Dal 2016 al 2020, sono state oltre 440 mila le aziende che hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green, ovvero il 21,4% del totale delle imprese extra-agricole. Un dato che, nonostante la crisi causata dalla pandemia, non si discosta da quello del 2019, quando le imprese investitrici erano state il 21,5%. Questi numeri sono parte del ricco bagaglio di informazioni raccolte all’interno del Rapporto GreenItaly 2021, arrivato alla dodicesima edizione, realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, con la collaborazione del Centro Studi Tagliacarne e con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica. Al rapporto hanno collaborato Conai, Novamont ed Ecopneus.
Entrando maggiormente nel dettaglio dei dati, ha investito in tecnologie e prodotti green il 31,9% delle imprese nell’industria e nei servizi e addirittura il 36,3% di quelle del manufacturing. Non è difficile capire le ragioni di queste scelte. Queste imprese hanno un dinamismo sui mercati esteri superiore al resto del sistema produttivo italiano, innovano di più e producono più posti di lavoro. “Ci sono settori che invece arrancano un po’ di più, come per esempio il building, ma stanno recuperando”, ha precisato Giuseppe Tripoli, Segretario Generale Unioncamere.
Riguardo la territorialità, il maggior numero di imprese ecoinvestitrici risiede ha in Lombardia (circa 90.000), seguono Campania (46.000), Piemonte e Veneto (entrambe con circa 40.000 imprese). “Andando un po’ più a fondo a livello provinciale – ha sottolineato Giuseppe Tripoli –, se verifichiamo quanto pesano le imprese ecoinvestitrici sul totale, scopriamo che Caserta, Salerno e Foggia, nel Sud così come Varese, Como e Genova nel nord sono sopra il 50%, cioè in tali province più della metà delle imprese ha realizzato ecoinvestimenti”.
L’occupazione green si consolida
Per l’occupazione, il 2020 è stato un anno di consolidamento. Secondo GreenItaly 2021, alla fine dello scorso anno gli occupati in una professione di green job erano pari a 3,141 milioni, di cui 1,060 milioni al Nord-Ovest (33,8% del totale nazionale), 740,4 mila nel Nord-Est (23,6% del totale nazionale), 671,5 mila al Centro (21,4% del totale nazionale) e 668,6 mila nel Mezzogiorno (21,3% del totale nazionale). I contratti relativi ai green jobs – con attivazione 2020 – hanno rappresentato il 35,7% dei nuovi contratti previsti l’anno scorso. “Da evidenziare che anche la sostituzione dei posti di lavoro che sono cessati è stata fatta con personale che aveva competenze green”, ha detto Giuseppe Tripoli.
Andando nello specifico delle figure ricercate dalle aziende per le professioni di green jobs, si evidenzia una domanda per figure professionali più qualificate ed esperte in termini relativi rispetto alle altre figure, che si rispecchia in una domanda di green jobs predominante in aree aziendali ad alto valore aggiunto.
Il 37% dei consumi elettrici da fonti rinnovabili
Il 2020 ha mostrato nuovi record di potenza elettrica rinnovabile installata nel mondo, pari all’83% della crescita dell’intero settore elettrico nell’anno. Nel 2020, il 37% dei consumi elettrici in Italia è stato soddisfatto da fonti rinnovabili, con una produzione di circa 116 TWh. Tuttavia, la potenza installata è ancora distante dai target di neutralità climatica previsti per il 2030. A fine 2020, secondo GreenItaly 2021, risultano in esercizio in Italia circa 950.000 impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, per una potenza complessiva di oltre 56 GW. Di questi impianti, quasi 936.000 sono fotovoltaici, circa 5.700 eolici, mentre i restanti sono alimentati dalle altre fonti (idraulica, geotermica, bioenergie). Ma la strada da percorrere è ancora lunga. E i recenti aumenti delle bollette elettriche dovuti essenzialmente all’aumento del prezzo del gas dimostrano quanto sia importante accelerare sulle rinnovabili anche per salvaguardare l’indipendenza e la competitività̀ della nostra economia.
“La transizione energetica ha portato alla novità delle rinnovabili e alla decarbonizzazione progressiva del settore elettrico. E, come conseguenza, alla diffusione dell’elettricità in maniera molto più pervasiva di quello che oggi è lecito pensare – ha sostenuto Francesco Starace Amministratore Delegato e Direttore generale Enel –. Sta succedendo ovunque e non deve sorprendere che, per esempio, finisca il rame o altro. Finisce tutto ciò che ha a che vedere con il settore elettrico, perché ce n’è un grande bisogno in tutto il mondo. Quindi prima lo capiamo, prima ci attrezziamo, prima definiamo politiche che facilitino questo sviluppo più facilmente le aziende che in Italia sono intelligenti riusciranno a cogliere questa opportunità. Non bisogna averne paura, avere terrore del nuovo, perché in ogni caso è qualcosa che succede. E quindi tanto vale trarne un beneficio”.
Nell’economia circolare in Europa non ci batte nessuno
Un dato particolarmente rilevante che emerge dal rapporto GreenItaly 2021 è che siamo leader a livello continentale nell’economia circolare. Abbiamo infatti un riciclo sulla totalità dei rifiuti (urbani e speciali) del 79,4% (2018): un risultato ben superiore alla media europea (49%) e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (69%), Francia (66%) e Regno Unito (57%) con un risparmio annuale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni (2018) grazie alla sostituzione di materia seconda nell’economia. A sottolineare il potenziale dell’Italia nella valorizzazione di materia a fine vita, anche il quarto posto al mondo come produttore di biogas – da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo – dopo Germania, Cina e Stati Uniti.
