In queste settimane ha suscitato molto clamore la notizia di una nota azienda produttrice di conserve di pomodoro che dichiarava di utilizzare “pomodoro 100% italiano” mentre – a quanto pare – veniva miscelato con percentuali rilevanti di pomodoro concentrato proveniente dall’estero. La scoperta da parte delle autorità ha portato al sequestro di 4477 tonnellate di pomodoro e all’avvio di una serie di indagini al termine delle quali si conoscerà il destino dello stabilimento produttivo coinvolto. Le conseguenze di tale evento non riguardano unicamente la singola azienda (che, solo in quello stabilimento produttivo, impiega 130 dipendenti normalmente e 280 nella stagione del raccolto, e che al momento in cui scriviamo è fermo), ma anche un intero territorio, la Val di Cornia in Toscana. Il coinvolgimento è esteso anche a numerose aziende agricole che insistono su queste zone; e, più in generale, su un’intera filiera che già più volte si è ritrovata sotto la lente d’ingrandimento per via di episodi legati al caporalato o alla sofisticazione alimentare, con conseguenze che intaccano la fiducia tra produttori e consumatori.
Come garantire visibilità e trasparenza sulla supply chain agroalimentare
L’episodio porta all’attenzione, ancora una volta, la questione della visibilità sulla supply-chain agroalimentare: come rendere una filiera così complessa – in termini di relazioni e di flussi di prodotto e informativi – sempre più trasparente ed efficiente?
Il tema chiaramente presenta numerose sfaccettature e non può essere affrontato sotto un singolo punto di vista; ma – al di là delle tematiche legate all’etica e alle responsabilità – certamente non è possibile negare i numerosi benefici portati dall’innovazione digitale. Lo evidenziano le Ricerche dell’Osservatorio Smart AgriFood, che ormai da diversi anni si occupa del tema: le soluzioni digitali consentono di tenere traccia efficacemente delle attività e dei flussi di prodotto, all’interno della singola azienda e, soprattutto, dell’intera filiera, con grandi benefici in termini di visibilità, efficienza dei processi e sicurezza per il consumatore finale.
Tra i vari processi che caratterizzano il settore, la tracciabilità alimentare si conferma come uno dei primi tre ambiti in cui l’innovazione digitale sta assumendo un maggiore impatto: quasi la totalità delle aziende analizzate dall’Osservatorio Smart AgriFood – oltre 130, all’interno della survey dedicata all’innovazione digitale nella trasformazione agroalimentare – dichiara di utilizzare soluzioni digitali per migliorare il processo di tracciabilità e rintracciabilità alimentare, evidenziando benefici molto elevati sia a monte del processo – in relazione, cioè, alla riduzione dei tempi e dei costi di raccolta dei dati necessari a “costruire” la tracciabilità – sia a valle – cioè nella fase di rintracciabilità dei lotti lungo la filiera in caso di criticità. Si tratta, inoltre, di un’area dove le aziende prevedono investimenti nel futuro: quasi la metà delle aziende, infatti, ha dichiarato di voler investire in soluzioni innovative nei prossimi tre anni applicate alla tracciabilità e rintracciabilità alimentare.
Anche dal punto di vista dell’offerta di soluzioni si osserva fermento: sono oltre 150 le soluzioni digitali per la tracciabilità alimentare presenti sul mercato italiano, abilitate sia da tecnologie più “tradizionali” – afferenti cioè al mondo dell’ICT, come i software verticali specifici per la rintracciabilità – sia da quelle più innovative che, utilizzando tecnologie come la Blockchain, l’Internet of Things e i Data Analytics, si caratterizzano per la capacità di automatizzare la raccolta dei dati, analizzarli e consentire un maggiore controllo sulla loro veridicità e integrità. Tecnologie, queste ultime, in crescita: ad esempio, le soluzioni basate su tecnologia Blockchain hanno registrato una crescita – tra il 2019 e il 2020 – del 59%; quelle abilitate dai Data Analytics del 57%.
Se, dunque, le aziende riconoscono le potenzialità del digitale e sono disposte ad investire, e se sul mercato le soluzioni non mancano e cresce la presenza delle tecnologie innovative, come mai nel settore agroalimentare si evidenziano ancora troppo spesso disallineamenti nei processi di tracciabilità di filiera che si ripercuotono perlomeno sull’efficienza dei processi (fino ad arrivare poi ai casi più gravi, come quello citato in apertura)?
Quali sono gli ostacoli a una corretta tracciabilità di filiera?
Non è certo semplice rispondere a questa domanda, ma sicuramente è importante evidenziare alcune criticità che l’Osservatorio ha rilevato nel corso delle sue analisi.
