Da una sostenibilità vissuta come un adempimento, come un obbligo o come una scelta etica a una sostenibilità che diventa un vantaggio competitivo. Per tante aziende, soprattutto per le realtà di medie dimensioni attive in supply chain complesse, il percorso verso la sustainability si intreccia con l’evoluzione dei modelli di business, con l’evoluzione strategica e con la trasformazione digitale per dare vita a nuove forme di competitività. E oggi nella trasformazione delle imprese verso un sistema economico sostenibile un ruolo fondamentale è affidato a quei servizi di advisory che permettono di progettare, attuare, misurare e rendicontare percorsi di sostenibilità nel segno di un miglioramento continuo.
Ed è qui che si colloca la scelta di Digital360 di mettere a disposizione, tramite la controllata P4I Partner4Innovation, una proposta di Advisory ESG (Environmental, Social, Governance) rivolta in particolare alle imprese italiane che devono affrontare la sfida di una transizione verso la sostenibilità dove diventa prioritario creare le condizioni per nuove forme di generazione di valore sostenibile. Abbiamo affrontato queste prospettive con Sergio Fumagalli, Privacy & security Consultant, ESG advisor Digital360
Da dove arriva la decisione di mettere a disposizione una serie di servizi di advisory ESG da parte di Digital360?
Ci sono due grandi driver che hanno indirizzato e sostenuto questa scelta: da una parte la consapevolezza di presidiare da tempo i temi che stanno alla base della trasformazione economica delle imprese anche nel segno della sostenibilità e dall’altra la convinzione che l’ESG è un fenomeno destinato a interessare un numero crescente di imprese che necessitano di essere accompagnate e sostenute con un portfolio di competenze in grado di unire la capacità di visione con il supporto all’azione.
Nel primo caso abbiamo di fatto preso atto che moltissimi servizi di advisory e di coaching presenti in P4I riguardano temi sensibili in ambito ESG, si focalizzano su aspetti che comprendono ad esempio governance, data protection, cybersecurity, sicurezza delle persone, sistemi di gestione ambientale, trasformazione industriale in ottica 4.0 o che affrontano prospettive di economia circolare. Ovvero competenze e capacità di presidio in diversi ambiti che integrati in una visione di insieme vanno a comporre il mosaico dei fattori abilitanti dell’ESG. In questo senso abbiamo unito le competenze rilevanti su questi temi e abbiamo sostanziato una visione di insieme in grado di rispondere a tutte le principali esigenze ESG delle imprese
La seconda riflessione attiene alla nostra interpretazione della sostenibilità e dell’ESG. Siamo convinti che si tratti di una sfida veramente complessa e profonda che si vince se si passa da un modello economico e sociale basato sul “consumo delle risorse” a un modello che interpreta lo sviluppo partendo dal presupposto che le risorse sono limitate e che il valore è determinato anche dalla capacità di gestire in modo consapevole queste risorse in funzione di obiettivi ben precisi. Siamo convinti che qualsiasi azienda dovrà ridisegnare il proprio futuro mettendo in diretta relazione i propri obiettivi con la gestione delle risorse e siamo nello stesso tempo convinti che questa prospettiva non deve essere vissuta come un limite o come un problema, ma come una nuova occasione di sviluppo.
In concreto riteniamo che le aziende debbano passare da una sostenibilità vissuta troppo spesso come compliance a una sostenibilità che stimola e offre nuove e diverse occasioni di crescita.
In questo scenario le imprese sono caratterizzate da diversi livelli di sensibilità verso la sostenibilità. La “E” di Environmental nell’ESG pesa più della “S” di Social e della “G” di Governance, nello stesso tempo i temi collegati all’impatto ambientale sono un po’ più definiti rispetto ai temi della valorizzazione finanziaria. In più va detto che siamo in uno scenario anche molto dinamico. Quanto è importante oggi dare supporto, orientare e guidare le imprese?
Certamente oggi è molto importante e possiamo dire che la materialità di impatto che è chiamata a valutare le conseguenze per il pianeta è assai più consolidata e su questo tema le aziende hanno molti elementi di valutazione e di riflessione. Sulla materialità finanziaria non c’è la stessa maturità e ancora meno sui fattori che mettono in relazione queste due “materialità”. Oggi siamo davanti a una sostenibilità vissuta prevalentemente come un impegno verso l’ambiente, ma senza quelle componenti che permettono di trasformarla in una vera e propria forma di competitività. Dobbiamo aiutare le aziende a comprendere la portata di questa trasformazione e le dobbiamo supportare in quel lavoro che permette di coglierne tutte le opportunità di sviluppo. In questo senso ci sono esempi di aziende che hanno intercettato in anticipo questi trends e sono nate per rispondere a questo bisogno, ce ne sono tante che possono indirizzare la loro evoluzione in questo senso mettendo a valore asset che magari oggi sono utilizzati per altri scopi.
Volendo definire questo approccio in due parole cosa diresti?
Che Digital360 intende aiutare le imprese a portare i temi e gli obiettivi della sostenibilità nel loro modello di business.
Quali sono i principali servizi che metterete a disposizione?
