Coldiretti: come il caro energia impatta sulla filiera agroalimentare italiana

Secondo l’associazione di categoria l’impatto per il nostro Paese è particolarmente importante perchè l’85% delle merci viaggia su strada, con un effetto valanga sulla spesa di famiglie e sui costi delle imprese.

Pubblicato il 19 Gen 2022

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Il caro energia che in questi mesi sta riguardando l’Italia, sta interessando in maniera tangibile la filiera agroalimentare, soprattutto perché l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada, con un effetto valanga sulla spesa di famiglie e sui costi delle imprese. E’ quanto emerge da una indagine della Coldiretti sugli effetti dell’aumento della bolletta energetica, dal petrolio al gas fino all’energia elettrica. Tutti i segmenti della filiera stanno avvertendo l’innalzamento dei prezzi: dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione.

Per le operazioni colturali gli agricoltori – spiega Coldiretti – sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le lavorazioni dei terreni, senza dimenticare che l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%). L’aumento dei costi – continua la Coldiretti – riguarda anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per ortaggi e fiori, a cui non poche aziende hanno rinunciato, mettendo a rischio il futuro di alcune delle produzioni più tipiche del florovivaismo nazionale come tra gli altri il ciclamino, il lilium o il ranuncolo.

Il rincaro dell’energia è estremamente pesante anche nelle filiere più a valle, dal momento che incide sui costi di produzione degli imballaggi, della plastica (+72%) per i vasetti dei fiori alla banda stagnata per i barattoli (+60%), dal vetro (+40%) per i vasetti fino alla carta (+31%) per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi.

Ad acuire le conseguenze dei rincari energetici c’è la peculiare situazione della logistica italiana, che si caratterizza per la carenza o totale assenza di infrastrutture per il trasporto merci, che costa al nostro Paese oltre 13 miliardi di euro, con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea. In Italia il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 €/km, più alto di nazioni come la Francia (1.08 €/km) e la Germania (1.04 €/ km), ma addirittura doppio se si considerano le realtà dell’Europa dell’Est. In generale, stima la Coldiretti, l’aggravio per gli operatori economici italiani è superiore dell’11% rispetto alla media europea, ostacolando lo sviluppo del sistema agroalimentare nazionale.

“In tale ottica il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) finanziato con il Recovery Fund può essere determinante per agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo – conclude il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che sottolinea – l’importanza di dotare il paese di una riserva energetica sostenibile puntando sulla filiera del biometano agricolo da fonti rinnovabili con l’obiettivo di arrivare a rappresentare il 10% del fabbisogno della rete del gas nazionale”.

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