- Mancanza di una profonda comprensione del “valore” della tracciabilità. Ancora oggi molte aziende continuano a considerare la tracciabilità come un obbligo normativo, riducendo il processo a una raccolta e conservazione di dati (spesso su supporti cartacei) legati alla necessità di poter rispondere ai controlli. Tuttavia, la tracciabilità non può essere solo intesa come la capacità di legare le informazioni relative al prodotto al fine di consentirne l’identificazione e il ritiro in caso di non conformità, ma anche come la possibilità di raccogliere una molteplicità di dati sul prodotto lungo tutta la filiera e generare benefici per tutti gli attori coinvolti.
- Scarsa interoperabilità dei sistemi e criticità nella condivisione dei dati. Dal punto di vista tecnico, è innegabile che non si possa parlare di condivisione dei dati all’interno di una filiera se i sistemi e le tecnologie che li raccolgono non dialogano tra loro. E, molto spesso, i fornitori di tecnologia non sembrano comprendere pienamente i bisogni delle aziende agroalimentari proponendo soluzioni poco “versatili”, come evidenzia il 37% delle aziende.
- Difficoltà nell’adottare un reale approccio di filiera. Per parlare di innovazione nella tracciabilità̀ non si può prescindere da una prospettiva di filiera, prima ancora di discutere della tecnologia utilizzata. Prospettiva che purtroppo ancora, troppo spesso, manca. Da questo punto di vista, è fondamentale che sia chiaro per tutti gli attori – in particolare per quelli a monte della filiera – il beneficio che si ottiene dalla condivisione dei dati.
Un contesto positivo per quanto riguarda le opportunità di innovazione
Pur consapevoli di queste criticità (che riguardano solo in parte il tema tecnologico), ad ogni modo i dati dell’Osservatorio evidenziano che il contesto appare positivo sotto il profilo dell’innovazione, perché aumenta la consapevolezza delle aziende rispetto ai benefici che il digitale può consentire di raggiungere (e lo dimostra la propensione ad investire). Le tecnologie e le soluzioni innovative per la tracciabilità aiutano a creare valore per tutta la filiera abilitando la raccolta, l’analisi e la condivisione dei dati in maniera efficiente. Esemplari da questo punto di vista sono alcuni casi applicativi studiati dall’Osservatorio Smart AgriFood, come quello della Latteria Sociale Valtellina, dove la raccolta e condivisione dei dati dei conferitori – abilitata da strumenti digitali come una mobile app e una piattaforma Blockchain – ha consentito non solo di valorizzare il prodotto “Latte fresco di montagna” nei confronti del consumatore, ma anche di generare efficienza nella gestione degli allevamenti e il miglioramento della qualità dello stesso. Sul fronte tecnologico, è interessante notare come, sul mercato delle soluzioni per la tracciabilità, emerga la presenza delle piattaforme (30% delle soluzioni), nel 2020 in crescita di oltre il 60% rispetto al precedente anno; segnale di un’accresciuta consapevolezza, da parte dell’offerta, dell’importanza di costruire soluzioni che possano accogliere dati provenienti da attori diversi nella filiera ed eventualmente anche da soluzioni basate su differenti tecnologie.
Il ruolo del digitale per risolvere e ridurre le criticità
Fondamentale è poi il ruolo del digitale nel contribuire a ridurre tutte quelle situazioni di criticità, come gli errori nella trascrizione e nella trasmissione dei dati o l’immissione di dati volutamente non veritieri, che possono portare il dato di tracciabilità a non corrispondere alla realtà. Questo può avvenire automatizzando il più possibile la raccolta dei dati, utilizzando ad esempio sensori che acquisiscono in campo o sui macchinari agricoli, oppure attraverso i satelliti che trasmettono immagini. La raccolta e integrazione dei dati tramite soluzioni digitali, infine, permette alle aziende agroalimentari di rispondere prontamente alle richieste degli enti di certificazione, riducendo i tempi necessari a recuperare tutta la documentazione che viene domandata. Inoltre, i dati così certificati possono avere un’ulteriore garanzia di veridicità che può essere legata al prodotto e trasmessa lungo tutta la filiera.
Dunque possiamo essere fiduciosi sul fatto che, nel tempo, episodi come quello di queste ultime settimane potranno ridursi drasticamente grazie alla possibilità di utilizzare strumenti che renderanno il controllo sulla filiera – e sui dati – sempre più efficienti ed efficaci; fino ad arrivare alla digitalizzazione dei processi di raccolta dei dati, che consentirà di ridurre al massimo gli errori e le manomissioni nell’inserimento delle informazioni.
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