Advisory ESG lavorerà mettendo a disposizione servizi in tre ambiti: quello della due diligence e dell’assessment ESG; quello della rendicontazione, nelle forme del bilancio di sostenibilità/Dichiarazione Non Finanziaria e del supporto all’ottenimento e al miglioramento del ranking ESG e, infine, quello dell’engagement, sia con il supporto alla definizione/gestione di piani di miglioramento, sia – e qui sta la nostra ambizione distintiva – nel supporto alla rivisitazione del modello di business e delle strategie aziendali.
Sul fronte dell’engagement, i molti servizi innovativi di P4I consolidati da lungo tempo citati sopra vengono valorizzati, in forma integrata tra loro, per il raggiungimento di obiettivi ESG.
Complessivamente puntiamo a stabilire rapporti di lungo periodo con ruoli che si trasformano nel tempo in funzione della scelta dei clienti di sviluppare comptenze e strutture interne o di esternalizzare aspetti importanti della transizione per la sostenibilità.
Facciamo un esempio e vediamo in particolare il ruolo che può svolgere un fenomeno come lo Smart working?
Lo smart working è un buon esempio di come intendiamo la sostenibilità: da un lato permette alle aziende di ottenere un miglioramento molto concreto e misurabile nel rapporto con i dipendenti e nell’organizzazione aziendale. Dall’altra, al contempo, porta un miglioramento dell’impatto ambientale che si può e si deve calcolare e non solo (impatto sulla “E” di ESG): grazie allo smart working le imprese riducono gli spostamenti con effetti positivi diretti sulle persone, ad esempio in termini di benessere (“S”), con vantaggi indiretti per la collettività grazie a un contributo alla riduzione del traffico stradale, nello stesso tempo le aziende possono rivolgersi a una platea geograficamente più ampia, offrendo occasioni di inclusione anche a persone che vivono in zone geograficamente lontane dalle sedi aziendali (S), garantendo anche un riequilibrio delle opportunità a soggetti che non sono così costretti ad abbandonare la propria comunità territoriale per seguire il proprio percorso professionale (S). Un altro vantaggio indiretto importante, che va calcolato e rappresentato, è rappresentato dalla possibilità di contribuire a una migliore distribuzione del reddito a livello nazionale.
In termini di advisory e di preparazione delle imprese lo smart working non è più, dunque, solo un tema che si limita alla funzione HR ma riguarda sempre di più il rapporto tra l’azienda e la propria visione del futuro, il proprio rapporto con i territori e in definitiva con la generazione di valore.
A quali aziende si rivolgono questi servizi?
Oggi il tema della sostenibilità investe gran parte del sistema produttivo italiano, con una polarizzazione particolare nella parte alta delle PMI e ovviamente sull’enterprise. Per le aziende grandi, ma non grandissime c’è una sfida speciale soprattutto se si tratta di aziende, come capita molto frequentemente, che operano all’interno di catene di fornitura internazionali. In questo caso, per l’azienda capofila c’è spesso la necessità rispondere alle aspettative della normativa, come ad esempio nel caso della direttiva sulla dichiarazione non finanziaria o di accelerare processi di rating ESG e questo ha ricadute dirette sulla supply chain. In questo senso riteniamo che il numero delle imprese con queste esigenze sia destinato a crescere.
Perché un’azienda dovrebbe essere interessata alla sostenibilità?
Le ragioni sono tante ma soprattutto, oggi, va detto che sono impellenti. Spesso ci sono grandi aziende che impongono ai propri fornitori di adeguarsi a regole di procurement che vanno nella direzione dell’ESG. In questi casi, anche se è evidente che si tratta di una spinta di “compliance”, è un errore limitarsi a risposte tattiche. La capacità di rispondere in modo strategico a questa sollecitazione è un fattore fondamentale per creare le condizioni per attuare una nuova forma di sviluppo delle medie imprese nei prossimi anni. Ovviamente in altri casi non c’è una spinta specifica da parte di clienti, ma c’è la visione strategica di un posizionamento competitivo che permette all’azienda di trovare nuove forme di valore in un mercato che non potrà più fare a meno di attori “sostenibili”.
Chi sono gli interlocutori nelle imprese per questa trasformazione?
L’asset fondamentale per il successo è nella sensibilità e nel commitment del vertice. Se la sostenibilità viene vissuta solo come un tema operativo, tipicamente viene individuata una figura presente in azienda, come può essere il responsabile della qualità o delle operations, a cui viene affidato anche questo incarico, spesso, però, senza una visione strategica e un peso adeguato. Se la sensibilità del management è strategica allora serve anche una figura precisa con deleghe precise sulla sostenibilità.
Poi c’è un “gioco di squadra” e certamente il CFO va considerato come un interlocutore importante, così come un contributo altrettanto importante deve arrivare dalle figure di procurement o, per altri versi, dal marketing. Occorre, però, considerare che sostenibilità e ESG si traducono in dati, si concretizzano in rilevazioni, misurazioni, verifiche e tracking: tutti temi che impongono un ruolo chiave da parte dell’IT, anche in termini di scelta di strumenti, piattaforme, modelli organizzativi.
In sostanza, considerando che il digitale è indiscutibilmente uno degli abilitatori fondamentali, l’IT non può non essere un attore primario.