Le imprese dominanti sono diventate troppo grandi per nutrire l’umanità in modo sostenibile, troppo grandi per operare in condizioni eque con altri attori del sistema alimentare e troppo grandi per guidare i tipi di innovazione di cui abbiamo bisogno. È questa una delle conclusioni più interessanti a cui è giunto il Gruppo internazionale di esperti di sistemi alimentari sostenibili (Ipes–Food), che ha pubblicato un rapporto ad ampio raggio sul settore agroalimentare intitolato “Too Big to Feed: Exploring the Impacts of Mega-Margers, Consolidation and Concentration of Power in the Agri-Food Sector”. Un documento di 104 pagine che affronta il tema delle maxi operazioni M&A che hanno guidato il comparto negli ultimi anni, mettendo in evidenza alcune criticità strutturali e i relativi impatti sul futuro del mercato, con un focus particolare sul fronte dello sviluppo tecnologico guidato dai Big Data.
Gli esperti di Ipes-Food non esitano a parlare di un “consolidamento senza precedenti tra i sistemi alimentari”, risultato di decenni di fusioni e acquisizioni e di un’accelerazione importante a partire dal 2015. Il report ricorda la fusione da 130 miliardi di dollari tra i giganti agrochimici statunitensi Dow e DuPont, l’acquisto di Monsanto da parte di Bayer per 66 miliardi di dollari, l’acquisizione di Syngenta da parte di ChemChina per 43 miliardi di dollari e la prevista fusione con Sinochem nel 2018. Solo questi accordi, sottolinea il rapporto, concentreranno il 70% dell’industria agrochimica nelle mani di tre sole società risultanti dalle fusioni. E non si possono dimenticare la fusione tra le principali società canadesi di fertilizzanti Potash Corp. e Agrium, l’offerta di Kraft-Heinz per la lavorazione del gigante Unilever e l’acquisizione di Whole Foods Market da parte del rivenditore online Amazon, che stanno «spazzando via tutti i nodi della catena».
Il motore di queste operazioni resta di natura finanziaria: il ruolo sempre più incisivo degli attori finanziari è diventato un fattore decisivo che ha spinto il consolidamento delle imprese in vari settori, pressato da investitori che richiedono rimborsi più elevati e a breve termine. I livelli elevati e in rapido aumento di concentrazione nel settore agroalimentare, avverte l’Ipes-Food, «rafforzano il modello industriale alimentare e agricolo, esacerbandone le ripercussioni sociali e ambientali e aggravando gli squilibri di potere esistenti». La concentrazione consente poi alle imprese di mettere in comune il capitale economico e politico per «rafforzare la loro capacità di influenzare il processo decisionale a livello nazionale e internazionale e di difendere lo status quo».
Questo impatta però sul versante R&S, con la portata della ricerca e dell’innovazione che «si è ristretta man mano che le imprese dominanti hanno acquistato gli innovatori e spostato le risorse verso modalità di investimento più difensive». Tra gli obiettivi del consolidamento spiccano la cattura degli “effetti di rete” delle nuove tecnologie o delle tecnologie di controllo all’interno e tra i settori, nonché il «mantenimento di un sistema di accumulazione di capitale e di approvvigionamento a basso costo delle materie prime». Target raggiungibili che tuttavia rischiano di «compromettere la sostenibilità dei sistemi alimentari su più fronti». Dal punto di vista tecnologico, al di là delle tecnologie fisiche (droni) e scientifiche (editing genico) che stanno alla base del consolidamento del settore agroalimentare, la tecnologia dell’informazione (IT) risulta essere il motore più recente e potente. I sistemi Big Data sono i grandi protagonisti del mercato e stanno favorendo una significativa ristrutturazione orizzontale e verticale dei sistemi alimentari.
Fa invece ben sperare il fatto che in quasi tutti i segmenti stiano emergendo nuove imprese per soddisfare il triplice obiettivo di costruire la sostenibilità economica, ambientale e sociale sulla base dei principi delle economie sociali e di solidarietà, della sovranità alimentare e dell’empowerment delle comunità.
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