Lo dicono le statistiche. L’Italia è il principale produttore mondiale di vino, un settore chiave per la nostra economia. Tuttavia, la filiera vitivinicola è soggetta a grande volatilità, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti finanziari. Oltre alla tradizionale stagionalità e dipendenza dagli eventi atmosferici, negli ultimi anni si è aggiunta una bolla speculativa dovuta ad una notevole accelerazione della domanda soprattutto per alcuni prodotti pregiati. Incertezza che rende molto difficile un’adeguata pianificazione finanziaria per le aziende della filiera che sono costantemente alla ricerca di soluzioni finanziarie innovative per stabilizzare i flussi di liquidità. L’invoice trading di Workinvoice è una di queste.
Operativa dal 2015, Workinvoice è una società fintech di servizi a valore aggiunto per le imprese, che mette in contatto diretto risorse finanziarie e settore produttivo. Workinvoice ha sviluppato il primo mercato online in Italia di invoice trading, il canale web che consente alle PMI di ricevere liquidità attraverso la cessione di fatture emesse nei confronti di aziende di grandi dimensioni in maniera più flessibile rispetto al ricorso ai canali tradizionali (factoring e banche), tutto ciò grazie ad un meccanismo di asta pubblica che coinvolge investitori istituzionali e professionali.
La crisi che ha colpito la filiera del vino, soprattutto pugliese
Come racconta Matteo Tarroni, CEO & Co-Founder di Workinvoice, l’attività economica degli ultimi due anni è stata caratterizzata da difficoltà della logistica, prezzi delle materie prime volatili e in molti casi saliti alle stelle, componenti e semilavorati introvabili. Anche la filiera del vino ha subito l’impatto di questi eventi. Il surplus dei soli costi energetici (+425 milioni di euro) e, di conseguenza, delle materie prime secche (oltre 1 miliardo in più per vetro, carta, cartone, tappi, alluminio) valgono da soli un aumento dell’83% rispetto ai budget di inizio 2022. A questi si aggiungono altre voci in incremento (vino sfuso, costi commerciali, forza lavoro) che portano a un aumento dei costi totali di quest’anno del 28% (dati Osservatorio Uiv –Vinitaly).
All’aumento dei costi e alla loro difficile prevedibilità si somma l’indeterminatezza dei ricavi, determinata in qualche caso da bolle speculative alimentate da improvvise accelerazioni della domanda. E’ il caso della Puglia, la seconda regione in Italia per produzione vinicola dopo il Veneto, dove nel 2021 è esplosa una vera e propria bolla speculativa che ha causato un aumento delle giacenze e di fatto un intoppo nei flussi commerciali ed in ultima istanza un gap di liquidità per le aziende che soprattutto quando si tratta di PMI sperimentano i noti problemi di accesso al credito.
Boom di domanda: gli effetti sui prezzi e la bolla speculativa
Le stime dell’Area Studi di Mediobanca relative al 2021 vedono il nostro Paese primo produttore mondiale con un quantitativo superiore a 50 milioni di ettolitri, in crescita del 2% sul 2020. La domanda di vino, e di certi vitigni in particolare, negli ultimi anni ha segnato una fortissima ascesa, come nel caso di quelli pugliesi. Il Primitivo è uno dei tre vini più venduti nel mondo e nel 2022 ha addirittura superato il Chianti in Germania, Inghilterra e Usa.
L’aumento della domanda, anche e soprattutto dall’estero ha determinato una corsa all’acquisto da parte dei distributori, che hanno fatto incetta di materia prima dai viticoltori per spiazzare la filiera. La conseguenza è stata un aumento dei prezzi. In particolare, rileva Assoenologi, l’indice Ismea ha segnato un +12% nei prezzi alla produzione del settore nel suo complesso (in confronto alla campagna precedente), con le Igt che hanno segnato +6% e le Doc-Docg il +17%.
Ovviamente, i maggiori costi di produzione si sono trasferiti sul prezzo del vino al consumatore generando un effetto opposto sulla domanda che poi è stata inferiore alle attese. Secondo i dati di Cantina Italia, al 31 luglio 2022 le giacenze erano pari a 47,5 milioni di ettolitri rispetto ai 45,3 milioni del 2021.
“Insomma, – spiega Tarroni – si è innescato un cortocircuito che di fatto ha incastrato la filiera. Chi aveva scatenato la rincorsa dei prezzi si è trovato con tantissimo vino invenduto e ha ritardato i pagamenti ai fornitori, con un impatto sulla liquidità di tutte le aziende della filiera”.
Il fintech come strumento per disinnescare il motore inceppato della filiera del vino
La finanza di filiera (la cosiddetta “supply chain finance”) può aiutare le aziende a gestire l’incertezza di entrate ed uscite di cassa con strumenti flessibili che contribuiscono anche a stabilizzare i flussi commerciali. Un player come Workinvoice, che ha nel suo core business la fornitura di finanza, ha avuto anche il ruolo di regolatore dei flussi commerciali. Un ruolo che assume introducendo regole nella trattativa con i player della filiera che va a finanziare: dall’azienda agricola che produce l’uva fino alla grande azienda proprietaria delle etichette e ai grandi imbottigliatori e distributori, un segmento della catena produttiva che negli ultimi ha visto l’ingresso anche dei fondi di private equity.
In sostanza, si stilano contratti che fissano le regole della fatturazione e i tempi di pagamento per tutti gli anelli della catena, e viene fornita finanza in subordine al rispetto di queste regole. In particolare, quattro sono i passaggi che seguono i quattro momenti cruciali della produzione del vino: la raccolta e il conferimento dell’uva; la trasformazione in mosto e in vino; l’imbottigliamento; la distribuzione al mercato finale. Per ciascuno di questi passaggi, Workinvoice prende in carico le fatture e le anticipa, chiedendo in garanzia il pagamento della stessa fattura secondo tempi fissati in precedenza. In tal modo gestisce i potenziali ritardi in maniera preventiva.
Il sistema è molto più equilibrato e nessuna delle aziende va in stress perché manca la cassa per via di pagamenti ritardati.
Il caso delle Tenute Di Donna
Le Tenute Di Donna sono una delle aziende che hanno aderito al progetto di Workinvoice. Con sede nell’area del Gargano, l’azienda ha fatturato 6 milioni di euro nel 2021 e punta a quota 8 milioni a fine 2022. Secondo il CEO Nicola Di Donna, Workinovice introduce nella catena un elemento fluidificante. “Nel momento in cui il credito commerciale diventa cassa, il fornitore ha immediatamente la liquidità che serve a continuare a lavorare senza dover far ricorso a maggior debito – dice Di Donna – e noi, in quanto clienti, siamo alleggeriti da incombenze troppo vicine nel tempo e da qualsiasi stress legato a eventuali solleciti: abbiamo infatti tutto il tempo necessario per poter adempiere alle scadenze, per fare prodotti migliori e aumentare il volume di affari, diventando a nostra volta fornitori più efficienti. In momenti ordinari è un intervento eccezionale: in un momento di emergenza come quello attuale è stato linfa vitale per la filiera del vino pugliese”.