Agricultural Engineering: un corso per la competitività del sistema agroalimentare

Nasce a Cremona il Corso di Laurea Magistrale in Agricultural Engineering grazie alla collaborazione tra Politecnico di Milano e l’Università Cattolica del Sacro Cuore con l’obiettivo di formare ingegneri per il settore agroindustriale. A colloquio con il professor Gianni Ferretti, Prorettore del Polo Universitario di Cremona

Pubblicato il 17 Set 2021

Prof. Gianni Ferretti, Prorettore del Polo di Cremona

Nel giro di pochi anni il settore primario ha vissuto una meritatissima crescita di attenzione che sta restituendo centralità e importanza a un asset fondamentale del Made in Italy e della nostra economia. Complice il ruolo sempre più pervasivo dell’innovazione tecnologica e digitale unitamente alla necessità di rispondere a nuovi bisogni, per l’agricoltura si è aperta una nuova stagione nella quale i temi e gli obiettivi della competitività, della sostenibilità e delle sviluppo passano dalla capacità di sfruttare le potenzialità dell’innovazione e dunque dalla necessità di portare nelle imprese, nei territori e nelle filiere competenze adeguate.

La sfida del sistema agroindustriale del nostro paese in prima istanza è strettamente legata alle skill. I vantaggi dell’agricoltura 4.0 dei quali parliamo costantemente anche su Agrifood.tech sono alla portata delle imprese agroalimentare solo se ci sono persone che sanno trasformare il valore dell’innovazione sul campo ed è proprio questa la missione del nuovo Corso di Laurea Magistrale in Agricultural Engineering nato a Cremona dalla collaborazione tra Politecnico di Milano e Università Cattolica del Sacro Cuore. Analizziamo le prospettive e gli sviluppi di questo impegno nel confronto con il professor Gianni Ferretti, Prorettore del Polo Universitario di Cremona.

Per quale motivo un corso di Agricultural Engineering?

L’attività pluriennale dell’Osservatorio Smart AgriFood, finalizzata a recensire e recepire le esigenze di innovazione del settore agroindustriale, ha evidenziato la necessità di una nuova figura professionale, caratterizzata da forti conoscenze ingegneristiche e competenze sistemistiche, capace di gestire la crescente complessità tecnologica che caratterizza la moderna produzione e filiera agro-industriale anche al fine di incrementare il livello di sostenibilità delle produzioni e garantire la sicurezza alimentare. Il corso di Laurea in Agricultural Engineering intende formare questa nuova professionalità.

Dove e come nasce questo progetto?

I fattori che hanno favorito la nascita di questo progetto sono molteplici. Innanzi tutto, come sottolineato, le indicazioni che sono arrivate dall’ attività dell’Osservatorio Smart AgriFood, a cui si deve aggiungere la fondamentale e ottima collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che fornirà ai nostri ingegneri le competenze di base delle scienze agrarie, garantendo un solido approccio multidisciplinare. Non ultimo poi la scelta della collocazione in un territorio, quello cremonese, che da sempre manifesta una solida vocazione alle produzioni agroalimentari.

Che importanza hanno e avranno le competenze digitali in agricoltura a vostro avviso?

L’importanza delle competenze digitali in agricoltura è pari se non superiore a quella richiesta nel settore industriale. Sicuramente superiore è la complessità dei problemi da affrontare rispetto alle produzioni industriali. Facciamo l’esempio della robotica: nella robotica industriale l’ambiente, illuminazione, temperatura, condizioni climatiche, è progettato e protetto in funzione delle attività robotiche da svolgere, nella robotica agricola tutte queste condizioni non sono sotto il dominio del progettista e mettono più severamente a prova lo svolgimento delle attività robotizzate. Nebbia, vento, polvere, pioggia, rendono difficile il compito dei sistemi robotizzati e richiedono livelli più elevati di percezione, autonomia ed intelligenza.

Entriamo nel merito del corso e vediamo le sue principali caratteristiche, gli obiettivi, le metodologie e la tipologia di approccio

Il Corso di Laurea Magistrale in Agricultural Engineering forma ingegneri specialisti in grado di affrontare la complessità dei sistemi della filiera agroindustriale e l’interdipendenza degli elementi critici correlati alla sicurezza del sistema agroalimentare. In questo scenario i temi che verranno affrontati riguardano la pianificazione e gestione dei sistemi produttivi e di filiera, le tecnologie emergenti di supporto alla produzione, l’interazione con l’ambiente e il territorio. Tali obiettivi formativi sono perseguiti nell’arco di 4 semestri, organizzati anche in relazione alla formazione della laurea di base dello studente.

Vediamo in particolare la scansione temporale, come si sviluppa?

