L’Italia è ancora in ritardo rispetto ad altri paesi europei nel panorama dell’innovazione Agri-Food-Tech. A rilento soprattutto il business “Agtech and Next-Gen Food & Drinks”, che risente molto probabilmente dello scetticismo delle generazioni più anziane nei confronti dei “novel foods” come proteine vegetali e proteine alternative. Il settore “Farm management & Precision farming”, invece, pur essendo ben rappresentato in termini di numero di aziende, richiede più capitale per diventare competitivo a livello internazionale. Capitali che l’Italia stenta ad ottenere: con 6,3 milioni di euro investiti, le startup italiane rappresentano solo l’1,7% di tutti gli investimenti europei in uno dei domini più finanziati del continente (ad oggi 379 milioni di euro). Inoltre, allo scarso sostegno finanziario da parte del governo italiano, si aggiunge la peculiarità di un tessuto imprenditoriale agricolo composto per lo più da piccole aziende con una proprietà frammentata, con solo l’8% che si qualifica come azienda “industrializzata”, rispetto al 27% in Europa.
Sono queste le prime evidenze del report “AgriFoodTech in Italy” di Forward Fooding, una comunità di imprenditori riuniti dalla volontà di riprogettare il sistema alimentare tramite una rete globale di startup innovatrici, offre una panoramica dell’ecosistema italiano, delineando startup e scaleup, istituzioni chiave e investitori aziendali, acceleratori e incubatori di startup, distribuzione geografica e verticale, nonché analizzando lo storico afflusso di capitale nelle startup Agrifoodtech e le ultime tendenze di investimento. Inoltre, approfondisce i principali attori e abilitatori dell’ecosistema del settore, i punti di forza e di debolezza rispetto al resto d’Europa e lo slancio dell’attività imprenditoriale italiana, individuando al contempo le opportunità e le sfide che ci attendono, affinché l’Italia diventi un hotspot per l’innovazione AgriFoodTech e costruire un futuro alimentare più sostenibile. I dati su cui si basa la ricerca provengono dal database proprietario FoodTech Data Navigator, strumento di data intelligence che fornisce informazioni approfondite e aggiornate su oltre 10.000 attori internazionali di AgriFoodtech.
“Crescere in una cultura francese e successivamente vivere in Italia mi permesso di apprezzare un forte patrimonio e tradizioni millenarie intorno al cibo. La tradizione, tuttavia, a volte può essere un inibitore dell’innovazione dirompente. Secondo il nostro FoodTech Data Navigator, l’Italia ne è un interessante esempio” – spiega Max Leveau, COO Forward Fooding – In effetti, il paese si colloca al 4° posto in Europa per numero di startup AgriFoodTech, ma solo al 10° posto in termini di capitale investito e al 14° posto per le startup pro capite in tutti i settori. Il divario, imputabile a fattori istituzionali, finanziari e culturali, si sta tuttavia restringendo e c’è uno spazio interessante per l’ottimismo. Negli ultimi 3 anni vivendo in Italia, ho assistito a molti segnali incoraggianti a livello di ecosistema FoodTech, come il lancio di numerosi programmi di accelerazione sostenuti dalle aziende, startup che hanno sollevato round di investimento più grandi e preso posto sulla scena europea, e soprattutto il governo che ha iniziato a investire in startup attraverso il veicolo CDP Capital. C’è ancora molto da fare, ma credo che l’Italia abbia tutte le carte in mano per diventare un protagonista in Europa”.
Un vero ecosistema di startup AgriFoodTech deve ancora essere costruito, ma è in arrivo
I finanziamenti raccolti in Italia dalle aziende AgriFoodTech sono in costante crescita dal 2013, aumentando a velocità simile a quello del resto d’Europa ad un CAGR del 63,5%. Eppure, all’Italia manca ancora il peso che altri paesi hanno conquistato nel settore. Con 259,4 milioni di euro raccolti finora dal 2011, l’Italia si posiziona al 10° posto in Europa per capitali attratti. In termini assoluti, il paese mostra un importo medio di 324.755 euro rispetto ai 1.505.000 euro in Europa. Germania, Francia o Regno Unito hanno visto investire più di 1 miliardo di euro negli ultimi 11 anni, con il Regno Unito che ha superato i 3 miliardi di euro. Per l’Italia, ciò si traduce in una perdita netta del PIL e in un’opportunità persa nel lungo periodo.
