ANALISI

Irpef agricoltura, cosa cambia con l’emendamento al Milleproroghe



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Il provvedimento fornisce un sollievo fiscale agli agricoltori reintroducendo un’esenzione “modulata” in base al reddito dominicale e agrario posseduto. Raffaele di Capua: “Ma è solo una soluzione temporanea che rimanda al 2026”

Pubblicato il 29 mar 2024



agricoltura UK – sovranità alimentare

Dopo i mesi di protesta sollevata da migliaia di aziende agricole in tutta Italia da inizio anno, il Governo ha mostrato un segnale di apertura con l’emendamento al decreto Milleproroghe: con il via libera il 21 febbraio scorso, il provvedimento ha inteso fornire un sollievo fiscale agli agricoltori attraverso una riduzione dell’IRPEF facendo un passo importante verso il sostegno e lo sviluppo di uno dei pilastri fondamentali dell’economia nazionale.

La storia del provvedimento

La Legge di bilancio 2024 infatti non aveva riproposto l’estensione dei provvedimenti introdotti con la “Legge Finanziaria 2017” che prevedeva la non concorrenza alla formazione del reddito ai fini IRPEF dei redditi agrari e dominicali dei coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (IAP) di cui all’art. 1, D.Lgs. n. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola.

A seguito delle cosiddette “proteste dei trattori”, il Governo ha raggiunto un accordo con il comparto agricolo reintroducendo l’esenzione seppur in versione non integrale ma “modulata” in base al reddito dominicale e agrario posseduto.

Se rimane confermata l’esenzione dell’IRPEF per i redditi agrari e dominicali fino a 10mila euro, la vera novità riguarda la riduzione per due anni del 50% dell’importo per i redditi compresi tra i 10mila e i 15mila euro, assicurando un sostegno per un periodo più lungo che consente una programmazione degli investimenti da parte delle aziende agricole.

Oneri aggiuntivi per le imprese agricole

Come spiega Luca Bisignani, Partner di Proactiva Corporate & Tax, “Certamente l’uscita seppur graduale dal sistema di esenzione dall’Irpef ‘agricola’ comporta un onere aggiuntivo per le imprese agricole già in difficoltà e quindi rischia di peggiorare ulteriormente anche in prospettiva la redditività delle stesse. Va, tuttavia ricordato per completezza che l’eventuale base imponibile Irpef, parziale o totale che sia, sarà sempre costituita non dal reddito effettivo ma da quello catastale (dominicali ed agrari seppur rivalutati) e quindi permarrebbe comunque un criterio agevolativo rispetto a contribuenti di altri settori”.

La manovra avrà un costo stimato in 220 milioni di euro nel 2025, 130 milioni per il 2026 e 89,8 milioni per il 2027 e sarà finanziata con i proventi della riforma fiscale, andando ad aggiungersi a una serie di altri interventi per il settore della produzione primaria previsti dal decreto Milleproroghe.

Irpef degli agricoltori: la punta di un iceberg

Raffaele Di Capua, fondatore dello studio Di Capua & Partners, sottolinea come “il tema dell’IRPEF degli agricoltori è soltanto la punta dell’iceberg a cui nel Milleproroghe è stata data una soluzione temporanea che rimanda la questione all’anno 2026. Il vero problema dell’agricoltura è che i piccoli produttori sono schiacciati tra la politica europea del Green Deal da un lato e la Grande Distribuzione organizzata dall’altro e stanno morendo soffocati”.

“Per quanto riguarda la politica agricola europea – prosegue – il Governo si è impegnato a sostenere il comparto dell’Agricoltura contenendo, ove possibile, la diffusione delle farine di insetti attraverso l’introduzione dell’obbligo di etichettature molto rigide e chiare e scaffalature separate.

“Per quanto riguarda invece la pressione sul settore agricolo esercitata dalla Grande Distribuzione, che spinge per ottenere prezzi sempre più bassi – sostiene Di Capua – il Governo aumenterà i controlli dell’autorità per scongiurare l’applicazione di prezzi al di sotto dei costi di produzione e rafforzerà i controlli dell’ISMEA nell’individuazione dei costi medi di produzione delle principali filiere.

“L’intervento sull’IRPEF contenuto nel Decreto Milleproroghe – conclude – volto a continuare ad aiutare i soggetti più deboli del settore, non prevede una esenzione generalizzata bensì va incontro agli operatori con redditi più bassi lasciando inalterata la pressione fiscale sulle aziende più grandi”.

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