Riflessioni

Agenda 2030 e Fame Zero: le sfide dell’agroalimentare ad “Agrifood Future”

Temi cruciali, tra cui la sicurezza alimentare, la transizione ecologica, la digitalizzazione e la collaborazione globale sono stati al centro della kermesse salernitana sul futuro dell’industria agroalimentare. Le riflessioni di Andrea Prete, Presidente Nazionale di Unioncamere e della Camera di Commercio di Salerno, Maurizio Martina, Vice Direttore della FAO e Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy

Pubblicato il 21 Set 2023

Foto_Unioncamere

Con oltre 2000 presenze, 70 relatori e 21 panel la prima edizione di “Agrifood Future”, la kermesse salernitana che ha posto l’attenzione sul futuro dell’industria agroalimentare, giunge al termine e rilancia la prossima edizione che si terrà nel 2024. Tra le novità che saranno introdotte il prossimo anno, una borsa di studio a cura della Camera di Commercio di Salerno che premierà le tesi universitarie più innovative nel settore agritech.

Agrifood Future ha offerto cinque giorni di intense discussioni, che hanno coinvolto esperti, professori, istituzioni e imprenditori. Durante l’evento, sono stati affrontati i trend emergenti del comparto agrifood e le ultime novità. Inoltre, due seminari e una summer school hanno interessato più di 100 giovani, dimostrando l’impegno nell’educare e ispirare le nuove generazioni.

La serata di chiusura di Agrifood Future 2023 si è conclusa con una social dinner per 500 persone sul lungomare di Salerno, supervisionata da Alfonso Iaccarino, chef del ristorante stellato “Don Alfonso 1890”, che ha guidato una squadra di giovani chef provenienti dall’Istituto Alberghiero Roberto Virtuoso di Salerno. L’evento, all’insegna della sostenibilità, devolverà le eccedenze alle mense per i bisognosi e al banco alimentare, per combattere il food waste.

Accogliere la transizione digitale e sostenibile per la resilienza dell’agroalimentare

La volontà di Agrifood Future, come chiaramente espresso da Andrea Prete, Presidente Nazionale di Unioncamere e della Camera di Commercio di Salerno è renderlo un appuntamento di riferimento per la città di Salerno e per tutto il settore agroalimentare. Del resto, in vista dell’aumento della popolazione mondiale a cui si assisterà nei prossimi anni, al sistema agrifood non resta che evolversi per garantire a tutti l’accesso a risorse fondamentali come il cibo.

Per questo, prosegue Prete, è cruciale investire, valorizzare e creare dei contesti in cui si possa discutere dell’innovazione, della digitalizzazione e della transizione ecologica nel settore agroalimentare: tutte leve che lo renderanno resiliente nei confronti dei cambiamenti dei prossimi anni. “Torneremo a Salerno nel 2024 con la seconda edizione di Agrifood, e ancora una volta ripartiremo dai giovani, vere risorse del nostro futuro” chiosa Prete.

Agenda 2030 e obiettivo Fame Zero, bisogna correre

Alex Giordano, considerato uno dei principali esperti di Social Innovation, Agritech e Digital Transformation applicata al settore agroalimentare, ha presentato il libro “FoodSystem 5.0” dove propone una “dieta mediterranea 5.0”, un modello di sviluppo capace di mettere le tecnologie al servizio della società e con cui si potrebbero evitare accelerazioni che potrebbero esacerbare le disuguaglianze, gli effetti negativi sull’ambiente e la perdita del senso di collettività. Attraverso una riflessione sulle condizioni che attivano i cambiamenti ecosistemici, e osservando sul campo l’applicazione dell’innovazione tecnologica nelle comunità rurali, Alex Giordano delinea un percorso possibile per far convivere la dimensione sociale con quella ambientale e tecnologica, redistribuendo valore alle persone e ai territori.

Subito dopo è stato trasmesso un videomessaggio di Maurizio Martina, Vice Direttore della FAO, da cui è emersa la necessità di migliorare il grado di consapevolezza attorno ai temi della sicurezza alimentare globale. “Siamo di fronte ad un momento delicato – spiega Martina – molti studiosi parlano di crisi multiple che aggravano la situazione poiché generano conseguenze inaspettate scatenate anche dalla loro interconnessione”.

Parliamo ovviamente dei riflessi del cambiamento climatico sul sistema agroalimentare, delle conseguenze delle guerre e dei conflitti che stanno esacerbando l’insicurezza alimentare in aree già fortemente stressate, e delle conseguenze socio-economiche generate da shock globali come la pandemia. In diverse realtà, soprattutto le più fragili, ancora si sentono gli strascichi del Covid-19 in termini di un aumento vertiginoso dei costi di produzione, dei fertilizzanti e dell’energia per i sistemi produttivi.

Questo rende lo scenario decisamente complesso e l’allarme che vuole lanciare la FAO è questo: in assenza di un cambio di responsabilità e di una moltiplicazione degli sforzi nella metà del tempo a nostra disposizione difficilmente riusciremo a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 e quindi, l’obiettivo n.2 Fame zero.

