C’è una buona ragione per cui l’idrogeno è ritenuto un fattore chiave per la transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio. Elemento tra i più abbondanti nell’universo, l’idrogeno è un vettore energetico versatile, estremamente ricco di energia, leggero, che può essere immagazzinato per lunghi periodi. Inoltre, non produce emissioni di CO2, ma genera solo calore e acqua quando viene bruciato. Ciò non toglie che la maggior parte dell’idrogeno utilizzato oggi sia altamente inquinante a causa delle fonti energetiche utilizzate per la sua estrazione. E questo perché viene realizzato attraverso un processo chiamato elettrolisi, nel quale l’elettricità alimenta un elettrolizzatore, cioè una cella elettrolitica, che scinde l’acqua in idrogeno e ossigeno. Tutto dipende, perciò, dalle fonti energetiche impiegate per la sua estrazione. A oggi, circa il 96% dell’idrogeno prodotto a livello globale viene considerato “grigio”, cioè viene prodotto ricorrendo a combustibili fossili come il carbone e il gas naturale, con il conseguente rilascio di grandi quantità di emissioni di carbonio nell’atmosfera. Quindi solo l’idrogeno verde, prodotto con fonti di energie rinnovabili come l’energia solare o eolica, è una soluzione energetica realmente “pulita”.
Il ruolo dell’idrogeno verde per la decarbonizzazione
L’idrogeno verde, prodotto con energia rinnovabile, promette di contribuire alla decarbonizzazione dei processi industriali ancora fortemente dipendenti dai combustibili fossili. Per sbloccare il suo potenziale, però, è necessario aumentare la capacità degli elettrolizzatori e ridurre i costi.
Già adoperato nelle industrie chimiche e di raffinazione, grazie ai progressi nella tecnologia degli elettrolizzatori, potrebbe diventare una valida alternativa ai combustibili fossili anche nelle cosiddette industrie pesanti, più difficili da elettrificare. Si pensi alla produzione di acciaio e cemento oppure ai trasporti a lungo raggio come quelli aerei. La siderurgia, uno dei maggiori produttori di CO2 rispetto a qualsiasi altra industria pesante, è uno dei principali settori nei quali si può utilizzare l’idrogeno verde in virtù di un processo di produzione innovativo che rende possibile la produzione di acciaio, anch’esso verde. Con una riduzione delle emissioni di carbonio che potrebbe arrivare al 95%.
Il PNRR, non a caso, destina in Italia 450 milioni di euro per finanziare progetti finalizzati allo sviluppo della filiera dell’idrogeno verde. In questo, l’Italia si candida a ricoprire un ruolo da protagonista in uno dei settori contemporanei più innovativi.
La sfida dei costi e dell’efficienza degli elettrolizzatori
McKinsey ipotizza che la domanda di idrogeno verde potrebbe crescere fino a 600 milioni di tonnellate all’anno entro il 2050. Oggi, la produzione totale di idrogeno verde e blu (quest’ultimo prodotto con gas naturale) prevista entro il 2030 è di circa 26 milioni di tonnellate all’anno.
Per riuscire ad aumentare la percentuale di idrogeno verde, occorre inevitabilmente che i costi diminuiscano, in modo da poter competere in termini di prezzo con i combustibili fossili. Attualmente, quello verde costa fino a quattro volte di più di quello grigio, da 3 a 8 euro al chilogrammo, rispetto a 1 o 2 euro dell’idrogeno prodotto con fonti energetiche tradizionali.
