La Cop26 è entrata nel pieno dei suoi lavori: dopo gli interventi dei capi di Stato e di Governo dei giorni scorsi, inizia ora la difficile fase di negoziati tra i circa 200 Paesi partecipanti. Se è difficile oggi prevedere gli esiti finali della Conferenza, è possibile senz’altro affermare che le speranze di un contenimento del climate change passano necessariamente dal settore energetico, che è responsabile di quasi tre quarti delle emissioni di gas serra globali. Come abbiamo raccontato in questo articolo su EnergyUp.Tech, in realtà è già abbastanza noto cosa dovrebbe fare il mondo dell’energia per decarbonizzarsi, ovvero ridurre a zero le proprie emissioni.
Il ruolo di rinnovabili ed efficienza
Lo ha tratteggiato recentemente la IEA, l’agenzia internazionale per l’energia: innanzitutto occorre puntare con forza sull’efficienza energetica, puntando a un evidente miglioramento dell’intensità energetica su scala globale (ovvero della quantità di energia necessaria per produrre una quota di Pil). In questo modo, nonostante l’economia mondiale nel 2030 sarà circa il 40% più grande di quella attuale, ma utilizzerà il 7% in meno di energia. Per quanto riguarda l’elettricità, le fonti di energia rinnovabili sono chiamate a una grande accelerata già nel prossimo decennio: la IEA ipotizza una nuova capacità annua installata di 630 gigawatt per il solare fotovoltaico e di circa 390 GW per l’eolico entro il 2030, ossia quattro volte i livelli record stabiliti nel 2020.
Un ruolo importante continuerà a essere giocato però anche da una fonte considerata in Italia (e non solo) molto controversa, ossia il nucleare, oltre che da parte dell’idroelettrico. Carbone e petrolio, altamente inquinanti, dovrebbero invece essere rapidamente accantonati. In questo modo potrà essere favorito il trend dell’elettrificazione, ossia la riconversione verso l’elettricità di buona parte dei consumi energetici: ad esempio l’aspettativa è che i veicoli elettrici passeranno da circa il 5% delle vendite globali di auto di oggi a oltre il 60% entro il 2030. Nei due decenni successivi, la riduzione delle emissioni nell’energia passerà invece dalla crescita di tecnologia che sono ad oggi in fase sperimentale: parliamo dei sistemi avanzati di storage, dalla diffusione dell‘idrogeno e dalle tecniche per la cattura della CO2.
Gli investimenti necessari
Perchè questo scenario si realizzi, ovviamente, servono investimenti in ricerca e sviluppo: secondo la IEA circa 90 miliardi di dollari di fondi pubblici devono essere mobilitati a livello globale il prima possibile per completare un portafoglio di progetti dimostrativi prima del 2030. Attualmente, per quel periodo ne sono previsti per circa 25 miliardi di dollari. Cosa potremmo avere quindi al 2050, in linea con la scenario a zero emissioni che dovrebbe scaturire dalla COP26? Secondo la IEA avremmo una domanda globale di energia nel 2050 di circa l’8% inferiore a quella attuale, che assicura il funzionamento di un’economia più grande del doppio e una popolazione di 2 miliardi di unità più numerosa rispetto a oggi. Invece di essere come oggi dipendente dai combustibili fossili, il settore energetico si baserebbe in gran parte sulle energie rinnovabili. Due terzi della fornitura totale di energia nel 2050 proverrebbe da energia eolica, solare, bioenergetica, geotermica e idroelettrica, mentre il ruolo dei combustibili fossili sarebbe ridotto ad appena un quinto entro il 2050, con l’impatto negativo in gran parte attenuato da soluzioni di Carbon & Capture storage.