Sostenibilità non vuol dire soltanto attenzione alla riduzione delle emissioni di Co2: anche la perdita di biodiversità è uno dei fattori più impattanti sull’ambiente, come dimostra il fatto che a causa di questo fenomeno va in fumo ogni anno circa il 6% del PIL globale. Tradotto in cifre, parliamo di più di 5mila miliardi di dollari.
A scandagliare questo tema è il report “Harmonizing Infrastructural Progress with Nature“, elaborato da Boston Consulting Group in collaborazione con Quantis, che analizza il modo in cui le infrastrutture possono essere progettate per riuscire a proteggere e a valorizzare gli ecosistemi naturali, ottenendo il duplice obiettivo di assicurare la crescita economica e ridurre la pressione sulla biodiversità.
Il costo della perdita di biodiversità
Stando ai dati pubblicati da BCG e Quantis, per raggiungere le zero emissioni nette serviranno investimenti per 5mila miliardi di dollari entro il 2030, con un aumento esponenziale della produzione elettrica e un raddoppio degli investimenti nelle infrastrutture. Questo approccio però – secondo la ricerca – porta con sé anche rischi per la biodiversità, con un calo della funzionalità degli ecosistemi che arriva a costare all’economia globale oltre 5mila miliardi di dollari in un anno, pari a circa il 6% del PIL globale.
Il settore infrastrutturale, infatti, insieme a quello energetico, è responsabile di circa il 35% delle pressioni sulla biodiversità, che si traducono in cambiamenti del paesaggio con conseguenze negative sugli habitat e frammentazione delle risorse naturali. “È quindi essenziale – spiega BCG – tenere conto della biodiversità come elemento chiave delle strategie di progettazione e negli investimenti infrastrutturali, affinché se ne valutino attentamente gli impatti a lungo termine per garantire benefici, sia naturali sia economici, duraturi”.
Il Kunning-Montreal Global Biodiversity Framework
Dalla ricerca BCG emerge il fatto che l’attenzione sulla sostenibilità si è concentrata negli ultimi anni sul solo tema della decarbonizzazione: un focus che ha portato molte aziende a trascurare altri aspetti chiave, come ad esempio l’impatto dell’uomo sull’ambiente e la preservazione della biodiversità, che è entrata con prepotenza nell’agenza della Cop28 con il Kunning-Montreal Global Biodiversity Framework.
Il documento, firmato da 196 governi, è importante perché integra la preservazione della biodiversità nelle strategie aziendali e nelle politiche globali. Tutto questo fissando 23 obiettivi pensati anche con l’intento di dare alle aziende un ruolo attivo nella tutela della biodiversità, spronandole ad essere “nature positive”. Un esempio è il cosiddetto obiettivo “30×30”, che punta a lasciare intatto almeno il 30% del pianeta entro il 2030.
Investire nel ripristino degli ecosistemi
“Molte aziende dipendono da servizi ecosistemici offerti gratuitamente dalla natura, come la regolazione idrogeologica e la protezione da eventi climatici – spiega Fabio Alberto Favorido, associate director, Nature and Climate & Sustainability di Bcg – Adottare una visione più ampia su impatti e dipendenze dalla natura, investendo nel ripristino degli ecosistemi, significa poter ottenere un ritorno economico e garantire la resilienza del business”.
Il modello Snam a tutela della biodiversità
Tra gli esempio virtuosi di contrasto alla perdita di biodiversità lo studio BCG cita Snam, che “ha adottato un modello avanzato di sostegno alla biodiversità nelle proprie operazioni e strategie core – spiega Boston Consulting Group – Non solo un impegno dettato dall’agenda di sostenibilità europea, ma un pilastro della mission e della stessa strategia aziendale: sviluppare infrastrutture energetiche sostenibili per il futuro”.
Grazie al fatto di aver adottato la metodologia Science-Based Target Network, spiega BCG, l’azienda può stilare un’analisi dettagliata e scientificamente fondata delle sue interazioni con l’ambiente naturale in cui opera, identificando specifiche aree d’intervento per il miglioramento e la conservazione della biodiversità.
“La riduzione delle emissioni rappresenta ormai un percorso prioritario e ineludibile per Snam, in considerazione degli obiettivi di carbon neutrality al 2040 e net zero al 2050, ma il climate change rappresenta solo uno dei planetary boundaries – afferma Matteo Tanteri, director Sustainability & social impact di Snam – È infatti nostro dovere guardare con attenzione all’ambiente nel suo complesso e, ad esempio, rafforzare quanto già intrapreso per tutelare la natura e la biodiversità, al fine non solo di ridurre al minimo e azzerare la nostra impronta ma far sì che il nostro passaggio sul territorio possa anche generare ritorni e benefici positivi per l’ambiente e le persone, come già avvenuto in alcuni nostri cantieri. La sostenibilità, intesa a 360° per ambiente, persone ed economia, fa pienamente parte della strategia dell’azienda e diventa indispensabile per garantire un valore continuo, diffuso e di lungo periodo del nostro business”.