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Agroalimentare: casi concreti di innovazione IoT, blockchain e AI all’A&T di Torino



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L’intelligenza artificiale al servizio della qualità nel Gruppo Molino Casillo, il progetto PININ per la tracciabilità delle carni, il tracking blockchain nella declinazione proposta da FoodChain, l’innovazione digitale plug & play e in cloud di Techmass per facilitare l’ingresso del digitale nelle PMI e la capacità di sperimentazione e innovazione del mondo accademico con l’Università…

Pubblicato il 25 feb 2020



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Indice degli argomenti

Cos’è l’agroalimentare e perché l’innovazione è diventata una priorità

Secondo Wikipedia “la trasformazione agroalimentare è un processo tecnologico ed economico che crea un valore aggiunto ad un prodotto agricolo consentendone l’utilizzazione in forma e condizioni differenti rispetto a quelle originarie al momento della raccolta“.

Se è vero che per tutte le imprese del mondo della produzione e del manifatturiero lo sviluppo è sempre più direttamente legato alla capacità di innovare con il digitale, per l’agroalimentare questa prospettiva ha un doppio valore. Alle imprese e alle organizzazioni che operano in questo comparto e a quelle italiane in modo speciale si chiede di dare risposte a temi che non attengono solo alla competitività delle imprese stesse o alle nuove esigenze che arrivano dai consumatori e dai mercati, ma che riguardano il ripensamento delle logiche di sviluppo dell’economia e i temi della sostenibilità ambientale. Se pensiamo che tra pochi decenni la popolazione del pianeta sfiorerà i 10 miliardi, se osserviamo che sta crescendo la media nel consumo di calorie procapite non possiamo non porci il tema di un rinnovamento del sistema agroalimentare tale da poter rispondere a questa crescita. Ma nello stesso tempo questo obiettivo va conseguito anche con una gestione sempre più oculata e precisa delle risorse ambientali, con un approccio che consenta di ripensare la filiera agroalimentare in modo che possa contribuire agli obiettivi di sostenibilità che sono sempre più urgenti e che incideranno sempre di più sulle scelte dei consumatori. Ma ancora non basta, all’agroalimentare si chiede di affrontare anche i temi della riduzione dello spreco alimentare che purtroppo pesa ancora in modo rilevante lungo la filiera dal campo alla tavola, e si chiede un ripensamento di tutti i passaggi per arrivare veramente ad azzerare il foodwaste. Nello stesso tempo, con una domanda di cibo che cresce, con la necessità di gestire in modo più preciso le risorse, con una massima attenzione agli sprechi, c’è un tema di qualità, di attenzione al prodotto in tutte le sue dimensioni, in tutte le sue fasi e in tutti i suoi ingredienti. C’è una domanda di sicurezza alimentare, di tracciabilità di tutti i passaggi e di certificazione che non si può più eludere. E non solo per ragioni legate alle normative che stanno diventando sempre più stringenti, ma soprattutto per la consapevolezza dei consumatori sempre più attenti al cibo che portano sulla loro tavola.

Perché l’agroalimentare ha bisogno del digitale

Tutte queste sfide assieme non possono essere affrontate con i mezzi tradizionali, tutte queste sfide hanno bisogno di accelerare il processo di trasformazione delle filiere agroalimentari. E questa trasformazione è una sfida più che mai importante per il Made in Italy. Il nostro paese ha più di tanti altri un valore di qualità e di eccellenza da difendere e se può dare solo in parte un contributo su quelli che saranno gli obiettivi quantitativi, certamente ha la necessità di continuare ad esercitare un ruolo di guida anche nella creazione di nuovi modelli in grado di garantire qualità e sicurezza alimentare.

Sono sfide che nessuna azienda e possiamo dire nessun paese possono “vincere” da soli. Si tratta di obiettivi complessi che presuppongono un ripensamento generale dei modelli di produzione, di conoscenza delle risorse, della domanda e della capacità di indirizzarla così come delle capacità produttive e di tutti i fattori che la influenzano.

Un evento sull’innovazione digitale per l’agroalimentare ad A&T di Torino

Oggi il grande tema è come accelerare il processo di innovazione che è partito già da qualche tempo e che sta già dando importanti risultati. Proprio per contribuire a questo percorso in occasione di A&T Automation & Testing di Torino le testate Agrifood.Tech e Blockchain4Innovation hanno organizzato un evento dedicato al ruolo dell’innovazione digitale per questa nuova fase dell’industria agroalimentare con un approccio improntato alla concretezza, ovvero al racconto e alla discussione di progetti reali. (Da A&T sono arrivati contributi importanti per l’innovazione delle imprese di produzione italiane in generale che potete leggere in questo servizio: Manifatturiero e PMI: competenze, cloud e sicurezza tra le priorità per competere)

Nelle sale dell’Oval Lingotto Fiere di Torino il confronto ha visto il contributo di