Tuttavia, emergono una serie di macro-segnali che stanno spostando il mercato e dimostrando che il Paese è sulla strada giusta. Le condizioni legislative ed economiche stanno iniziando a recuperare terreno e a creare un ambiente fertile sia per le startup che per gli investitori italiani. Inoltre, con la pandemia, le vecchie abitudini di consumo precedentemente limitate dalla tradizione o dalla mancanza di digitalizzazione, hanno iniziato a cambiare e stanno creando domanda di nuove soluzioni nell’industria alimentare.
Segnali positivi arrivano da acceleratori ed enabler come Plug and Play, Talent Garden e The Food Tech Accelerator. Inoltre, l’impostazione di fondi nazionali che rafforzeranno l’Agritech & Food del Fondo di Investimento Italiano del valore di 700 milioni di euro e i 2,8 miliardi di euro dal Next Generation EU, rappresentano una spinta interessante per il mercato agroalimentare italiano. Non dimentichiamo il PNRR che ammonta a 191,5 miliardi di euro e 59,33 miliardi sono destinati all’attuazione di una transizione verde, mirando a rafforzare i venture capital nelle startup e rivoluzionare il sistema agroalimentare allineandosi maggiormente ai Sustainable Develpment Goals delle Nazioni Unite.
E poi pur rimanendo indietro in alcune aree come le proteine alternative, l’Italia ha un ottimo potenziale di accesso a un pool di talenti e innovatori. All’interno del FoodTech 500, la versione della Fortune 500 calata nell’industria AgriFoodTech che tiene in considerazione i parametri di dimensioni del business, impronta digitale e metriche di sostenibilità, l’Italia si è classificata quarta in Europa nel 2020 e terza nel 2019 in termini di numero di aziende che entrano in gioco. Per di più, anche in un segmento storicamente difficile per l’ecosistema italiano come quello delle “alternative protein”, si stanno facendo avanti aziende e multinazionali come Findus, Nestlé, Lidl, Granarolo con la possibilità di guidare la concorrenza e colmare il gap nel terzo segmento più alto in Europa.
Settori e domini più rappresentati nell’AgriFoodTech italiano
Le attività di “Food Delivery e Consumer Apps & Services” si distinguono come i segmenti leader, rappresentando il 48% di tutte le aziende attive in Italia rispetto al 31% in Europa. Questo scenario è ulteriormente rafforzato dal fatto che le spese delle famiglie italiane per alimenti e bevande analcoliche sono arrivate al 14% del totale, una percentuale più elevata di qualsiasi paese europeo con un’economia comparabile (EUROSTAT, 2021). Inoltre, un ulteriore impulso è risultato dalla pandemia da Covid-19 che ha imposto forti restrizioni alla mobilità.
Quello del Wine tech è il dominio più frequente per le startup che lavorano nell’AgriFoodTech in Italia, rappresentando oltre un quarto del totale con una quota del 29% di tutte le aziende europee attive in quel settore e del 14% per tutte le aziende del Paese. Un’attività simile si spiega in parte con l’aumento dei produttori di vino, tra i più alti del continente nell’ultimo decennio (+29,5% tra il 2009 e il 2015) e perché l’Italia è il maggiore produttore con una quota globale del 16,7% nel 2020 (ISTAT, 2020). Grandi esempi della fiorente attività sono Tannico, che è stato venduto per il 49% al gruppo Campari, e Winelivery che nel 2020 ha ricevuto una serie A per un totale di € 3,3 milioni.
Seguono i marketplace B2B: buona parte delle aziende europee attive in questo campo ha effettivamente sede in Italia, rappresentando il 22% del totale del dominio del continente. Soplaya, Soul-K e Deliveristo rappresentano una buona competizione anche a livello europeo, posizionandosi tra i primi 6 per finanziamento. Supply chain monitoring & Traceability (comprese le applicazioni basate su Blockchain) è un altro dominio ben rappresentato con aziende come EZ Lab o Wenda.
Anche l’e-grocery ha registrato una forte spinta in Italia negli ultimi anni. Everli e Cortilia si collocano al 7° e al 10° posto in Europa per finanziamento totale raccolto nel segmento e sono le due aziende AgriFoodTech più finanziate nel Paese con rispettivamente 110 e 50 milioni di euro. In particolare, Everli si sta espandendo a livello internazionale, con operazioni anche in Francia e Repubblica Ceca. Proprio Everli e Cortilia dimostrano che l’ecosistema del paese sta crescendo e riesce ad attrarre maggiori quantità di capitale per soddisfare la visibilità e una maggiore trazione del capitale sul settore nel suo complesso.