Per riuscire a vincere questa sfida bisogna perciò non solo ridurre i costi di produzione, ma anche quelli che si riferiscono alla manutenzione delle apparecchiature. È necessario inoltre fare leva sulla scalabilità e su una maggiore efficienza dell’elettrizzatore, garantendo nel contempo standard di sicurezza elevati. Ad esempio, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), nel 2020 la capacità globale degli elettrolizzatori era di 0,3 gigawatt (GW). Entro il 2026, dovrebbe raggiungere all’incirca i 17 GW. Organizzazioni come l’Unione europea e le Nazioni Unite promuovono la capacità di energia rinnovabile a livello globale stanziando risorse affinché i costi associati alla produzione di idrogeno verde diminuiscano. L’iniziativa Green Hydrogen Catapult delle Nazioni Unite, ad esempio, ha quasi raddoppiato l’obiettivo per gli elettrolizzatori verdi, che dovrebbero passare dai 25 GW del 2020 ai 45 GW entro il 2027.
Non solo finanziamenti, ma anche capacità digitali
Oltre alla cooperazione e ai finanziamenti, l’industria tuttavia ha bisogno anche di capacità digitali per favorire l’efficienza dello sviluppo dei prodotti. Sebbene il processo di creazione dell’idrogeno che ricorre all’elettricità per scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno possa sembrare relativamente semplice, è il ruolo degli elettrolizzatori a risultare determinante. A seconda dell’utilizzo e della tipologia, possono variare in modo significativo in termini di progettazione, installazione e funzionamento. Di solito costituiscono una delle voci di costo principali nella produzione di idrogeno verde. Questo significa che i produttori di apparecchiature per elettrolizzatori devono considerare tutti gli elementi che contribuiscono alla loro realizzazione: dai costi dei materiali alle dimensioni dei moduli, dalla variabilità dell’installazione all’idoneità per specifiche applicazioni industriali, tenendo conto della durata e dei livelli di degrado delle pile. Gli elettrolizzatori infatti hanno un ciclo di vita che sia aggira tra le 5.000 e le 80.000 ore, il che rende essenziale la capacità di monitorare le risorse durante l’intero ciclo di vita.
Per gestire le complessità della progettazione, della produzione e della gestione di impianti di idrogeno verde, le aziende devono quindi essere in grado di progettare, testare e ottimizzare gli elettrolizzatori all’interno di un’intera configurazione operativa nel mondo virtuale. È quello che permette di fare la piattaforma 3DEXPERIENCE di Dassault Systèmes, offrendo funzionalità end-to-end che vengono incontro alle esigenze dei produttori.
Il caso McPhy Energy e l’incidenza del virtual twin
Utilizzando le funzionalità virtual twin della piattaforma, che permettono di costruire una replica digitale completa del sistema reale, le aziende possono seguire ogni apparecchiatura in tutte le fasi del suo ciclo di vita, fino alla messa in servizio e alla manutenzione. La simulazione include tutti gli aspetti: dall’integrità strutturale all’ottimizzazione della pressione, inclusa l’analisi dei guasti. La possibilità di tracciare tutti i dispositivi fisici e i sistemi, acquisendo le informazioni relative, permette di prevenire i problemi durante l’installazione e il funzionamento, di ridurre i costi, nonché di minimizzare i tempi di inattività e di migliorare la sicurezza dei lavoratori.
Aziende come la francese McPhy Energy hanno potuto aumentare la competitività dei loro elettrolizzatori e delle stazioni di rifornimento di idrogeno a basse emissioni di carbonio mediante la gestione di tutti i loro processi sulla piattaforma 3DEXPERIENCE di Dassault Systèmes in cloud. In particolare, questo è stato reso possibile standardizzando i processi e le applicazioni di progettazione e simulazione, centralizzando i dati e la gestione dei progetti, facilitando la collaborazione interna e con i fornitori di tutto il mondo, migliorando infine le prestazioni, la qualità e la sicurezza degli elettrolizzatori.
La gestione del ciclo di vita dei prodotti all’interno della piattaforma 3DEXPERIENCE e la modellazione virtuale dei processi di produzione, ha messo in condizione McPhy di poter rendere disponibili sul mercato in minor tempo i propri prodotti e di poter ottimizzare le prestazioni delle proprie apparecchiature.