  • Guido Boella, Direttore Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino
  • Davide Cascella, Innovation manager di Gruppo Casillo, impresa molitoria
  • Renzo Ottina, General manager di H&S CUSTOM e portavoce per il progetto PININ
  • Davide Costa, cofounder di FoodChain startup impegnata nello sviluppo di soluzioni blockchain per il mondo agroalimentare
  • Andrea Massenz, founder e CEO di Techmass, startup che punta su soluzioni cloud in grado di semplificare e accelerare l’innovazione digitale per il mondo OT delle imprese di produzione

Il ruolo dell’Università nella ricerca e nella sperimentazione per l’agroalimentare italiano

Guido BOELLA, Direttore del Dipartimento di Informatica, Università di Torino

Guido Boella, Direttore Dipartimento di Informatica Università degli Studi di Torino

Da Guido Boella arriva l’invito a considerare prima di tutto la ricchezza di dati e informazioni che caratterizza il settore agroalimentare. La supply chain del mondo agro è una filiera che si nutre di dati e che vede tanti attori tra loro anche con interessi diversi. Se partiamo da valle ovvero dal consumatore vediamo che l’utente dei prodotti riceve costantemente informazioni, C’è un tema di marketing ovviamente e c’è un tema di informazione che si concretizza nell’etichettatura e nelle informazioni che accompagnano i prodotti. Poi ci sono le informazioni dei punti vendita, del retail, che si sommano a quelle, non visibili ai consumatori finali, che attengono ai processi legati alla logistica e ai trasporti e poi quelli legati alla produzione e ai controlli. Nella vita legata alla fase di produzione ci sono ancora una volta tanti dati, strettamente legati ai sistemi di produzione, ai processi, ai componenti del prodotto.

Se poi gettiamo lo sguardo alla fase che precede l’ingresso nell’industria di trasformazione e produzione abbiamo tutto il patrimonio di dati che arrivano dal campo, dagli allevamenti, da altre fonti legate alla produzione alimentare. Questa grande ricchezza di informazioni testimonia l’importanza della digitalizzazione nell’ambito agroalimentare, paradossalmente più in questo settore che in altri comparti che più frequentemente associamo ai dati. La presenza e la ricchezza di dati implica la necessità di trasformarli in valore e il valore in questo settore è prima di tutto nella gestione della conoscenza. In questo senso le tecnologie che stanno mostrando la diffusione più importante sono prima di tutto quelle dell’Internet of Things e quelle dell’Intelligenza artificiale, mentre tecnologie come la Blockchain possono giocare una partita importante in tanti ambiti a partire da quello della tracciabilità.

Innovazione e sperimentazione a livello territoriale per far crescere le competenze nell’agroalimentare

Il contributo degli Atenei è altrettanto importante. Innanzitutto, fornendo competenze adeguate agli studenti di modo da prepararli alle richieste del mercato del lavoro, dall’altro si tratta anche di competenze di ricerca che grazie a progetti finanziati con fondi europei e direttamente o indirettamente tramite il sistema di Regione Piemonte rendono possibile la collaborazione tra aziende e atenei e permettono di dare corso a forme di sperimentazione indispensabili per individuare e testare sul campo le forme con le quali il digitale consente di ottenere nuovi risultati.

Siamo stati pionieri, come Dipartimento di Informatica, nel coinvolgere e collaborare con le aziende del territorio sul progetto regionale PININ (PIemuNt chèINa) legato alla tracciabilità delle carni e finalizzato a incrementare la qualità e la percezione della stessa dei prodotti agro-alimentari Piemontesi di fascia alta. Accanto a questo progetto ci sono altri due progetti regionali che al contempo prevedono l’assunzione di giovani che nell’ambito di questo programma sono nella condizione di poter continuare la loro formazione mentre iniziano a lavorare. Il tutto con un modello che vede una sempre più stretta collaborazione tra aziende, territori e università.

La prospettiva di una blockchain pubblica regionale al servizio di progetti di altri innovazione

Nello stesso tempo va detto che il contesto universitario sta cambiando: è sempre più forte l’attenzione dedicata alla ricerca applicata con le aziende così come c’è una relazione sempre più stretta con gli enti territoriali. Nel caso del progetto PININ la regione ha agevolato il contesto normativo per creare una blockchain pubblica a livello regionale e in parallelo è stato approvato un piano che favorisce la gestione in sinergia tra tutti gli attori.

Quello che vediamo dal punto di vista delle attività universitarie sul territorio per quanto riguarda l’ambito agroalimentare è la creazione di un ruolo che permetta di costruire ecosistemi territoriali per poi far partire progetti a cui partecipano diverse aziende. Università dunque come attori primario di un ecosistema in grado di coprire tutte le fasi della tracciabilità con la capacità di arrivare a includere tematiche come la compliance grazie allo sviluppo di forme di collaborazione con aziende specializzate nel Risk management.

