Con una produzione di 1,1 milioni di tonnellate nel 2023 e una superficie coltivata che supera i 300 mila ettari, l’Italia rappresenta il principale produttore europeo di semi di soia non OGM, oltre a costituire uno dei maggiori consumatori di farine di soia non OGM. Circa l’80% della soia viene utilizzata nel settore zootecnico, sottoforma di farine vegetali proteiche destinate all’alimentazione animale, fondamentali per l’approvvigionamento di diverse filiere agroalimentari come carni, salumi, latte e prodotti caseari. Dal processo di lavorazione di questi prodotti deriva però anche un sottoprodotto strutturale, l’olio di soia, che non ha impiego alimentare, ma interessanti applicazioni in ambito energetico, entrando a far parte di quegli Oli Vegetali Puri (OVP) che possono essere trasformati in bioliquidi e biocarburanti.
La soia italiana rappresenta dunque una materia prima strategica come fonte proteica per il settore agroalimentare ma anche come fonte di energia rinnovabile e sostenibile. Un settore con ampi margini di crescita e opportunità da sfruttare per il sistema agricolo nazionale, anche in relazione alla diffusione di tecniche agronomiche a minor impatto, e per le industrie a valle. Ma nonostante la crescita delle produzioni locali negli ultimi anni, Italia ed Europa restano cronicamente deficitarie di proteine vegetali e sono costrette ad importare circa 2/3 del proprio fabbisogno, stimato in 3,5 milioni di tonnellate.
Sostenibile e tracciabile, il progetto Cereal Docks per la coltivazione di soia
A guardare con interesse a questo tema è Cereal Docks, gruppo industriale italiano di riferimento nella prima trasformazione agroalimentare per la produzione di ingredienti (farine, oli, lecitine, farine gluten-free, farine precotte, grits) derivati da semi oleosi e cereali destinati ad applicazioni nei settori feed, food, pharma, cosmetic, usi tecnici ed energetici.
Con il Progetto 3 A+ Agricoltura, Alimentazione, Ambiente invita i 18 mila agricoltori conferenti diretti o indiretti a partecipare alla filiera nazionale della soia in secondo raccolto tracciata e sostenibile per cogliere le opportunità della diversificazione produttiva e i vantaggi derivanti da pratiche agronomiche più rispettose dell’ambiente e della fertilità del suolo.
Nello specifico, il Progetto 3A+ offre all’agricoltore una programmazione colturale attenta e una diversificazione produttiva per distribuire i rischi climatici e di mercato; la sicurezza di collocazione del raccolto; una premialità che si aggiunge al prezzo fissato. Rispetto a quest’ultimo punto, la soia in secondo raccolto dà la possibilità di accedere alla deroga temporanea del “set aside” e a tutte le premialità previste dalla nuova Pac 2023-2027.
Tecniche di semina innovative per un’agricoltura efficiente e a basse emissioni
Tecniche colturali come la semina diretta su sodo, la semina con Strip tillage o la semina con minima lavorazione riducono i costi colturali e le emissioni di CO2 senza compromettere le produzioni, anzi massimizzando la redditività dell’azienda agricola. Infatti, la riduzione della pressione della flora spontanea e della pressione fitopatologica specifica della soia favorisce una minor necessità di input chimici esterni. Mentre le ridotte necessità idriche di questa coltura mitigano la water footprint.
Applicare queste tecniche colturali è anche un modo per proteggere il suolo e migliorare la sua fertilità grazie all’effetto pacciamante dei residui culturali che consente anche di controllare l’erosione superficiale del terreno e contenere la perdita di umidità dal suolo per evaporazione.
Adottare tecniche come le minime lavorazioni consente di ridurre le emissioni di CO2 del 15-20% rispetto ai metodi convenzionali (stime GHG Calculation tool Biograce) e al contempo contribuire al sequestro di CO2 e fissazione del carbonio al suolo. L’agricoltura, attraverso pratiche come la diversificazione colturale e la rotazione delle colture, può svolgere un ruolo fondamentale anche nella conservazione della biodiversità, che a sua volta partecipa a mantenere gli ecosistemi agricoli in salute.
Un modello di filiera agroalimentare e agroenergetica integrata
Oltre a una fonte proteica strategica per tutto il comparto alimentare, l’olio di soia – circa il 18% del prodotto derivante dalla spremitura dei semi non ha finalità alimentari – rientra nella classificazione dei bioliquidi come Oli Vegetali Puri (OVP), ossia “oli prodotti a partire da piante oleaginose (soia, colza, girasole) mediante spremitura, estrazione, o procedimenti analoghi, greggi o raffinati ma chimicamente non modificati”. In Italia si producono circa 180.000 tonnellate annue di oli vegetali che costituiscono una fonte energetica rinnovabile, sostenibile (con un risparmio di emissioni di gas serra stimato tra il 55% e il 65%), stoccabile e Made in Italy.
La filiera nazionale agroenergetica dei bioliquidi OVP crea sinergie tra diversi settori economici: agricoltura, industria di prima trasformazione dei semi, industria mangimistica. La produzione agricola si integra con l’industria, che trasforma i semi in farine ed olio; le farine sono utilizzate per la produzione di mangimi destinati alla zootecnia; gli operatori elettrici impiegano l’olio vegetale per generare energia elettrica e termica. L’olio di soia ha un forte potenziale anche come materia prima per biocarburanti sostenibili, data la provenienza italiana ed europea da aree non soggette a deforestazione e può essere impiegato in purezza previa idrogenazione (HVO) nei mezzi pesanti omologati, contribuendo alla transizione sostenibile del comparto dei trasporti.
Ne consegue che oggi esistono le condizioni per creare un modello di filiera agroalimentare e agroenergetica integrata, basata in particolare sulla soia, una coltura che garantisce il giusto equilibrio fra la produzione destinata all’agroalimentare e quella per usi energetici, rafforzando la produzione nazionale e contribuendo al contrasto ai cambiamenti climatici grazie alle buone pratiche agronomiche.