GreenItaly 2021: la sostenibilità, settore per settore
La sostenibilità è ormai presente nelle strategie industriali di tutti i settori dell’economia italiana, con l’economia circolare che avanza all’interno delle aziende del made in Italy. Già oggi, si legge nel GreenItaly 2021, il 95% del legno della filiera dell’arredo viene riciclato per produrre pannelli, con un risparmio nel consumo di CO2 pari a quasi 2 milioni di tonnellate/anno. Anche il mondo dell’edilizia si muove in questa direzione, favorita dagli incentivi statali per l’efficientamento degli edifici. Un percorso che sta avendo effetti benefici anche sull’occupazione del settore cresciuta di oltre 132.000 unità fra il 2019 e il 2021, di cui oltre 90.000 a tempo indeterminato. “L’ecobonus ha dato una svolta a un settore economico che altrimenti languiva, muovendo tutti nella direzione di efficienza energetica – ha evidenziato Francesco Starace –. È un esempio di come le politiche industriali siano importanti. Non è vero che la tecnologia fa tutto: la tecnologia è una marea che cresce, però poi è il governo, che assecondando certe crescite, accelera i benefici”.
Nelle strategie del settore tessile e moda, le soluzioni su cui ci si sta focalizzando sono legate anche all’eliminazione di sostanze tossiche e/o inquinanti dai tessuti, l’Italia è il primo paese al mondo nell’utilizzo della certificazione detox promossa da Greenpeace e all’impiego di materiali di origine naturale o rigenerati da tessuti pre e post consumo.
La meccanica italiana, grazie alla digitalizzazione supporta da tempo l’efficientamento delle filiere produttive e la riduzione degli impatti ambientali. Il comparto dell’automotive italiano è storicamente uno dei più avanzati per le emissioni. Ma è nella produzione di veicoli elettrici e nella filiera produttiva che si gioca la partita della riorganizzazione di uno dei sistemi automotive più importanti del mondo, con un fatturato di oltre 106 miliardi, pari al 6,2% del PIL. In Italia, la produzione di auto elettriche e ibride, che nel 2019 rappresentava solo lo 0,1%, nel 2020 è salita al 17,2%, mentre nel primo trimestre 2021 è arrivata al 39,5%. Circa un’azienda su tre si è posizionata nel mercato dei veicoli elettrificati sviluppandone la componentistica. Un ruolo importante in questa riorganizzazione possono svolgere politiche di sostegno alla filiera come già avvenuto in altri Paesi e i territori, dove le competenze manifatturiere dovranno sempre più integrarsi con la ricerca e il design e creare sinergie per fare massa critica, nel segno dell’innovazione e dell’efficienza, trasformandosi da centri di produzione in poli di innovazione per l’auto elettrica.
Il nostro settore agricolo, dove molto è possibile fare, con un taglio del 32% sull’uso dei prodotti fitosanitari tra il 2011 e il 2019 e una quota di emissioni per unità di prodotto nettamente inferiore a quella delle principali economie europee si conferma il più green d’Europa. Secondo GreenItaly 2021, siamo primi anche nel biologico, con il più alto numero di aziende impegnate – oltre 80mila – e una superficie coltivata a biologico aumentata del 79% negli ultimi dieci anni.
L’Italia è tra i leader mondiali della chimica bio-based attiva nella produzione di una vasta gamma di prodotti biodegradabili e compostabili sempre più utilizzati in filiere che vanno dall’agricoltura alla cosmesi, prodotti che integrano sempre più nei processi produttivi materie prime seconde derivate da rifiuti e sottoprodotti.
Una burocrazia inutile e soffocante
“C’è un’Italia che fa della transizione verde un’opportunità per innovare e rendersi più capace di affrontare il futuro – ha dichiarato il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci –. Siamo una superpotenza europea dell’economia circolare e questo ci rende più competitivi e capaci di futuro. Possiamo dare forza a questa nostra economia e a questa idea di Italia grazie alle scelte compiute dall’unione europea con il Next Generation EU e il PNRR. Una burocrazia inutile e soffocante ostacola il cambiamento necessario, ma possiamo farcela se mobilitiamo le migliori energie del Paese senza lasciare solo nessuno come recita il manifesto di assisi”.
Più un vincolo che un’opportunità
“Il Covid non ha fermato gli investimenti green, perché sempre più imprenditori sono consapevoli dei vantaggi competitivi derivanti dalla transizione ecologica. Ma ancora oltre la metà delle imprese manifatturiere percepisce questo passaggio più un vincolo che un’opportunità – ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete –. Per dare ulteriore impulso alla transizione ecologica occorre intervenire sulla carenza di competenze, sulla diffusione di una cultura d’impresa più sostenibile, sull’accesso al credito bancario per facilitare il reperimento di risorse destinate investimenti ambientali, sulle norme e sulla fiscalità, semplificando le procedure amministrative oltre a incentivi e agevolazioni, sulla creazione di mercati per la sostenibilità”.
La formazione, un problema molto serio
Ha concluso gli interventi il Ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, il quale ha commentato diversi aspetti di GreenItaly 2021, ma su uno è stato particolarmente categorico, la formazione: “Abbiamo un serio problema di formazione, serissimo. I concetti di transizione ecologica e di transizione energetica devono essere insegnati già alle scuole elementari. Bisogna spiegare i principi di circolarità, cosa succede. In realtà nelle scuole lo si fa già, ma deve diventare una materia fondamentale. Abbiamo 30.000-35000 ricercatori in meno rispetto a nazioni con PIL pro capite e apparato manifatturiero comparabili ai nostri. Questa battaglia si vince con le competenze e noi sulle competenze ci dobbiamo prendere una responsabilità enorme di fare grandi investimenti, pubblico e privato insieme”.