Ecosistema vuol dire anche progetti “for social good” come Commonshood di Torino

Come università siamo coinvolti anche nella parte di sviluppo della Blockchain e nella creazione di servizi a valore aggiunto. Un ruolo particolare lo svolgono la piattaforma che ha permesso la attivazione di un social network locale geolocalizzato e il progetto Commonshood Torino che vede l’Università di Torino collaborare con il Comune di Torino e con Torino Social Impact, in un’alleanza tra imprese e istituzioni pubbliche e private per dare vita a un ecosistema di servizi e infrastrutture in grado di rendere Torino un luogo ideale per fare impresa e finanza perseguendo nello stesso tempo obiettivi di sviluppo economico e di impatto sociale. CommonsHood, in estrema sintesi, permette a tutti di creare token crittografici tramite una semplice app, senza necessariamente avere competenze sulla tecnologia Blockchain e senza avere competenze di programmazione, e permette di utilizzarli per i propri scopi. La app CommonsHood è integrata con il social network civico locale FirstLife, e conta su una mappa interattiva della città. Il progetto è rientrato tra i 23 finalisti del bando europeo Blockchain for Social Good.

Intelligenza artificiale e agroalimentare: il Gruppo Casillo porta nel food il concetto di Quality by Design

Davide CASCELLA, Innovation Manager, Gruppo Casillo

Davide Cascella, Innovation Manager Gruppo Casillo

Con Davide Cascella innovation manager di una importante impresa molitoria pugliese come Gruppo Casillo si affronta il tema dell’utilizzo dell’Intelligenza artificiale per il controllo di qualità del prodotto. Il progetto nasce e si sviluppa come una esperienza di partenariato e trasferimento tecnologico che vede coinvolti due attori privati e uno pubblico. Il Laboratorio Innovation for Mills vede lavorare in maniera sinergica Casillo Group leader nel commercio e nella trasformazione del grano, Idea75 PMI innovativa di ingegneria e il Politecnico di Bari ateneo scientifico orientato al territorio.

Il progetto Innovation for Mills ha portato alla realizzazione di un laboratorio di ricerca multidisciplinare in forma integrata che permette all’industria molitoria di rispondere a tre grandi obiettivi

  1. Introdurre e dare a vita a nuove forme di innovazione tecnologica,
  2. Esplorare e realizzare nuove forme di ottimizzazione dei processi industriali,
  3. Raggiungere nuovi obiettivi in termini di efficientamento energetico.

La specificità dell’industria molitoria nel panorama dell’agroalimentare

Casillo Group si occupa di trasformare il grano in semi e farine con un modello di business basato sulla trasformazione e sulla compravendita di prodotti. Si tratta di attività che sono soggette a controlli molto rigorosi e che deve corrispondere ad elevate esigenze di qualità. L’azienda ha l’obiettivo di portare sul mercato prodotti di qualità certificati e garantiti. L’obiettivo primario è quello di migliorare i processi e di rafforzare le modalità di certificazione e questi obiettivi hanno fatto partire l’idea di sviluppare forme di innovazione basata sul digitale e di collaborare con il Politecnico di Bari sfruttando competenze e risorse legate alle ultime tecnologie. L’anello di congiungimento è la PMI innovativa Idea75 che con la sua agilità, anche in quanto realtà di piccole dimensioni, è riuscita a trasformare gli impianti operativi con le innovazioni proposte e prodotte dal Politecnico. Molino Casillo, con una forte focalizzazione sul business, fa più fatica a dedicare risorse e tempo ad attività di sperimentazione e testing come invece possono fare realtà che si dedicano espressamente e direttamente a queste attività. I risultati della collaborazione tra le tre realtà sono stati molto interessanti.

Le domande chiave per migliorare il processo nell’industria molitoria

I punti di partenza del progetto erano fissati nella possibilità di migliorare l’efficienza di produzione in modo molto concreto rispondendo a tre domande chiave:

  1. Quante volte la logistica in ingresso o uscita è condizionata dalle caratteristiche di un lotto?
  2. Quante volte capita di prendere decisioni a rischio per indisponibilità delle caratteristiche di un lotto?
  3. Quanto sarebbe più semplice e rapido gestire le operazioni se fosse disponibile in tempo reale la caratterizzazione di un prodotto?

L’obiettivo fondamentale del progetto era quello di individuare e ridurre le sacche di inefficienza legate ad una mancata conoscenza in real time di ciò che accade nel processo di produzione. Come in tutte le industrie manifatturiere ci sono temi di logistica, c’è la necessità di correggere obiettivi di produzione e di ottimizzare le risorse con conoscenza puntuale di ciò che accade.