Nel corso del primo semestre, gli allievi affrontano un percorso formativo differenziato in base al corso di laurea triennale di provenienza, al fine di acquisire le conoscenze indispensabili alla formazione specialistica dell’ingegnere per l’agricoltura. Gli allievi provenienti da un curriculum ingegneristico acquisiscono conoscenze di base legate alla produzione primaria animale e vegetale, alla biochimica e alla microbiologia. Gli allievi di formazione non ingegneristica acquisiscono conoscenze di base di tipo ingegneristico, legate ai fondamenti dell’automatica e dell’informatica, all’analisi matematica avanzata e alla fisica applicata. La differenziazione del primo semestre risulta indispensabile a formare per tutti gli allievi una base di conoscenze comuni. Per gli allievi con formazione ingegneristica, le conoscenze di base di ambito agrario sono essenziali a comprendere gli aspetti legati ai principi di produzione primaria e al loro impatto sulla sicurezza, per gli allievi di provenienza agraria, l’apprendimento di conoscenze e competenze ingegneristiche sono indispensabili a studi ingegneristici per la comprensione delle tecnologie per la “Smart Agriculture”.

Il secondo semestre del primo anno è dedicato all’apprendimento di conoscenze di area ICT, relative in particolare alle tecniche di automazione e robotica e ai metodi e applicazioni di Big Data Analytics, intelligenza artificiale e alle tecnologie per la tracciabilità, fondamentali per garantire la sicurezza alimentare. Fanno parte degli obiettivi formativi del secondo semestre anche conoscenze dell’area di ingegneria industriale applicate all’agricoltura 4.0, con particolare attenzione alle tipologie di veicoli e macchinari utilizzati in campo agricolo e alle problematiche collegate all’elettrificazione della trazione e alla guida autonoma.

Il terzo e quarto semestre (secondo anno) sono dedicati al conseguimento degli obiettivi formativi di area industriale, ambientale e gestionale.

Guardiamo alle prospettive: quali opportunità si aprono per i giovani in questo nuovo mercato?

Gli sbocchi professionali che si possono prefigurare sono numerosi e riguardano diversi ambiti, in particolare sottolineiamo i seguenti:

  • Aziende della filiera della produzione agricola e agroalimentare;
  • Società che progettano, sviluppano e realizzano processi, impianti e tecnologie a supporto della produzione, distribuzione e commercializzazione legati alla agricoltura e alla agroindustria;
  • Studi di consulenza per l’ambiente, la sicurezza, le produzioni agricole e zootecniche;
  • Centri di ricerca e laboratori pubblici e privati;
  • Dipartimenti tecnici della pubblica amministrazione.

Quali possono essere le principali prospettive in termini di sviluppo dell’attività professionali, tenendo conto delle caratteristiche del panorama agroindustriale del nostro paese?

Data la dimensione medio/piccola delle aziende agricole si può ipotizzare che un notevole numero di laureati in Agricultural Engineering svolga la sua attività in forma di consulente, magari in collaborazione con gli agronomi, figura cui si affianca e non si sostituisce.

La sostenibilità ambientale è uno degli obiettivi comuni a tutte le imprese in tutti i settori, ma è particolarmente importante nel mondo dell’agricoltura. Come vede questa prospettiva?

Il settore agroindustriale è chiamato a dare un enorme contributo alla soluzione delle problematiche ambientali, sia per rendere sempre più sostenibili le produzioni stesse, che attualmente hanno un notevole impatto ambientale in termini di emissioni ed utilizzo di sostanze inquinanti, sia soprattutto per aumentare la resilienza ai cambiamenti già in atto, ad esempio per quanto riguarda la razionalizzazione e l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse idriche.

Quanto sono importanti i temi dell’innovazione digitale: Internet of Things, Big Data, Intelligenza Artificiale, Blockchain solo per fare alcuni esempi?

Sono estremamente importanti. Secondo l’ultima indagine dell’Osservatorio Smart AgriFood, su oltre 950 aziende agricole rispondenti il 60% utilizza almeno una soluzione di Agricoltura 4.0, in particolare i sistemi di monitoraggio e controllo di macchine e attrezzature agricole (33%) e i sistemi di mappatura di coltivazioni e terreni (27%). Per il futuro possiamo aspettarci una crescente diffusione di queste tecnologie, in particolare quelle che legano digitale e meccanica agricola: lo abbiamo notato nel peso rilevante che questo binomio assume nel complesso dell’agricoltura 4.0 – 66% di un mercato italiano di circa 540 milioni di euro – e lo riscontriamo anche nella forte crescita del fatturato delle aziende produttrici di macchine agricole registrata a partire dalla seconda metà dello scorso anno. Questa tendenza è destinata a proseguire come emerge sia dalle dichiarazioni degli agricoltori, dove circa il 30% dei rispondenti all’indagine dell’Osservatorio dichiara di voler investire in macchine e attrezzature agricole o nella mappatura di coltivazioni e terreni, e sia dagli orientamenti degli incentivi pubblici, indirizzati principalmente, anche se non solo, alle immobilizzazioni materiali. Infine, l’Europa sempre più nelle sue strategie sta mettendo al centro l’innovazione digitale come elemento chiave per far fronte alle sfide di sostenibilità e competitività dell’agricoltura europea e non a caso questo tema è richiamato sia nel documento programmatico “Farm to Fork” e sia in contesti più concreti, come il nostro PNRR.

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