Con un valore di 575 miliardi di euro nel 2021 e un aumento del 7% rispetto all’anno precedente nonostante le difficoltà legate alla pandemia, il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti diffusa in occasione del Cibus 2022, il salone internazionale dell’agroalimentare a Parma.
Il Made in Italy vale oggi quasi un quarto del PIL nazionale e, dal campo alla tavola, vede impegnati 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Una rete diffusa lungo tutto il territorio che quotidianamente rifornisce i consumatori italiani, anche in situazioni emergenziali, come è successo durante la pandemia e succede ora con la guerra.
Un altro dato positivo arriva dalle esportazioni alimentari che, con un balzo del 21,6% nei primi due mesi del 2022 segnano un altro aumento sul record annuale di 52 miliardi fatto registrare nel 2021, anche se a preoccupare sono gli effetti del conflitto in Ucraina con i rincari energetici stanno colpendo i consumi a livello globale, secondo l’analisi della Coldiretti sui dati Istat sul commercio estero.
Per non parlare del costante aumento in frequenza e catastrofismo di sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che causano danni e feriti in campagna e in città oltre a costare all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro in un decennio tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne.
“Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia deve difendere il patrimonio agricolo e la disponibilità di terra fertile puntando a una forma di sovranità alimentare con i progetti del PNRR” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “l’importanza di lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali”.
Record storico per l’export anche nel 2022
In Germania, principale mercato dei cibi e bevande italiane, si segnala un aumento nel bimestre dell’11,1%; mentre negli Stati Uniti che si classificano al secondo posto la crescita è del 21,9%; e in Francia che chiude il podio del 17,9%. Un vero boom si è verificato nel Regno Unito con un +39,5% nonostante la Brexit, ma preoccupa il crollo del 29,5% in Cina dovuto probabilmente anche alle conseguenze della pandemia Covid.
Alla base del successo del Made in Italy c’è un’agricoltura che è diventata la più green d’Europa con la leadership Ue nel biologico con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali e Campagna Amica, la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori.
Il pesante deficit produttivo e la concorrenza sleale
Il Belpaese è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.
Tuttavia, l’Italia è un Paese deficitario che importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, ma anche il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale.
“L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che continua “Occorre avversare ogni tentativo di ridurre gli standard di sicurezza, a partire da pericolose deroghe ai prodotti contaminati con principi chimici vietati perché pericolosi. Preoccupa il fatto che in Italia sia stato consentito di non indicare nelle etichette degli alimenti la provenienza degli olii di semi indicati, mettendo a rischio la trasparenza dell’informazione ai consumatori”.
La lotta al climate change
A tutto ciò, si aggiunge l’incremento del +29% degli eventi climatici estremi in Italia tra nubifragi, trombe d’aria e grandinate che hanno causato danni e feriti in campagna e in città oltre a costare all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro in un decennio tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne.
E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dell’European Severe Weather Database (Eswd) sui primi quattro mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno in riferimento all’allarme lanciato nell’ultimo Global Assessment Report 2022 dell’Onu con il mondo che dovrà affrontare circa 560 disastri ogni anno entro il 2030.
Il cambiamento climatico è reso evidente dalla tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. Tanto che in Italia la temperatura del 2022 è stata più alta di +0,07 gradi secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr relativi ai primi tre mesi dell’anno che evidenziano peraltro che al Nord l’anomalia è stata di ben +0,59 gradi.
Prandini evidenzia l’urgenza di “investire per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.