Il ruolo dell’uomo e dell’Intelligenza Artificiale nel controllo di qualità

A tutto questo va aggiunto che l’industria di processo molitoria ha una lunghissima tradizione anche in termini di metodo e di approccio, ha radici e metodiche che arrivano da lontano. Si parla di un controllo di qualità che parte dall’ispezione manuale, che fa leva sull’esperienza dell’operatore ha la possibilità di valutare direttamente con il tatto, con la vista e con l’olfatto un primo livello di controllo di qualità. A questo si si sono aggiunti standard e processi di laboratorio, che sono oggettivamente molto precisi ma che necessitano di tempi di lavorazione piuttosto lunghi che spesso rischiano di disallineare il controllo di qualità dalla produzione. Proprio per i tempi legati all’analisi la produzione viene completata e solo dopo, con l’arrivo dell’esito delle analisi stesse, si scopre se si sono raggiunti standard qualitativi. Ed è qui che si colloca il valore del progetto, nella capacità di avere quei dati in tempo reale e di conoscere veramente ed effettivamente il livello di qualità del prodotto nel momento in cui lo si sta trattando.

Il nuovo approccio al controllo di qualità nell’industria molitoria sperimentato da Gruppo Casillo in collaborazione con il Politecnico di Bari e con IDEA75

Trasformazione dei prodotti: Il real time nell’agroalimentare incide direttamente sulla qualità

Il progetto ha visto l’introduzione di sonde spettroscopiche per analisi in real time delle caratteristiche merceologiche, qualitative, di sicurezza alimentare direttamente sulle linee di processo. L’innovazione del progetto consiste nel trasferire le tecnologie laboratoriali direttamente nell’impianto con informazioni in real time e tracciabilità fase per fase che restituisce tanto ai clienti industriali quanto ai clienti finali informazioni puntuali che riguardano tutta la storia della produzione.

La possibilità di disporre di dati in tempo reale direttamente in ambiente di produzione permette di prendere decisioni immediata sul processo e sui processi che si stanno lavorando con interventi che incidono direttamente sulla qualità del prodotto finito.

Il settore agroalimentare può puntare alla Quality by Design grazie alle ompetenze delle persone e all’AI

Tutto questo processo va letto in funzione delle competenze che vengono messe in campo e questo è un altro aspetto determinante per questo progetto. Il percorso di implementazione vede un affiancamento tra le competenze che arrivano dalla conoscenza storica degli operatori di impianto che hanno esperienze e skill “manuali” che vanno ad arricchire un patrimonio di conoscenze costituito dalle competenze accademiche declinate sul processo specifico, e da un loro adeguamento dalla teoria alla pratica. Si tratta di una collaborazione fondamentale che permette di fare concreti passi in avanti introducendo metodiche di lavorazione che altrimenti sarebbe difficile riuscire a focalizzare. Gli operatori che vivono la realtà di un impianto hanno un focus stretto con la produzione e sviluppano competenze elevatissime ma fanno fatica a trovare il tempo e la concentrazione per dedicarsi agli sviluppi. Un affiancamento sinergico: competenze digitali e competenze operative tradizionali sta aprendo nuove strade.

Un aspetto importantissimo riguarda poi il grado di portabilità e scalabilità che può essere anche molto elevato, ma è importante capirne il motivo. Si parla di Quality by design con standardizzazione dei metodi di esecuzione della qualità, un concetto che nasce inizialmente nel mondo farmaceutico ma che può valere in tutti i settori caratterizzati da obiettivi di compliance normativa e da prodotti con elevato valore e un elevato livello di controlli. Questo significa approcciare la fase di produzione non solo guardando ai tempi tecnologici ma guardando alla produzione nel suo complesso, integrando parametri fondamentali per la buona riuscita del risultato finale. Si tratta di un percorso che mette il Quality by Design in contrapposizione al Quality by test che è la tecnica classica di verificare ex post quello che è stato fatto.

In particolare poi i temi della standardizzazione del controllo di qualità nell’impresa di processo si presta ad allargare il raggio d’azione a diverse tipologie di industrie: in tutti i casi si tratta di analizzare i processi in corso, di capire le fasi di produzione dove intervenire per verificare gli standard qualitativi eseguiti e di applicare la metodica tenendo conto della specificità di ciascun settore. I vantaggi sono evidenti e il patrimonio più importante per questo progetto è nella crescita della conoscenza e delle competenze.

Nel sistema agroalimentare cresce il ruolo di una Università impegnata a portare innovazioni concrete

Ci sono poi un paio di trend importanti che permettono di avere una lettura più completa di questo fenomeno. Si sta svecchiando il concetto che vede l’università distaccata dal mondo industriale e la vede sempre più impegnata nel portare innovazioni concrete. Spesso e volentieri la spinta all’innovazione arrivava dai fornitori che si facevano carico di spiegare le novità con una visione dei vantaggi e dei percorsi di implementazione. Con questo progetto si conferma anche un modello di collaborazione che vede l’impegno della ricerca, dell’industria, delle realtà locali e delle competenze che vivono la fabbrica e la produzione. Un altro aspetto importante riguarda la logica stessa di stabilimento e di produzione e si sta configurando un concetto di stabilimento produttivo come asset per dare vita a logiche di plant as a service. Ci sono sempre più casi in cui l’industria che produce non è necessariamente interessata a possedere una linea e a capirne il funzionamento, quanto al raggiungimento di un risultato con dei chiari e precisi standard SLA Service level agreement. Con questo approccio risulta più praticabile e motivante per chi gestisce l’impianto introdurre innovazioni tecnologiche con la possibilità di raggiungere e vedere i risultati concreti.

