliorare la logistica dei mercati alimentari all’ingrosso; ridurre le emissioni dovute al trasporto e alla logistica nel settore agroalimentare mediante l’utilizzo di sistemi di trasporto e veicoli elettrici e promuovere la digitalizzazione del settore e l’utilizzo delle energie rinnovabili.
In questo senso, le aspettative verso la trasformazione che ci si aspetta dal PNRR sono molto alte e stabiliscono una forte connessione tra mondo digitale, sostenibilità e agroalimentare. Questo significa rispondere alle sfide del climate change, della lotta agli sprechi e della povertà alimentare, innovando i processi produttivi.
Il digitale come fattore abilitante non più solo per l’innovazione del settore agroalimentare ma per una trasformazione in grado di unire i temi legati alla sostenibilità e alla gestione delle risorse, agli obiettivi fondamentali legati alla sicurezza alimentare, alla possibilità di garantire cibo di qualità e rispetto della biodiversità, ma che permette anche di percorrere nuove strade, come nella diversificazione delle attività nel comparto dell’energia e delle rinnovabili.
“Come governo – prosegue Catania – si lavora sulle policy con un grandissimo impegno. Ad agosto abbiamo avuto una tranche importante di risorse, 26 miliardi sulle infrastrutture ferroviarie, adesso stanno arrivando gli altri assegni da 30-40 miliardi che allocheremo nel sistema produttivo, manifatturiero e agricolo. I contratti di filiera erogati andranno nella direzione di cui stiamo. Anche con 800 milioni di euro sulla logistica”.
In definitiva, la policy c’è, le politiche europee vanno in questa direzione, “ma – come conclude Catania – serve anche una grande opera di comunicazione verso gli operatori con un impegno comune che metta il digitale in relazione sempre più stretta con le imprese e con i territori”.
Grazie ai dati, l’Agrifood cementa quella integrazione auspicata dal Farm-to-Fork e nelle progettualità del PNRR
Abbiamo visto quante sono e soprattutto quante possono essere le opportunità legate al ruolo del digitale, accompagnate peraltro da criticità sulle quali occorre lavorare a livello di istituzioni e imprese per favorire una maggiore diffusione dell’innovazione sia per aumentare la competitività del settore agroalimentare nel suo complesso, sia per permettergli di rispondere alla domanda di sostenibilità che caratterizza sempre di più i mercati nazionale a internazionale.
Lo scorso anno in pochi mesi abbiamo avuto la Carta di Firenze dell’agricoltura sostenibile e COP26 dove abbiamo visto quanto sia importante il contributo che l’agricoltura può dare al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità, sia in forma diretta con una ottimizzazione delle risorse necessarie alla produzione, sia in forma indiretta.
In questo scenario, la sostenibilità appare come un obiettivo che si deve raggiungere aumentando la capacità produttiva, migliorando la sicurezza, offrendo garanzie e certificazioni di una maggiore qualità. Per questo, l’approccio all’agrifood deve unire la capacità di rispondere alle emergenze ambientali e, grazie al digitale, costruire un rapporto più responsabile verso l’utilizzo di tutte le risorse necessarie alla produzione sia quelle che hanno un impatto diretto sia quelle che attengono al consumo, avendo la capacità ad esempio di ridurre e azzerare lo spreco alimentare.
Il digitale appare infatti nello stesso tempo fondamentale anche per stimolare e indirizzare non solo una Produzione Sostenibile ma anche una Domanda Sostenibile, ovvero una trasformazione dei regimi alimentari e dei modelli di consumo. In una prospettiva che porta anche questo comparto a riflettere e attuare su logiche di tipo End to End.
E la prospettiva che prende forma, sia per i contributi che emergono dal white paper, sia per le posizioni dei partecipanti alla tavola rotonda è anche quella di un sistema agroalimentare che è sempre più orientato ai dati e che proprio grazie ai dati ha la possibilità di costruire e cementare quella integrazione auspicata anche dal programma Farm-to-Fork che sta al centro dell’European Green Deal e che si riflette anche nelle progettualità del PNRR.
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