Smart Agrifood e sostenibilità

Dalle biotecnologie all’agrifood: innovazione e sostenibilità per il mondo agroalimentare

Unire la competenza, l’esperienza e la conoscenza degli agricoltori con la capacità del digitale di aumentare e amplificare questa conoscenza: i progetti, il percorso di studio e ricerca per la smart agrifood del professor Danilo Demarchi del Politecnico di Torino

Pubblicato il 21 Mag 2023

Danilo Demarchi, direttore del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni (DET) del Politecnico di Torino

C’è un filo rosso, ma sarebbe più giusto usare il colore verde, che unisce il mondo della biologia molecolare con quello dell’Agricoltura 4.0. La “corrente” che circola in questo filo è quella dell’innovazione e segna una parte importante del percorso di studio e di ricerca del Professor Danilo Demarchi del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni (DET) del Politecnico di Torino. Un filo, peraltro, che unisce la ricerca applicata in campo biomedicale con la ricerca applicata dedicata al settore primario nel segno di una innovazione al servizio della salute e della sostenibilità.

Dal biomedicale all’agricoltura

“Ho iniziato con un dottorato di ricerca all’ospedale dei bambini di Philadelphia, – spiega entrando subito in tema – dove ho lavorato sulle tecniche della biologia molecolare, per poi proseguire il lavoro e la docenza in ambito biomedico”. Una esperienza e un comparto di ricerca che ha svolto e svolge tuttora un ruolo fondamentale. “Ad oggi, se si pesa l’impegno del nostro gruppo di lavoro – sottolinea – la ricerca orientata allo sviluppo di applicazioni biomediche resta ancora preponderante ed è focalizzata su strumenti, sensoristica Internet of things, wearable, impiantabili”. Una ricerca, tuttavia, che nel 2017 ha aperto nuove strade e “mi ha portato a sperimentare la possibilità di ottenere anche nell’agrifood quella capacità di conoscenza che avevamo raggiunto nel biomedicale”.

Una spinta questa che Demarchi fa risalire agli stimoli emersi in occasione di un convegno internazionale sull’ingegneria elettronica per la biomedicina (IEEE BioCAS 2017),  all’interno del quale aveva  organizzato per la prima volta, come evento satellite, il workshop FoodCAS, (Circuits and Systems for Better Quality Food). Grazie a questa progettualità si è potuto dimostrare come le tecnologie elettroniche e in particolare l’Internet of Things, così importanti nell’ambito biomedico per lo studio del comportamento umano, possano portare vantaggi altrettanto straordinari nello studio del comportamento del mondo della natura.

Sempre con questo progetto ha poi preso vita un percorso di studio e di ricerca che comprende lo sviluppo di sensoristica, la raccolta e la trasmissione dati, la gestione di analytics, la creazione di interfacce per il mondo agrifood. “In questa ricerca – prosegue – ci avvaliamo di prodotti e soluzioni già disponibili sul mercato che individuiamo e selezioniamo grazie a un lavoro di scouting, a cui uniamo anche una attività di sviluppo interno, allo scopo di creare soluzioni dedicate e personalizzate”.

La ricerca si concretizza inoltre in attività di innovazione su diversi livelli: dalla ottimizzazione della data collection alla creazione di algoritmi per addestrare i dati, dalla progettazione di dashboard per rendere gli analytics sempre più fruibili a soluzioni di intelligenza artificiale.

 

Let the plants do the talking

“Premesso che abbiamo scelto strategicamente di posizionare il nostro lavoro primariamente sulla fase iniziale della filiera agroalimentare – spiega -, ovvero sulle attività in “campo”, il primo obiettivo che ci siamo dati con questo percorso è quello di concentrare l’attenzione sul monitoraggio della salute delle piante e delle coltivazioni. In questo obiettivo ci sta la scelta di considerare l’imprenditore agricolo come il nostro interlocutore primario. A queste figure ci rivolgiamo con l’obiettivo di mettere a disposizione soluzioni digitali in grado di rappresentare un vero e proprio supporto alle decisioni con le quali aumentare e amplificare il valore della propria competenza”.