Il progetto PININ per la tracciabilità delle carni per l’agroalimentare piemontese

Renzo OTTINA, General manager, Partner H&S Custom, “rappresentante” del progetto PININ ad A&T

Renzo Ottina, general manager H&C Custom

Il progetto PININ (PIemuNt chèINa) nasce con l’obiettivo di sviluppare una piattaforma al servizio del territorio per gestire l’identificazione e la tracciabilità alimentare partendo dal settore delle carni, ma con la possibilità di scalarne e allargarne l’utilizzo anche ad altri ambiti. Il progetto prevede in particolare il raggiungimento di una serie di obiettivi

  • permettere di aumentare il livello qualitativo e la percezione dei prodotti agroalimentari piemontesi
  • diffondere l’utilizzo e la conoscenza di soluzioni digitali per garantire la tracciabilità dei prodotti e un più facile accesso ai dati da parte di tutti gli attori e degli utenti finali
  • sviluppare soluzioni per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale relativi ai marchi agroalimentari piemontesi
  • disporre di nuovi strumenti per contrastare frodi e truffe
  • attuare forme di sperimentazione anche per la tracciabilità di fondi europei destinati all’allevamento per quanto riguarda il bestiame nei pascoli alpini anche in questo caso per contrastare possibili frodi

Il progetto è stato realizzato da un vero e proprio ecosistema di partenr e di competenze composto da: Consoft Sistemi S.p.a. Capofila, Università degli Studi di Torino, Agile Lab S.r.l., Augeos S.p.a., Convey S.r.l., C.S.I. Piemonte, Enhancers S.r.l., H&S Custom s.r.l., Interlogic S.r.l., LINKS Foundation, Tab Consulting S.r.l. e WAVE Informatica S.r.l.

Il ruolo della piattaforma blockchain per l’agroalimentare del territorio

Più nello specifico alla piattaforma PININ è stato affidato il compito affermarsi come una piattaforma territoriale indipendente, ovvero aperta a tutte le realtà senza favorire o creare condizioni di vantaggio per una impresa o una impresa in particolare. Una piattaforma al servizio del territorio a tutti gli effetti in modo da diventare, come più volte sottolineato, una ricchezza partecipata da tutti gli attori coinvolti. Grazie a un approccio multidisciplinare ed inclusivo, il progetto ha privilegiato una attenzione ai concreti bisogni delle aziende, alle loro esigenze e alle istanze del territorio. La tecnologia è stata messa al servizio di questi obiettivi. Sul piano delle specifiche tecniche al progetto PINIn è stato che chiesto di gestire i seguenti temi:

  • Identità digitale
  • Sicurezza, privacy
  • Interoperabilità
  • Governance di processi e servizi

La trasformazione agroalimentare – digitale di La Granda

La Granda è un importante case study nell’ambito del progetto PININ. La Granda è un produttore di carne d’eccellenza e dal 2004, ha dato vita a un percorso che valorizza la qualità della Fassona garantendo un importante livello di attenzione e visibilità a tutti gli attori della filiera. La Granda ha voluto inaugurare un nuovo modo di produrre carne, iniziando a raccogliere dati già dalla terra, perché la qualità della terra è un valore che porta benefici a tutta la filiera.

La logica End to End del progetto PININ per la tracciabilità delle carni nell’agroalimentare piemontese prevede l’utilizzo di RFID, Internet of Thing, Mobile e una piattaforma blockchain

Ma che cosa fa La Granda? L’azienda trasforma il bovino in grandi e piccoli tagli, in funzione delle richieste del consumatore e del mercato di destinazione. In queste attività focalizza l’attenzione sulla riduzione degli scarti e dello spreco alimentare e grazie alla logica del prezzo fisso concordato è in grado di garantire, lavorando su tutti i fattori competitivi della filiera, di garantire un guadagno continuativo agli allevatori. Per attuare questo modello il dato e la conoscenza su tutti i passaggi, su tutti i processi e su tutti gli attori è un elemento determinante.

Il progetto PININ mette a disposizione la possibilità di garantire la tracciabilità e la certificazione del prodotto in tutte le sue fasi, di avere sia una visione d’insieme di tutto il processo per individuare eventuali criticità e per favorire la conoscenza di tutte le eccellenze che fanno il valore completo della filiera. Per la parte di tracciabilità, PININ permette, grazie all’integrazione tra Internet of Things e blockchain partire dalla raccolta di dati a livello di materie prime per arrivare sino alla filiera che mette il prodotto a disposizione del consumatore finale. Al cliente ultimo si consente l’accesso alle informazioni che hanno costituito l’intera catena.

