Norme

Agrifood UE, norme commercializzazione: novità per una dieta più sana e meno sprechi

La Commissione europea propone importanti riforme alle norme di commercializzazione UE dei prodotti agroalimentari, al fine di garantire maggiore trasparenza per i consumatori, ridurre gli sprechi alimentari e promuovere una dieta sana e sostenibile

Pubblicato il 24 Apr 2023

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Per essere immessi sui mercati europei e venduti ai consumatori, la maggior parte dei prodotti agroalimentari deve rispettare le norme di commercializzazione dell’UE che hanno la funzione di garantire la qualità dei prodotti, la tutela dei consumatori e la coerenza delle regole all’interno del mercato europeo. Inoltre, facilitano gli scambi con i paesi terzi, essendo conformi alle norme in vigore a livello internazionale dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Nell’ultimo decennio i mercati dei prodotti agricoli hanno subito una profonda evoluzione, spinta dall’innovazione, ma anche dal mutare delle preoccupazioni della società e della domanda dei consumatori. Per questo, la Commissione europea ha proposto di rivedere le vigenti norme che riguardano la commercializzazione di una serie di prodotti agroalimentari, quali frutta e verdura, succhi e confetture di frutta, miele, pollame e uova. Tali revisioni, in linea con la strategia “Dal produttore al consumatore” e con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, dovrebbero aiutare i consumatori a operare scelte informate per una dieta più sana e contribuire a prevenire gli sprechi alimentari.

Le proposte di riforma delle norme di commercializzazione dei prodotti agroalimentari

Una delle proposte della Commissione riguarda l’etichettatura di origine che prevede norme più chiare e obbligatorie per miele, frutta a guscio e frutta secca, banane mature, nonché frutta e verdura rifilate, trasformate e tagliate (come le foglie di insalata confezionate). In caso di miscele, occorrerà riportare sull’etichetta il o i paesi di origine. Il fatto di elencare i paesi di origine consentirà di aumentare la trasparenza per i consumatori, oltre a promuovere la produzione di questi prodotti nell’UE.

Per quanto riguarda lo spreco alimentare, le revisioni proposte riguardano sia i rifiuti alimentari che quelli di imballaggio. Ad esempio, per gli ortofrutticoli esteticamente meno attraenti (con difetti esterni, ma comunque adatti al consumo locale/diretto) venduti a livello locale e direttamente dai produttori ai consumatori è prevista una deroga dalle norme di commercializzazione. Valorizzarne la freschezza potrebbe offrire ai consumatori maggiori opportunità di acquistare frutta e verdura fresca a prezzi più accessibili e andare a vantaggio dei produttori attivi nelle filiere corte. Lo stesso vale per alcuni prodotti colpiti da calamità naturali o da altre circostanze eccezionali, se il loro consumo è sicuro.

Un’altra proposta è relativa all’imballaggio dei prodotti destinati alla donazione che potrebbero essere esentati dai principali requisiti di etichettatura. Ciò potrà ridurre gli adempimenti burocratici e le esigenze di etichettatura, facilitando il lavoro degli operatori.

Ancora, i succhi di frutta potranno recare la menzione “senza zuccheri aggiunti” per chiarire che, contrariamente ai nettari di frutta, i succhi non possono per definizione contenere zuccheri aggiunti, una caratteristica di cui la maggior parte dei consumatori non è a conoscenza. Inoltre, per rispondere alla crescente domanda di prodotti con meno zuccheri, un succo riformulato potrebbe indicare sull’etichetta “succo di frutta a tasso ridotto di zuccheri”. Per semplificare ulteriormente e adattarsi ai gusti dei consumatori, il termine “acqua di cocco” potrebbe essere utilizzato accanto a “succo di cocco”.

Nel caso di confetture e marmellate, il contenuto di frutta sarà portato da 350 a 450 grammi minimi (550 per i prodotti di alta qualità) per chilogrammo di prodotto finito così da offrire ai consumatori un prodotto con meno zuccheri liberi e una quantità di frutta superiore a quella attuale. Il termine “marmellata”, finora autorizzato soltanto per le confetture di agrumi, si applicherebbe a tutte le confetture, in modo da adeguare il nome del prodotto a quello più utilizzato a livello locale.

Infine, per quanto concerne le uova i pannelli solari potrebbero essere introdotti nei sistemi di produzione all’aperto per stimolare l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili. Anche la stampigliatura delle uova verrebbe effettuata direttamente in azienda per migliorare la tracciabilità.

La lingua comune per una filiera alimentare sostenibile e trasparente nell’UE

Le proposte per gli ortofrutticoli freschi, le uova e il pollame sono oggetto di atti delegati e di esecuzione. I testi resteranno aperti al riscontro del pubblico per un mese. Successivamente, gli atti delegati saranno adottati e sottoposti all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio per un periodo di due mesi. La Commissione li pubblicherà al termine di questa procedura. Le proposte riguardanti confetture, marmellate, succhi di frutta e miele sono incluse in direttive e seguiranno il processo colegislativo ordinario del Parlamento europeo e del Consiglio prima della loro pubblicazione ed entrata in vigore.

Parallelamente, la Commissione intende trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione riguardante la prossima adozione di nuove norme di commercializzazione per il sidro di mele e di pere e per l’etichettatura di origine dei legumi secchi. Questi prodotti non sono attualmente soggetti alle norme di commercializzazione del regolamento sull’organizzazione comune dei mercati.

“Le norme di commercializzazione sono la lingua comune tra i consumatori e gli operatori per sapere cosa viene commercializzato e per garantire una concorrenza leale per tutti nell’UE – dichiara Janusz Wojciechowski, Commissario per l’Agricoltura – Così come ogni lingua evolve nel corso del tempo, cambiano anche le esigenze e le abitudini di tutti i protagonisti della filiera alimentare. Vogliamo migliorare la trasparenza dei prodotti venduti ai consumatori e ridurre gli sprechi alimentari, valorizzando nel contempo metodi di produzione ancora più sostenibili e più sani per i produttori”.

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