Demarchi sottolinea poi la convinzione che il digitale debba offrire ai contadini la possibilità di conoscere con la massima precisione cosa succede nei loro campi e usa un’espressione: “let the plants  do the talking”, un invito molto pragmatico all’agricoltore: “fatti dire dalla pianta come sta”. In questa comunicazione “dalle piante” entra in gioco la capacità di unire diverse fonti dati e diversi “punti di osservazione” che permettono di aumentare enormemente la capacità di conoscenza. Accanto alla sensoristica ambientale, “vicina” alle piante, ci sono altri strumenti che “fanno parlare” anche i territori, come le analisi da videocamere, come le fonti dati satellitari, come i dati meteo, le rilevazioni relative alla qualità dell’aria, etc.

Le tecnologie che osservano “da remoto” consegnano tantissime informazioni che diventano precise e sicure nel momento in cui sono in relazione con quelle che arrivano dalla sensoristica territoriale con la quale si va a “tastare il polso” alle colture.

“Non possiamo non considerare poi che qualsiasi pianta è un tutt’uno col suolo – aggiunge – e non si possono scindere questi due aspetti. Per questo lavoriamo sia sulla relazione dei dati relativi alla pianta sia su quelli che qualificano lo stato di salute del suolo. A questo scopo abbiamo sviluppato applicazioni e sistemi elettronici multi-sensoriali per leggere e analizzare la situazione della pianta, della coltivazione e del suolo.

Affrontare la siccità (anche) con l’irrigazione di precisione

Accanto al progetto legato al monitoraggio dello stato di salute delle coltivazioni è stato avviato un altro progetto che si pone l’obiettivo di intervenire su un fattore di produzione di estrema importanza come l’irrigazione. L’obiettivo è quello di garantire la migliore gestione possibile di una risorsa sempre più scarsa come l’acqua nel massimo rispetto della qualità delle coltivazioni.

Grazie alle informazioni sullo stato di salute delle piante e sulla qualità del suolo, a cui uniamo i dati relativi alle condizioni climatiche e metereologiche, possiamo gestire al meglio l’irrigazione evitando qualsiasi spreco fornendo indicazioni molto precise sul “quando, quanto, come e dove” irrigare.

Il progetto è arrivato al suo secondo anno con risultati estremamente positivi che dimostrano concretamente la possibilità di risparmiare acqua aumentando la qualità del raccolto.  Il principio di base anche di questo progetto è fondamentalmente quello di imparare dai coltivatori, di aumentare e amplificare il valore della loro esperienza, della conoscenza dei territori, delle best practices consolidate in tanti anni.

Dalla riduzione di ogni spreco alla sostenibilità

L’altro grande valore aggiunto di questo percorso fa riferimento alla possibilità di incidere, grazie a queste decisioni sull’utilizzo delle risorse e sulla riduzione di ogni spreco, non solo sulla qualità dei prodotti, ma anche sull’impatto ambientale e dunque sulla sostenibilità. Un fattore che comprende anche tutti i temi legati al monitoraggio nell’utilizzo delle risorse stesse e alla misurabilità di questi processi.

Grazie anche a questo percorso il professor Demarchi, in collaborazione con altri colleghi del Politecnico di Torino, ha avviato la nuova laurea in AgriTech Engineering. Una laurea che è in questo momento (maggio 2023 n.d.r.) in attesa della validazione finale del Ministero dell’Istruzione del Merito. “Si tratta di un percorso formativo – spiega – che va incontro alle esigenze di tante aziende alla ricerca di tecnici in grado di adottare e favorire l’utilizzo efficace delle tecnologie digitali in questi settori. Un corso di laurea basato su competenze sempre più integrate: dall’IoT alla meccanica, dalla chimica organica alla gestione delle acque, dall’agraria alle normative”.