Il progetto gestisce la componente di dati che si raccoglie nei pascoli, con la tracciabilità delle mucche fino ad arrivare al frigorifero e quindi alla logistica attraversando tutta la catena con allevamento, trasformazione, sezionamento, semi-lavorazione, trasporto peer arrivare ai dati del punto di utilizzo. Si tratta di un progetto multidisciplinare che coinvolge molte tecnologie e che si propone come piattaforma aperta a qualsiasi tipo di esigenza.

L’importanza di gestire la qualità agroalimentare anche con il coinvolgimento del canale Ho.Re.Ca.

Con il case La Granda, PININ punta in particolare a coprire la qualità della parte finale del processo, con una speciale attenzione al canale distributivo individuando il canale Ho.Re.Ca. che porta la carne alla ristorazione, al catering, e che si relazione, con questi attori, con l’utente finale. Si tratta di parte molto importante del canale distributivo La Granda ed è un ambito costituito da tante aziende, spesso di piccole dimensioni che sono difficili da monitorare e controllare. C’è la necessità di attuare un presidio sulla qualità della consegna. E’ il tema dell’ultimo miglio che caratterizza molte industrie e che rappresenta un punto critico in cui vige la regola che “ci si fida delle procedure del trasportatore ma non si ha evidenza che tutto sia andato effettivamente a buon fine“.

Il progetto presuppone l’utilizzo di diverse tecnologie e ognuna raccoglie informazioni oggettive sulla qualità di conservazione della carne dal momento in cui viene lavorata al momento della consegna attraverso la partecipazione di diversi attori come, per quanto riguarda l’ultimo miglio, i trasportatori per arrivare fino all’utente finale.

Il progetto prevede un utilizzo intensivo del mobile e un’attenzione fortissima alla customer experience affinché tutti gli strumenti vengano effettivamente utilizzati da tutti gli attori. In particolare, la Granda grazie al progetto PININ è nella condizione di disporre di una Smart Supply Chain che consente di avere una visibilità completa in modalità End to End sul canale Ho.re.ca. e può avere un controllo, grazie a RFID e IoT, di fattori che possono incidere sulla qualità della carne e che devono far parte del portfolio di dati e informazioni di un prodotto di qualità.

In concreto, il cliente finale è nella condizione di poter verificare anche le condizioni di trasporto di ogni singola consegna grazie alla lettura di un tag IoT a perdere. La lettura può essere effettuata tramite app con uno smartphone NFC e in questa verifica può trovare le informazioni puntuali su

  • Tempi di consegna
  • Temperatura alla quale è stato sottoposta la carne
  • Eventuali cadute

Il valore per La Granda è di ricevere a sua volta queste informazioni che le può verificare a sua volta e avere evidenza della qualità del servizio di trasporto fino all’ultimo miglio con la capacità di individuare la presenza di eventuali problemi qualitativi, utilizzando la Blockchain per certificare i dati raccolti.

Un livello importante è rappresentato dalla ridondanza, che si risolve conservando le informazioni dal momento in cui il materiale esce fino a quando viene consegnato. Si assegna ad ogni trasportatore la sua responsabilità con la possibilità di risalire al punto debole della catena in modo da capire con la massima rapidità dove eventualmente non sono stati effettuati controlli.

La struttura, le tecnologie adottate e gli attori coinvolti nel progetto di tracciabilità agroalimentare PININ

Il modello PININ per i processi di trasformazione degli alimenti e per le industrie a forte tasso di regolamentazione

Questo è un modello adatto a gestire settori con una forte regolamentazione, ovvero soggetti a un numero elevato di controlli che devono essere mantenuti e aggiornati nel tempo. Se ho una serie di verifiche dove devo tracciare e raccogliere dati, senza impegnare delle persone ma con tecnologie e procedure automatiche o semiautomatiche. In sostanza, si può sostituire l’attività umana di raccolta con una di tipo automatico. Un settore che può trarre vantaggio da questa piattaforme è il farmaceutico in particolare nella declinazione di Pharma 4.0, ma anche tutto il food, i settori che dove la qualità è legata all’utilizzo di materie prime di qualità come nel settore del fashion e del leather, che a sua volta proviene dal mondo animale.

Ultima considerazione sulle tecnologie: l’IoT e tutte le tecnologie di raccolta dati e di intelligenza che possono essere portate a terra, negli ambienti di produzione, nel trasporti, nella conservazione possono cambiare completamente lo scenario. Più che parlare di cambiamento di processo, occorre parlare primariamente di rendere semplice la raccolta, l’organizzazione e la visualizzazione dei dati e su questi aspetti costruire la valorizzazione dei dati. E oggi l’IoT consente di attuare percorsi di innovazione che prima non erano praticabili se non a costi estremamente elevati.

