Ambiente, le tecnologie 4.0 al servizio del riuso irriguo delle acque reflue

A condurre la sperimentazione nell’hinterland milanese è il gruppo Cap, grazie a un finanziamento UE da 5 milioni per la gestione integrata dei sistemi idrici. La soluzione è stata presentata alla Resource recovery conference di Iwa

Pubblicato il 07 Gen 2020

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Trasformare grazie all’innovazione tecnologica gli impianti di depurazione delle acque in bioraffinerie urbane, in modo da valorizzare i flussi di rifiuti, come le acque reflue e i residui organici, riutilizzandoli, minimizzando l’impatto ambientale e ricavandone nuove risorse, come biometano, calore, nutrienti come fosforo e azoto, compost, bioplastiche e fertilizzanti naturali. Nell’ambito di questa strategia, la “Digital Water City – leadin urban water management to its digital future” (Dwc) del programma europeo Horizon 2020, il gruppo Cap ha ricevuto un finanziamento da 5 milioni di euro per per potenziare con le tecnologie digitali 4.0 la gestione integrata dei sistemi idrici, nell’ambito di un progetto più ampio che in Italia vede la propria sperimentazione nell’hinterland milanese, ma che su scala comunitaria coinvolge anche Parigi, Berlino, Copenaghen e Sofia.     

A dimostrazione dell’importanza del progetto, inserito nel masterplan UE dell’economia circolare e su cui la commissione ha investito complessivamente 50 milioni, Gruppo Cap è stato invitato, come unica azienda italiana, a presentarlo durante la conferenza mondiale Resource Recovery Conference organizzata dall’International Water Association (Iwa) in qualità di “azienda chiave”.

La sperimentazione in Italia è in corso presso il depuratore di Peschiera Borromeo di Gruppo CAP, dove si stanno studiando e validando sul campo soluzioni digitali e tecnologiche per valutare e minimizzare il rischio nel riuso irriguo delle acque reflue trattate. Le soluzioni 4.0 del progetto permetteranno il monitoraggio continuo e il controllo costante della qualità delle acque trattate, nonché la possibilità di valutare in tempo reale e agire per promuovere la sostenibilità energetica e ambientale degli impianti di depurazione in ottica di economia circolare. 

Tutto questo è reso possibile da sensori multi-parametrici per monitorare e minimizzare il rischio di contaminazione nel riutilizzo dell’acqua, compresi quelli per la misurazione in tempo reale di batteri quali escherichia coli ed enterococchi, testati per la prima volta su un’operazione di riutilizzo in Europa. Un drone connesso a una rete di sensori monitorerà infine gli effetti dello stress idrico sul suolo e sull’atmosfera, mentre sarà analizzato e quantificato il nesso acqua-energia-cibo-clima in relazione a sistemi di trattamento e riutilizzo delle acque reflue. 

Il Dwc, coordinato dal Centro di Competenza sulle Acque di Berlino (Kwb), raggruppa 24 partner provenienti da 10 paesi europei, tra cui Gruppo Cap insieme all’Università Politecnica delle Marche, all’Università Statale di Milano e all’Istituto Superiore di Sanità, ed è coordinato dal professor Francesco Fatone, Università Politecnica delle Marche.

Obiettivo del progetto è di ridurre l’utilizzo di acqua potabile, a favore di un maggior consumo di acqua depurata per usi non domestici. Alcune sperimentazioni del sistema sono già in campo. E’ il caso ad esempio della Roggia Pizzabrasa a Pieve Emanuele, che ospita le acque trattate del depuratore di Rozzano, dove le aziende agricole possono utilizzare l’acqua depurata per approvvigionare le aziende agricole per l’irrigazione dei campi.

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