La prospettiva di studio e di lavoro è stata impostata anche in funzione della lettura del mercato, in ragione delle possibilità che tante progettualità si possano effettivamente concretizzare in termini di disponibilità di sensoristica, di piattaforme, di servizi digitali. “Esistono già soluzioni che, come ad esempio negli Stati Uniti, sono state adottate da aziende agricole di grandi dimensioni che hanno potuto permettersi di approcciare soluzioni importanti anche dal punto di vista degli investimenti economici. Dobbiamo però osservare che questa è “una situazione eccezionale”. Se si pensa che la stragrande maggioranza dei produttori agricoli nel mondo è attiva su una superficie che arriva mediamente ai due ettari appare evidente che occorre un approccio diverso. Abbiamo riflettuto sul fatto che molte delle tecnologie che fino ad oggi sono state sviluppate sono poco sostenibili dal punto di vista economico.

Il parallelo tra mondo biomedicale e mondo agrifood

Qui entra in gioco il parallelo con il mondo biomedicale. Nel mondo della medicina i dispositivi digitali hanno come presupposto la necessità di essere ingenegnerizzati con logiche di basso consumo e di ottimizzazione di tutte le procedure di alimentazione elettrica. È esattamente la stessa necessità che riscontriamo nel mondo agricolo, dove non ci può permettere di “seminare” sensoristica che poi richiede interventi di sostituzione delle batterie. Ci sono temi legati alla gestione che amplificano i costi e le problematiche di gestione. Da qui l’importanza di una innovazione che sia in grado di fornire sistemi alimentati con energia rinnovabile e con il minor impegno possibile in termini di manutenzione.

Accanto a questo aspetto occorre sottolineare che certe tecnologie biomediche hanno beneficiato di un importante progresso anche per il fatto che il costo in questo settore è importante, ma non rappresenta un ostacolo insormontabile. Si tratta di un settore che per tante ragioni è in grado di accettare e gestire anche soluzioni con costi di un certo importo. In agricoltura la situazione è diversa. Se si deve monitorare un campo, il ritorno economico in termini di generazione di valore non è così alto da consentire di affrontare investimenti in tecnologie che implicano una ampia diffusione. Con le tecnologie attuali una impresa agricola con piantagioni, ad esempio, di mele, potrebbe fare fatica a posizionare un sensore per ogni pianta. Oggi alcuni sensori hanno un costo che supera i 100 €, il ROI relativo alla copertura di una intera piantagione può essere difficile da affrontare. Lo scenario sta però cambiando, iniziano ad esserci sul mercato soluzioni più accessibili, con una sensoristica più flessibile. Siamo davanti a un momento di svolta, ovvero iniziamo ad avere le tecnologie giuste per risolvere questi problemi e ci sono le condizioni per unire le due sostenibilità: quella ambientale e quella economica.

Dalla sostenibilità ambientale alla capacità di aumentare la sicurezza delle catene di fornitura agroalimentari

Un’ultima considerazione sui fenomeni estremi legati ai cambiamenti climatici che si stanno moltiplicando e che oggi sono ancora largamente imprevedibili. Nel lungo termine, se si hanno dati a disposizione, si aumenta la capacità di previsione e si possono definire dei modelli di gestione del rischio.  Non solo, ma più è accurata la qualità delle informazioni sulle piante e più è accurata la qualità delle informazioni su come gestire i rischi che corrono e tanto più accurata sarà anche la capacità di prevedere la capacità produttiva. Il risultato finale di questo approccio è anche da valutare in termini di affidabilità di una azienda come produttrice rispetto al proprio mercato o rispetto a determinate catene di fornitura perché nel momento in cui si controlla il comportamento delle piante e la loro attività, ci sono elementi informativi per conoscere la capacità produttiva.

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