Vertical Farm

A Brescia uno dei più significativi progetti di vertical farming al mondo

Dalla collaborazione industriale di ZERO e ISEO IDRO, una formula originale che combina – in un ecosistema integrato – rigenerazione industriale, costruzioni prefabbricate a basso impatto e produzione di energia pulita per rendere accessibili a sempre più consumatori insalate di vario genere, microgreens ed erbe aromatiche coltivate in aeroponica. Un sistema scalabile, replicabile e modulare che porterà in GDO prodotti a un prezzo equiparabile al biologico

Pubblicato il 20 Dic 2021

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L’agricoltura del futuro mette radici nel Bresciano. ZERO, società ad alto impatto tecnologico con sede a Pordenone, annuncia l’avvio della costruzione a Capriolo, nell’ex stabilimento del gruppo Nk, di uno dei più significativi progetti di vertical farming al mondo, con una formula originale che combina, in un ecosistema circolare integrato, scalabile e replicabile in altri contesti, rigenerazione industriale, costruzioni prefabbricate a basso impatto e produzione locale di energia pulita da fonti rinnovabili.

Future Farming District prevede un investimento complessivo iniziale di oltre 60 milioni di euro per la prima fase e di ulteriori 40 milioni per la seconda fase, il cui completamento è previsto entro il 2025. Nasce dalla collaborazione industriale tra ZERO e ISEO IDRO, espressione di una società di investimento specializzata nell’acquisizione e gestione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili fondata da un gruppo di imprenditori altoatesini.

La distribuzione sarà affidata a Gianantonio Tramet, broker del settore alimentare con la sua società di intermediazione specializzata in servizi alla grande distribuzione organizzata: il modello è il private label e la filiera corta, sostanzialmente lombarda. Il progetto sarà studiato dal professor Carlo Bagnoli dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che sta già pensando a clonarlo in laguna. Quella di Capriolo è la prima istanza del format Future Farming District che il gruppo di lavoro prevede di replicare in altre località italiane.

Daniele Modesto, CEO di ZERO

“Realizzare in Italia il primo Future Farming District è una sfida: l’Italia è il paese della tradizione agricola e gastronomica – ammette Daniele Modesto, CEO di ZERO – La nostra agricoltura tecnologica, senza terra, con la luce artificiale al posto del sole, può sembrare eretica. Ma abbiamo lavorato per anni sottotraccia per costruire strumenti nuovi che ci permettono oggi di pianificare un progetto ambizioso e di eseguirlo velocemente, in maniera sostenibile per l’ambiente e per gli investitori”.

Un modello di produzione Made in Italy da esportare in tutto mondo

L’area scelta per ospitare il Future Farming District è quella del Parco dell’Oglio, una posizione strategica che consente di raggiungere tutto il nord Italia, la Svizzera, il sud della Germania e l’Austria con una logistica di corto raggio. Qui un tempo sorgeva il principale sito produttivo del gruppo tessile NK. Con un corpo architettonico principale edificato all’inizio del 1900 e ampliamenti effettuati negli anni ‘50 e ‘70, il compendio occupa una superficie di oltre 200.000 mq, con aree coperte complessive di circa 25.000 mq, e si affaccia direttamente sul fiume.

“Abbiamo trovato in questa splendida cornice naturale il luogo ideale e i partner industriali perfetti per mettere le basi di un progetto che rappresenta il nostro manifesto e un modello di Made in Italy da esportare nel mondo” continua Modesto.

Grazie alla modularità e alla rapidità di installazione della tecnologia ZERO, la capacità produttiva verrà installata progressivamente e rapidamente, sulla base del livello della domanda registrata sul mercato. Il sito sarà dedicato alla coltivazione di una gamma di insalate monovarietà e mix, una selezione di erbe aromatiche e microgreens. A questa selezione di prodotti, si aggiungeranno poi fragole di alta qualità prodotte tutto l’anno. Senza terra, in un’oasi verticale, hi-tech e a centimetro zero: un ecosistema circolare che può essere clonato ovunque.

L’avvio della produzione è previsto entro la primavera del 2022, con un progressivo incremento della capacità produttiva che, a completamento della fase 1, raggiungerà circa 1.300 tonnellate annue su una superficie di coltivazione in vertical farm di 31.000 mq: uno dei maggiori siti di vertical farming al mondo, pronto per il raddoppio con fase 2. Le ricadute economico-sociali dell’operazione per il territorio sono molteplici: dal recupero progressivo di un sito industriale con un progetto che interpreta al meglio la transizione ecologica alla creazione di decine di posti di lavoro per personale ad alta specializzazione.

Con l’energia pulita che alimenta la produzione, si riduce anche l’impatto ambientale

Le vertical farms consentono un sostanziale risparmio di acqua – oltre il 95% rispetto all’agricoltura intensiva – e una produzione per unità di superficie centinaia di volte superiore alla coltivazione tradizionale in campo. Il grande limite deriva dall’elevato fabbisogno energetico, che le rende di fatto un’attività energivora con un impatto ambientale in termini di carbon footprint. L’unico modo per ridurre questo impatto è alimentarle direttamente con energia pulita prodotta nel sito dove sono installate. Questo modello di autoconsumo è alla base del format Future Farming District e della sua missione: rendere i prodotti dell’agricoltura verticale e le loro qualità accessibili a una platea più ampia di consumatori.

Gli impianti di coltivazione in vertical farm, che sfruttano la tecnologia proprietaria di ZERO per coltivare eliminando completamente la terra, verranno allestiti sia all’interno dell’immobile storico sia in un’area limitrofa al sito industriale e saranno alimentati direttamente da energia pulita proveniente da un sistema di centrali idroelettriche situate sul fiume Oglio, la maggiore delle quali all’interno del complesso industriale.

Importante da sottolineare è che il sito produttivo di Capriolo verrà dedicato a una piccola produzione a marchio e ad una più ampia strategia di partnership con la grande distribuzione finalizzata ad avviare programmi di private label. “Riteniamo – spiega il CEO di ZERO – che la strategia migliore per far conoscere i prodotti dell’agricoltura verticale e renderli più accessibili, di fatto democratizzando l’accesso a prodotti buoni per il consumatore e per l’ambiente, sia affidare buona parte della nostra capacità produttiva ai principali retailer nazionali: solo loro possono avere la capacità e gli strumenti per spiegare al pubblico i vantaggi offerti dall’agricoltura verticale, allargando la platea di riferimento. Questa sinergia con la grande distribuzione ci permetterà di concentrare i nostri sforzi sulla gestione ottimale degli impianti e sul miglioramento delle loro performance, in un circolo virtuoso che crea valore per il progetto, per il territorio, per la distribuzione e per il consumatore finale”.

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