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Bilancio di sostenibilità e nuove strategie di crescita per i settori hard to abate



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Al Bilancio di sostenibilità è affidato il compito di misurare e rendicontare le performance di sostenibilità delle imprese e i progressi nell’attuazione degli obiettivi di sostenibilità ESG prefissati. Un obbligo a cui sarà chiamato a rispondere soprattutto il comparto hard to abate, a seguito della Direttiva CSRD

Pubblicato il 17 ott 2024



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Nei settori hard to abate, particolarmente difficili da decarbonizzare o riconvertire, quali l’acciaio, la chimica, la ceramica, la carta e il vetro, la sostenibilità rappresenta una sfida ambiziosa. Si tratta, come noto, di comparti fortemente energivori, caratterizzati dall’impiego di una notevole quantità di energia o basati su processi produttivi che, per loro natura, generano anidride carbonica come sottoprodotto.

Oggi, questi settori, da anni impegnati in sfide significative per ridurre il proprio impatto ambientale, nell’intento di poter conseguire gli obiettivi europei di decarbonizzazione fissati al 2030 e 2050, sono chiamati ad assumere responsabilità ancora più ampie che includono la gestione, il controllo e la misurazione dell’impatto delle loro attività economiche e produttive anche sul piano ambientale (Environmental), sociale (Social) ed etico (Governance).

In questo contesto, i bilanci di sostenibilità sono destinati a svolgere un ruolo cruciale, essendo lo strumento con cui le aziende rendicontano, in modo chiaro e trasparente, le proprie performance di sostenibilità, compresi gli impatti positivi e negativi generati dal proprio operare, e misurano i progressi del proprio impegno nell’attuazione degli obiettivi di sostenibilità ESG prefissati.

Che cos’è il bilancio di sostenibilità

Il bilancio di sostenibilità, che rappresenta la fotografia completa e autentica dell’impegno aziendale sui temi ambientali, sociali e di governance, è un documento fondamentale per misurare, condividere e comunicare sia le intenzioni che gli obiettivi raggiunti rispetto all’obiettivo dello sviluppo sostenibile e implica l’assunzione di responsabilità (accountability) verso gli stakeholder interni ed esterni.

Tale attività di rendicontazione, fino a qualche tempo fa volontaria per le imprese, è oggi diventata obbligatoria. Dall’inizio del 2024, infatti, è diventata effettiva la “Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD” che sostituisce la NFRD (Non-financial Reporting Directive, adottata nel 2014 e recepita in Italia nel 2016 con il D.Lgs. n. 254/2016) e rende obbligatorio il bilancio di sostenibilità.

La Direttiva CSRD, che avrà un ambito di applicazione graduale nei prossimi anni, introduce il concetto di “doppia materialità”, affiancando alla “materialità finanziaria”, cioè alle informazioni rilevanti per un’impresa, quella relativa all’impatto che l’impresa ha con la sua attività (“materialità dell’impatto”).

Si amplia anche la platea dei soggetti interessati. La nuova Direttiva prevede, infatti, le seguenti tempistiche:

  • dal 2025 (anno fiscale 2024) le grandi imprese di interesse pubblico con più di 500 dipendenti, attualmente soggette alla direttiva NFRD;
  • dal 2026 (anno fiscale 2025) le grandi imprese che, alla data di chiusura dell’esercizio, superino 2 dei seguenti 3 criteri: € 20 milioni di totale dell’attivo, € 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui;
  • dal 2027 (anno fiscale 2026) le PMI e le altre imprese quotate (escluse le microimprese).

Se quindi, in base alla CSRD, raccogliere la sfida della sostenibilità sociale, economica e ambientale (ESG), non è più soltanto una necessità ma diventa un obbligo, è opportuno che le aziende, soprattutto quelle che appartengono ai settori hard-to-abate, arrivino pronte alla scadenza, con un programma e un percorso di preparazione che comporti la redazione e la presentazione di un bilancio di sostenibilità non più volontario ma conforme ai criteri previsti dalla Direttiva.

Settori hard to abate: strategie di crescita sostenibile

Fin dagli anni ’90, le industrie hard-to-abate hanno cercato di efficientare i propri processi in tutte le fasi di lavoro, sia da un punto di vista energetico che ambientale, e di utilizzare meno risorse ed energia come input per ottenere lo stesso prodotto.

Un obiettivo che viene perseguito anche attraverso la scelta di materie prime in grado di ridurre il fabbisogno energetico in fase di produzione e, allo stesso tempo, di minimizzare le emissioni in atmosfera derivanti dal processo fusorio necessario per arrivare al prodotto finito. In questi casi, infatti, il rilascio CO2 in atmosfera è intrinseco al processo stesso.

Per molte filiere, un esempio è rappresentato dalla calce, materia prima che gioca un ruolo fondamentale in questo senso. Basta pensare, infatti, al suo utilizzo ai fini della riduzione delle emissioni di CO2 nella produzione dell’acciaio , dove funge da basificante e desolforante determinando un significativo impatto positivo sulla produttività e sulla pulizia dell’acciaio in termini di migliore qualità finale e riduzione dei costi di produzione, oppure in quella del vetro, per la quale comporta una serie di vantaggi in termini di sostenibilità derivanti dall’utilizzo di prodotti già calcinati rispetto ai prodotti calcarei tradizionali.  

Più in generale, nei comparti hard-to-abate, la minimizzazione delle emissioni di CO2 in atmosfera derivanti dal processo fusorio richiede innovazione e ricerca continua di materiali e soluzioni tecnologiche in grado di ridurre il fabbisogno energetico in fase di produzione.

Soluzioni su misura che necessitano di un partner in grado di guidare ogni azienda nel suo particolare percorso verso un futuro più sostenibile. Un compito che Unicalce, uno dei principali produttori italiani di calce calcica, dolomitica e prodotti derivati, svolge ormai da anni, impegnandosi nella ricerca e sviluppo di materiali sempre più performanti e presentandosi come leader nel settore in materia di responsabilità di governance, sociale e ambientale.

In tal senso, l’azienda, soggetta in base alla Direttiva CSRD alla redazione del bilancio di sostenibilità dal 2026 su dati dell’anno fiscale 2025, ha già adottato nel 2024 pratiche di rendicontazione di sostenibilità di criteri ESG in modo volontario. Inoltre, per arrivare pronta nel 2026 con il primo bilancio di sostenibilità ufficiale, Unicalce ha programmato e avviato nel 2024 un percorso triennale. Alla pubblicazione del primo report di sostenibilità redatto su base volontaria nell’ultimo trimestre del 2024 seguirà, infatti, nel 2025 un report già allineato ai criteri della direttiva CSRD ma redatto ancora su base volontaria.

La pianificazione del percorso triennale testimonia la volontà dell’azienda di operare in maniera trasparente e responsabile ed è una conferma dell’impegno di Unicalce in termini di sostenibilità ESG e nel porsi come partner ideale per le aziende dei comparti hard to abate in progetti condivisi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi finali dell’azzeramento delle emissioni entro 2050.

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