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AgriFoodTech, 2024 all’insegna delle startup. Ma gli investimenti calano



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I numeri del report di Eatable Adventures per il Verona Agrifood Innovation Hub. Una nuova impresa su due nasce nel Nord Italia, e il 77% sviluppa in-house le tecnologie. Focus su intelligenza artificiale, biotech e IoT. Rimangono grandi margini per le collaborazioni con le università

Aggiornato il 13 feb 2025



Numeri agrifood

La fotografia del mondo AgriFoodTech in Italia restituisce l’immagine di un settore che sta vivendo un momento di evoluzione, caratterizzato da una diminuzione del 38% degli investimenti rispetto al 2023, ma anche da una crescita del numero di startup. A scattarla è il nuovo report di Eatable Adventures per il Verona Agrifood Innovation Hub.

Lo scenario rimane promettente

Dopo il boom di investimenti nel 2023, il 2024 ci restituisce uno scenario più misurato e cauto, ma altrettanto promettente – spiega Alberto Barbari, Regional VP Italy di Eatable Adventures – Nonostante le sfide, l’ecosistema italiano ha tutte le risorse per affermarsi come leader globale dell’AgriFoodtech Made in Italy. La chiave è adottare un approccio sempre più Open all’innovazione, consolidando sinergie tra industria, università e startup. Rafforzare queste reti è essenziale per garantire un futuro più innovativo e sostenibile, attraendo e formando nuovi talenti, incentivando l’inclusività e creando un legame tra mondo accademico e imprenditoriale, così da infondere nuova linfa vitale all’ecosistema italiano”.

Gli investimenti

Le risorse investite sul settore AgriFoodTech nel 2024 ammontano complessivamente a 103 milioni di euro, in decisa frenata sull’anno precedente, quando avevano registrato un livello record. Le cifre rispecchiano una contrazione nei grandi round di finanziamento e un atteggiamento improntato alla cautela, in linea con l’andamento dello scenario globale ed europeo, dove però il calo è stato più contenuto, rispettivamente del 7 e del 18%.

Le startup

Di contro, il numero di startup nel settore passa dalle 341 attive nel 2023 A 407. La crescita è dovuta essenzialmente alla nascita di un numero importante di nuove imprese focalizzate su tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, le biotecnologie e l’Internet of Things. “Segnali di resilienza e un potenziale tecnologico ancora inespresso – spiega il report – suggeriscono che il settore può ambire ad un ruolo di rilievo sul panorama globale”.

Il Nord in prima fila

A trainare il comparto è soprattutto il Nord Italia, dove hanno sede il 50% delle staretup dell’AgriFoodTech. In prima fila la Lombardia conil 31%, l’Emilia Romagna con l’11%, poi il Piemonte con il 10%, mentre Veneto e Lazio si attestano al 9,7%. Risulta ancora poco sviluppato, invece, l’ecosistema imprenditoriale di settore al Sud.

L’identikit degli imprenditori

Se si analizzano le caratteristiche principali degli imprenditori del settore, emerge che i fondatori italiani di startup nell’AgriFoodTech possiedono nel 38% dei casi un dottorato di ricerca, mentre circa il 30% ha una laurea magistrale o un master. I founder vengono nel 60% dei casi da esperienze pregresse nell’imprenditoria e nell’agroalimentare, e per il 73% hannotra i 25 e i 45 anni. Inoltre il 74% delle startup è composto da 1 a 5 dipendenti e solo il 6% dispone di più di 25 risorse.

Le tecnologie più promettenti

Oltre la metà delle startup è attiva nella produzione e nella trasformazione alimentaree dell’AgriTech: questi due settori insieme raccolgono più del 50% delle attività. Guardando all’agritech, si tratta nel 38% dei casi di startup specializzate in automazione e robotica delle colture, nel 29% di nuove aziende attive sui nuovi sistemi di coltivazione. Nel campo della produzione e trasformazione alimentare, invece, si punta maggiormente su prodotti innovativi (44%) e nuovi modelli di economia circolare (20,8%). A registrare i ritmi di crescita più alti sono la logistica e delivery, seguiti da Retail e Horeca (17%), tecnologie per la Cucina e la Preparazione alimentare (3%) ed Health Tech (2%).

Lo sviluppo in-house delle tecnologie

Quasi otto startup su dieci, per l’esattezza il 77%, sviluppa in-house le tecnologie che utilizza, a partire dall’intelligenza artificiale (43%), dalle biotecnologie (32%) e dalle piattaforme digitali (30%). Ma soltanto il 15% delle innovazioni scaturisce da progetti di collaborazione con il mondo dell’università, “evidenziando – spiega il report – la necessità di rafforzare le sinergie tra ricerca accademica e imprenditorialità”.

Brevetti in crescita

Rispetto al 2023 cresce notevolmente il numero di startup che tutela con i brevetti le proprie innovazioni: si passa in anno dal 40% al 73%. Anche la registrazione di marchi, spiega la ricerca, a visto un incremento, raggiungendo l’82%, a testimonianza di una maggiore consapevolezza sull’importanza di proteggere la proprietà intellettuale. Tuttavia, il 19% delle startup non utilizza alcuna forma di tutela, esponendosi a rischi di imitazione e perdita di vantaggio competitivo.

Inclusività e scalabilità

Tra le criticità principali evidenziate dallo studio c’è il fatto che si sia registrata una contrazione del numero di dipendenti, con un -27% e un totale di 2.995 dipendenti.

Scendono i grandi round di investimento, quelli che superano il milione di euro, mentre aumentano quelli più piccoli, fino a 350mila euro. Questa tendenza riflette al crescita dell’attenzione verso i progetti in fase pre-seed e seed, caratterizzati da requisiti di capitale più modesti e minore rischio per gli investitori. Quanto all’inclusività, anche in questo caso si può migliorare: infatti soltanto il 23% delle startup è fondato da donne, e il 36% dei team è composto da quote femminili.

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