Il ruolo della collaborazione tra sistemi forti e fragili

Per affrontare seriamente uno dei nodi storici che abbiamo di fronte, e quindi il climate change sempre più repentino ed evidente ad ogni latitudine, abbiamo bisogno di implementare azioni concrete, di introdurre novità dal punto di vista organizzativo, tecnologico e dell’innovazione per consentire di produrre meglio consumando meno e perdendo meno.

Adattare e trasformare i food systems facendo leva sulle opportunità generate anche dalla transizione tecnologico-digitale, continua Martina, è una grande scommessa che stiamo cercando di affrontare; in particolare, facendo lavorare insieme i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, che faticano più di altri a gestire questa situazione.

Questo permette di condividere esperienze, tecnologie e buone pratiche, favorendo la possibilità che anche nei territori più fragili si possano introdurre quelle innovazioni tecnico-operative che consentano una migliore gestione di alcuni beni fondamentali come acqua e suolo e di mettere in pratica tecniche di agricoltura sostenibile.

Ciò presuppone un impegno non solo atto a trasformare i modelli organizzativi delle comunità, ma ad accompagnarle con strumenti finanziari adeguati, mettendo a disposizione questa possibilità a costi equi e cercando di massimizzare lo scambio di esperienze tra sistemi forti e deboli. Questo è il nostro grande compito quotidiano, afferma il Vice Direttore della FAO.

Condivisione e collaborazione per una gestione sostenibile dei food systems

Un altro grande tema sollevato da Maurizio Martina è legato all’export agroalimentare made in Italy che si sta sviluppando: una gigantesca opportunità per il Bel Paese e una delle frontiere da curare anche per il futuro dei nostri territori. Qui emergono altri temi come quelli legati alla difesa della qualità dei prodotti made in Italy, alla capacità di essere presenti in maniera più efficiente nei nuovi mercati internazionali, bisogna far incontrare domanda ed offerta, ma c’è anche un tema di equità dei costi di produzione e remunerazione di chi vive, lavora e produce nei sistemi agroalimentari.

L’agroalimentare italiano è anche uno strumento formidabile di diplomazia per il paese e può fare molto nel rapporto con i Paesi limitrofi dell’area mediterranea nello scambio di conoscenze, di opportunità, di nuovi progetti condivisi che possono generare un’esperienza vincente per tutti i soggetti che si mettono a disposizione. Il territorio campano può essere protagonista di questo lavoro e questo importante appuntamento si può inserire a pieno titolo nella riflessione generale di oggi, aggiunge Martina.

L’impatto ambientale dell’agroalimentare tra sfide e soluzioni

Durante l’ultima giornata di Agrifood Future è stato letto anche un messaggio inviato da Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy che ha ribadito l’impatto significativo della produzione alimentare sull’ambiente, dal consumo di acqua, alla deforestazione, alle emissioni di gas serra. Da qui deriva l’urgenza di promuovere pratiche agricole sostenibili per mitigare i rischi e preservare l’ecosistema. Al contempo, i cambiamenti climatici stanno facendo sentire i loro effetti sull’agroalimentare: le fluttuazioni delle temperature, i cambiamenti nei modelli di pioggia e l’incremento degli eventi climatici estremi stanno minacciando la sicurezza alimentare.

Dunque è fondamentale adottare strategie di adattamento, frutto di un costante lavoro di ricerca scientifica da richiamare con convinzione, prosegue Urso che invita a considerare come anche la nostra dieta mediterranea, da sempre riferimento a livello internazionale, tragga giovamento dall’evoluzione del mondo della scienza. Partendo per esempio dalla biodiversità che può ispirare pratiche agricole sostenibili come la coltivazione diversificata, l’agricoltura biologica, e la rotazione delle colture che migliorano la fertilità del suolo e ne riducono l’erosione.

Non meno rilevante è il ricorso alle tecnologie emergenti. Vertical farm, intelligenza artificiale, robot, droni, sensori e blockchain stanno rivoluzionando l’agricoltura poiché sono in grado di aumentare la produttività, ridurre l’uso di risorse e migliorare la tracciabilità degli alimenti lungo tutta la catena, tutelando consumatori e imprese da pratiche illecite.

Il ruolo chiave della tecnologia al servizio della sostenibilità è emerso anche dai dati dell’Istituto Tagliacarne, Unioncamere e Centro Studi Rural Hack in occasione di Agrifood Future 2023 di Salerno da cui si evince che entro il 2024, il 54% delle imprese agroalimentari sosterrà investimenti green, superando la media di altri settori (51%). Inoltre, il 32% delle imprese agroalimentari adotterà tecnologie 4.0 entro l’anno prossimo.

Il futuro del cibo è complesso e pieno di sfide, ma anche di opportunità, chiosa il Ministro delle Imprese e del Made in Italy. La collaborazione a livello globale sarà essenziale per affrontare questi problemi in modo efficace e garantire un futuro alimentare sicuro ed equo per tutti.

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