Analisi

Coldiretti lancia l’allarme: con il petrolio ai massimi storici, anche pesca e serre travolte dal caro energia

L’impennata dei costi energetici si ripercuote a valanga sui bilanci delle imprese agricole costrette a spegnere le serre di fiori e ortaggi, a lasciare le barche in banchina e a tagliare le concimazioni dei terreni con il raddoppio dei costi delle semine. Occorre colmare il gap infrastrutturale italiano e puntare su fonti energetiche green

Pubblicato il 08 Feb 2022

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Con l’esplosione dei costi energetici che rappresentano la voce principale dell’attività produttiva, il caro petrolio – arrivato a sfiorare i 90 dollari al barile – sta letteralmente bloccando i pescherecci italiani nei porti e spegnendo le serre di fiori e ortaggi, oltre a costringere gli agricoltori a tagliare le concimazioni dei terreni con il raddoppio dei costi delle semine. Del resto, secondo dati Enea, l’agroalimentare assorbe oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all’anno. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento al balzo dei prezzi di benzina e gasolio spinti dalla corsa delle quotazioni record dell’oro nero. Un tema rilevante a livello pubblico, come dimostra il discorso di reinsediamento alla camera del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Flotta nazionale in banchina e serre al collasso favoriscono le importazioni straniere

Secondo Impresapesca Coldiretti, l’aumento medio – nell’ultimo anno – del +67% del prezzo medio del gasolio sta affondando la flotta nazionale costretta a navigare in perdita o a tagliare le uscite, anche perché fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante. Con gli attuali ricavi, la maggior parte delle imprese di pesca non riesce a coprire nemmeno i costi energetici, oltre alle altre voci che gli armatori devono sostenere per la normale attività. Senza adeguate ed urgenti misure per calmierare il costo del carburante, ci si aspettano gravi ripercussioni sulla filiera e sull’occupazione per un settore che conta complessivamente 12mila imprese e 28mila lavoratori, e un vasto indotto collegato.

Lo scenario economico in cui sta navigando la flotta nazionale mette a rischio il prodotto ittico 100% Made in Italy favorendo invece quello straniero di importazione in una situazione in cui – osserva Coldiretti – gli italiani mangiano circa 28 chili di pesce all’anno, sopra la media europea anche se decisamente meno di altri Paesi con un’estensione di costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne consumano quasi 60 chili, praticamente il doppio.

L’aumento record dei costi energetici spegne anche le serre e mette a rischio il futuro di alcune delle produzioni più tipiche del florovivaismo nazionale, tra gli altri il ciclamino, il lilium o il ranuncolo. E se in altri settori si cerca di concentrare le operazioni colturali nelle ore di minor costo dell’energia elettrica – rileva Coldiretti -, le imprese florovivaistiche non possono interrompere le attività pena la morte delle piante o la mancata fioritura.  E chi non riesce e far fronte agli aumenti è così costretto a spegnere le serre e cercare di riconvertire la produzione. Un trend che pesa gravemente su un settore cardine per l’economia agricola nazionale che vale oltre 2,57 miliardi di euro, generati da 27.000 aziende florovivaistiche attive in Italia, con un indotto complessivo di 200.000 occupati.

La scomparsa dei fiori italiani dai mercati rischia peraltro di favorire le importazioni da Paesi stranieri che nel 2021 hanno già fatto registrare un aumento del 20% in valore, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno. Spesso si tratta di prodotti ottenuti dallo sfruttamento come nel caso delle rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti e i fiori dalla Colombia ed Ecuador dove ad essere penalizzate sono le donne.

A scontarne il prezzo è l’intera filiera agroalimentare

Ma in un Paese come l’Italia dove l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada l’aumento di benzina e gasolio ha un effetto valanga anche e soprattutto sulla spesa di famiglie e sui costi delle imprese (come avevamo discusso in questo servizio). A subire gli effetti dei rincari – sottolinea la Coldiretti – è l’intera filiera agroalimentare, dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione. Per le operazioni colturali gli agricoltori, sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le lavorazioni dei terreni, senza dimenticare che l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%).

L’aumento dei costi riguarda anche l’alimentazione del bestiame e i costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica (+72%) per i vasetti dei fiori alla banda stagnata per i barattoli (+60%), dal vetro (+40%) per i vasetti fino alla carta (+31%) per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi.

Servono infrastrutture per il trasporto merci e riserve energetiche sostenibili

Uno scenario già difficile è aggravato dal deficit logistico italiano per la carenza o la totale assenza di infrastrutture per il trasporto merci, che costa al nostro Paese oltre 13 miliardi di euro, con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea. In Italia, il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 €/km, più alto di nazioni come la Francia (1.08 €/km) e la Germania (1.04 €/ km), ma addirittura doppio se si considerano le realtà dell’Europa dell’Est: in Lettonia il costo dell’autotrasporto è di 0,60 €/km, in Romania 0.64 €/km; in Lituania 0,65 €/km, in Polonia 0.70 €/km secondo l’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga.

“In tale ottica serve un deciso intervento del Governo per alleggerire la bolletta energetica e non fermare un sistema strategico per garantire l’approvvigionamento alimentare, quanto accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che peraltro sottolinea “la necessità di cogliere le opportunità che vengono dall’economia circolare dotando il Paese di una riserva energetica sostenibile puntando sulla filiera del biometano agricolo da fonti rinnovabili nel quale l’agricoltura italiana è all’avanguardia, in linea con l’obiettivo previsto dal PNRR di arrivare a rappresentare il 10% del fabbisogno della rete del gas nazionale”.

Immagine fornita da Shutterstock

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