FoodChain, la blockchain al servizio della qualità e della sicurezza del food

Davide COSTA, Co-Founder, FoodChain

Davide Costa, co-founder FoodChain

Sui temi della qualità e della sicurezza agroalimentare e della certificazione di tutti i componenti nelle varie fasi di produzione la blockchain può portare un importante valore. E’ la convinzione di FoodChain, startup italiana che ha focalizzato la propria attenzione sui temi della tracciabilità della filiera alimentare attraverso la blockchain. FoodChain ha voluto darsi la missione di rendere possibile la trasparenza dei dati nel mondo agroalimentare un asset fondamentale e imprescindibile per ogni attore della supply chain allo scopo di garantire la provenienza, la qualità e il valore del food nel doppio interesse reciproco sia del produttore sia del consumatore finale.

La base del progetto è rappresentata dalla blockchain Quadrans sulla quale è stato creato un ecosistema aperto per tracciare e rintracciare materie prime e prodotti alimentari lungo tutta la filiera dalla produzione alla logistica fino alla distribuzione, rendendo le informazioni accessibili via Web e device mobili a chiunque intenda consultarli. il tutto in modo del tutto open o con specifiche limitazioni per i soli utenti identificati in funzione della governance che imprese e filiere intendono definire per i progetti. L’azienda può infatti scegliere quali informazioni condividere e con chi, tramite un sistema di livelli di privacy personalizzato.
Per questo viene creato un codice univoco associato all’account del produttore (con la possibilità di scegliere il supporto di lettura fra QRcode, tag Nfc o Rfid) da applicare al bene che si intende tracciare: nel codice sono inseriti tutti i dati che l’azienda intende divulgare sotto diverse forme (video, immagini, certificazioni) e tali dati vengono immessi nel sistema diventando fruibili in maniera trasparente e inalterabile per sempre.

Dal mining bitcoin all’agroalimentare a un supporto concreto all’export agroalimentare

FoodChain nasce nel 2016 l’azienda da una realtà nata quattro anni prima per il mining bitcoin. Si tratta di una realtà con una forte competenza sul core della tecnologia e sui meccanismi di consenso e da questa competenza e attenzione è nata la volontà di applicare questa tecnologia in altri settori. Nel 2015 è arrivata la decisione di applicare la tecnologia alla filiera alimentare per trovare risposte nuove per le imprese sfruttando la sostenibilità economica, la scalabilità, la trasparenza e l’immutabilità della blockchain. In un mercato come quello agroalimentare con una elevata competitività che si gioca anche sulla capacità di garantire l’unicità e l’identità dei prodotti FoodChain ha pensato a una soluzione che permettesse di dare un supporto concreto all’export agroalimentare e al Made in Italy.

FoodChain ha deciso di fare della certificazione delle filiere la propria mission e di esplorare e sperimentare un cambio di paradigma che vede l’utilizzo della blockchain e dell’IoT e più precisamente con un progetto che fa leva sulla decentralizzazione con una blockchain pubblica.

La blockchain pubblica è Quadrans e tramite l’ausilio dei smart contract, patti di filiera sottoscritti tra aziende per scambiarsi informazioni e renderle disponibili agli utenti finali tramite applicazioni mobile permette di fornire strumenti software e hardware che facilitano l’accesso a questa tecnologia che per molti rappresenta ancora un ostacolo.

La scelta della blockchain permette non solo di mitigare il fenomeno della contraffazione ma offre strumenti per risolvere le inefficienze e per dare risposte nuove alle esigenze di sicurezza sempre più impellenti che pesano sulle grandi e piccole aziende.

Come affrontare le minacce all’agroalimentare e al Made in Italy in particolare

Il contesto peraltro parla da solo. Il falso Made in Italy procura danni ingenti sia alle aziende sia allo Stato e le ricadute si traducono in mancato gettito, in difficoltà commerciali e in riduzione delle potenzialità di sviluppo del mercato e dei prodotti. In particolare, poi i prodotti più contraffatti sono i generi alimentari, con un poco invidiabile primato per il Parmigiano Reggiano. Si tratta di una forma di protezione di tutto il ciclo di vita del prodotto originale che può essere certificato e reso unico utilizzando la blockchain che consente di dare trasparenza a tutta la filiera, di garantire la univocità e di identificare in modo incontrovertibile ogni singola unità di prodotto con la granularità desiderata e permette di rendere il dato finale inalterabile. Si può pensare a una carta d’identità del prodotto che è poi la migliore garanzia di sicurezza per permettere al consumatore di evitare di incorrere in prodotti falsificati frutto di frodi.

