“Per prepararsi alle sfide future, i governi devono adottare infatti misure proattive per valutare le vulnerabilità. Insieme alle imprese e agli investitori, devono investire nell’adattamento e nella resilienza (qualità delle infrastrutture, conservazione delle risorse vitali, ecc.) che, secondo le Nazioni Unite, rappresentano attualmente solo il 21% dei finanziamenti internazionali per il clima. I governi possono anche affrontare le disuguaglianze fornendo sostegno finanziario alle popolazioni vulnerabili. Dovrebbero intervenire promuovendo la copertura assicurativa e la creazione di sistemi di microassicurazione, che ridurrebbero l’impatto degli shock sulle finanze pubbliche. Per le imprese, infine, si tratta di adeguare le loro pratiche per ridurre l’impatto ambientale, coinvolgendo la parte a monte della catena del valore, i lavoratori e le comunità locali per garantire una giusta transizione”. Sono queste le conclusioni a cui giunge Céline Zanella, Sustainable investment research analyst di Crédit Mutuel Asset Management, in un’analisi sulle diseguaglianze economiche e sociali che emergono tra i paesi ad alto e basso reddito in seguito alle catastrofi naturali. Queste, secondo la vision di Zanella, evidenziano l’urgenza dell’adattamento al cambiamento climatico e sottolineano l’importanza della “giustizia climatica”.
I rischi del cambiamento climatico per i Paesi a basso reddito
Nei Paesi a basso reddito, spiega Zanella, è particolarmente difficile valutare l’impatto degli eventi climatici, soprattutto per quanto riguarda i disastri ad insorgenza lenta come la siccità e le ondate di calore. E generalmente i costi indiretti, come quelli sociali – che spesso sono considerevoli e includono perdite umane, sofferenze, sfollamento di popolazioni, scomparsa del patrimonio culturale e perdita dei mezzi di sussistenza – non sono inclusi nella stima.
La “giustizia climatica”
“Queste disuguaglianze evidenziano l’urgenza dell’adattamento al cambiamento climatico e sottolineano l’importanza della ‘giustizia climatica’ – spiega Zanella – un concetto che si riferisce all’impatto del cambiamento climatico sulle popolazioni, al di là dei soli effetti ambientali o fisici”.
Le differenze tra Paesi ad alto e a basso reddito
Se in termini assoluti l’impatto economico dei cambiamenti climatici è maggiore nei Paesi ad alto reddito, spiega l’esperta, poiché il valore delle infrastrutture e delle abitazioni tende ad essere più elevato, questi Paesi hanno anche maggiori probabilità di avere una copertura con sistemi assicurativi, il che rende l’impatto finanziario più facile da quantificare. Quanto alle conseguenze sociali, sono invece tipicamente più elevate nei Paesi a basso reddito, anche se meno quantificabili. “Queste popolazioni hanno meno beni – sottolinea Zanella – meno copertura assicurativa e generalmente un accesso limitato ai servizi pubblici”.
L’analisi attraverso le coperture assicurative
Un altro modo per affrontare queste disuguaglianze è quello di esaminare più da vicino la questione della copertura assicurativa, e anche in questo caso a essere penalizzate sono soprattutto le popolazioni più vulnerabili, che non possono permettersi un’assicurazione o un trasferimento.
“La mancanza di copertura assicurativa compromette anche il profilo creditizio dei mutuatari, imprese incluse – argomenta Zanella – rendendo più difficile la fase di ricostruzione. Inoltre, evidenzia le disuguaglianze tra i Paesi”.
I dati di Swiss Re
Secondo i dati raccolti da Swiss Re su un periodo di 10 anni, tra il 2014 e il 2023, il “gap di protezione” legato alle catastrofi naturali, che si riferisce alla differenza tra i danni assicurati e quelli non assicurati, è molto maggiore in Asia (85%) e America Latina (80%) rispetto al Nord America (43%). Ma il divario è significativo anche per la regione EMEA (70%), dove è maggiore nei Paesi emergenti rispetto a quelli avanzati.