Dalla ricerca scientifica può arrivare un importante contributo al miglioramento delle produzioni DOP nazionali: lo dimostra il Progetto TOMATO TRACE 4.0, finanziato dal PSR Campania 2014-2020, di cui si è discusso a Napoli nei giorni scorsi in occasione del convegno finale organizzato dal Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II (partner del Consorzio METROFOOD-IT).
L’area di produzione del pomodorino del Piennolo è quella dei versanti del complesso vulcanico Somma-Vesuvio, ovvero i territori di 18 Comuni che insistono sulle falde del vulcano napoletano. La particolarità di questo pomodoro, in particolare, è il suo gusto sapido-acidulo che lo rende molto gradevole al palato. Le caratteristiche del prodotto sono il risultato della combinazione di fattori territoriali tipici, quali il suolo vulcanico, il clima del luogo ma anche la particolare gestione agronomica (densità d’impianto, quantità d’acqua irrigua e di fertilizzanti), che determinano congiuntamente le qualità del pomodorino.
Il vantaggio della tracciabilità per il Pomodorino del Piennolo
Caratteristiche peculiari che erano però a rischio di frode, come ha raccontato Paola Adamo, Responsabile tecnico-scientifico del progetto e Professore ordinario di Chimica Agraria del Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, “Il progetto è nato dall’esigenza mostrata dai produttori del pomodorino dell’area DOP che si sentivano frodati da pomodori coltivati al di fuori del territorio ufficialmente riconosciuto come DOP. Chiaramente il pomodorino coltivato fuori da questa area non può fregiarsi del marchio di origine ma viene comunque spesso venduto allo stesso prezzo e con lo stesso nome, con un evidente danno per il produttore e per il consumatore finale”.
Nell’ambito del progetto sono così stati utilizzati sia strumenti semplici che più sofisticati per tracciarne l’origine, tra i quali in particolare l’impronta geochimica (ovvero la composizione in elementi chimici del pomodoro). I risultanti modelli costruiti con i dati ottenuti hanno permesso di discriminare con un’accuratezza del 100%i pomodori di provenienza DOP e non DOP.
“Si è trattato di un grande risultato, ma non ci siamo limitati soltanto a questo aspetto: abbiamo anche effettuato delle analisi spettroscopiche e di risonanza magnetica nucleare. In particolare, l’impiego della spettroscopia nel vicino infrarosso si è rivelata estremamente utile per valutare la qualità dei pomodori. Abbiamo anche effettuato per la prima volta delle analisi sensoriali, gustative e olfattive sul pomodoro fresco, ma anche su quello cucinato, ad esempio sulla pizza”, ha aggiunto Adamo.
Gli obiettivi futuri
Inoltre, i risultati emersi offrono al Consorzio di tutela del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP una strada per migliorare la qualità del prodotto e tutelarlo dalle frodi di origine. “I dati, infatti, dimostrano che l’attuale disciplinare di produzione (redatto circa 15 anni fa) lascia forse troppa libertà ai singoli produttori agricoli. Molti dei nostri risultati possono essere utili al Consorzio per aggiornarlo in termini varietali, di caratteristiche qualitative e modalità di gestione”, evidenzia Adamo.
Nel prossimo futuro, le nuove apparecchiature finanziate attraverso il progetto PNRR METROFOOD-IT permetteranno al Dipartimento di Agraria della Federico II di applicare ulteriori tecniche analitiche a fini di autenticazione e tracciabilità, anche su altre produzioni DOP. In questo senso l’assessore all’Agricoltura della Regione Campania, Nicola Caputo, che ha partecipato all’evento conclusivo del progetto TOMATO TRACE 4.0, ha lanciato la proposta di utilizzare l’approccio tecnologico applicato nel progetto anche sugli altri Prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP) della Regione Campania (al momento 15).