Grazie alla soluzione FoodChain ciascun prodotto può essere arricchito da codici identificativi univoci che contengono tutte le informazioni legata alla produzione, ai componenti, alle metodiche di produzione, al produttore. I codici sono applicati ai prodotti e vanno a comporre delle vere e proprie etichette intelligenti. A loro volta le informazioni contenute nelle etichette possono essere di vario tipo e varia modalità, possono essere testi, codici, immagini, documenti, video. Tutti dati vengono validati dalla Blockchain e la loro gestione è in capo solo al proprietario dell’informazione stessa. FoodChain mette a disposizione piattaforme web e app mobile con le informazioni che si deciderà di rendere pubbliche ai vari attori della supply chain. Ci saranno informazioni che potranno essere messe a disposizione di tutta la filiera, ce ne saranno altre che potranno essere indirizzate solo ad alcuni attori e altre che saranno gestite in forma riservata. In generale sarà possibile sviluppare una Governance per tutte le informazioni.

Un doppio layer per la blockchain

Governance significa anche possibilità di personalizzazione e personalizzazione significa complessità che FoodChain ha però semplificato creando un “layer” che permette di gestire tre livelli di data management: le informazioni private condivise in maniera selettiva, le informazioni pubbliche, le informazioni che attengono all’ambito dell’applicazione.

Riso, pasta e caffè tra i settori interessati

FoodChain conta 15 aziende in produzione in diversi settori dell’agroalimentare come riso, pasta e caffè, ma la piattaforma si presta a risolvere problematiche anche in altri ambiti e sono in corso sperimentazioni nel tessile, nella moda, nella tracciabilità dei rifiuti. La logica che sta alla base del progetto è a tutti gli effetti trasversale e premette di gestire inserire informazioni, su asset di valore, su Blockchain in modo eterogeneo da diverse fonti, sia tramite sito web sia con dispositivi IoT o grazie a integrazioni mirate sui software gestionali per poi sviluppare un QR Code che sono facilmente consultabili dai consumatori.

FoodChain lavora poi in partnership con diverse associazioni dei consumatori che vedono importanti vantaggi nel collaborare con una piattaforma che, offrendo la garanzia del registro immutabile, permette di risalire alle informazioni precise e puntuali nel momento in cui si devono affrontare constestazioni e rappresenta un punto di appoggio fondamentale in caso di frodi.

Da dove parte un’azienda agroalimentare per un progetto di certificazione blockchain

Tra i “punti di partenza” per progetti di questo genere c’è la necessità di rendere più efficiente e più sicura la filiera e si guarda alla possibilità di disporre applicazioni smart contract per la filiera. La volontà di creare un rapporto stabile di fornitura con aziende di eccellenza, di creare rapporti solidi, trasparenti ed efficaci che valorizzino il prodotto finito ma anche la filiera e il territorio e che nello stesso tempo possano a rendere la supply chain più efficiente. Si inizia così un percorso che porta diversi vantaggi. Ad esempio, c’è un tema importante di visibilità, ovvero la possibilità di dare vita a uno storytelling sulla qualità del prodotto, sulla qualità del processo necessario per realizzarlo, sul valore delle competenze coinvolte per raccontare in modo affidabile e sicuro il valore di un prodotto e per venderlo meglio.

La difficoltà più diffusa è nella necessità, non facile, di coinvolgere gli attori spesso numerosi di filiere complesse e articolate e qui c’è un lavoro di coinvolgimento e di collaborazione che è la premessa alla creazione e allo sviluppo dell’ecosistema sulla blockchain. In altri casi ci si confronta con filiere che sono guidate da un capo filiera che produce o vende i prodotti finiti e che agevola la creazione di sinergie e collaborazioni in modo da spingere le filiere a partecipare attivamente soprattutto in ottica di visibilità reciproca.

Negli ultimi tempi il tema della blockchain è molto cresciuto e non sono poche le aziende che hanno mostrato grande attenzione ai vantaggi che questa tecnologia poteva portare alle loro filiere e hanno fatto crescere l’esigenza di formazione, ovvero di disporre di strumenti di conoscenza più adeguati per poter valutare queste potenzialità.

Manifatturiero agroalimentare in modalità event & data-driven

Andrea MASSENZ, Founder & CEO, TechMass

Andrea Massenz, founder e CEO TechMass

L’innovazione nell’agroalimentare passa anche dall’adozione di soluzioni che permettono di gestire in modo innovativo la produzione, di avere un quadro preciso di tutti dati e di tutte le informazioni di fabbrica per aumentare, efficienza, qualità e competitività dell’azienda. In questo ambito si colloca di TechMass che punta a contribuire all’ottimizzazione della produttività delle imprese promuovendo una manifattura event & data-driven con un sistema innovativo, accessibile e semplice, che fa leva sul Cloud e su un approccio a servizio, ma che è nello stesso tempo potente ed efficace. Alle aziende si offre la possibilità di disporre di una soluzione in grado di migliorare la gestione dello shop floor industriale con una soluzione che offre il controllo totale su tutti i dati e tutti gli ambiti.

La società, nata a luglio 2017 ed entrata nel gruppo TeamSystem nel 2019, implementa i principi di lean production attraverso una piattaforma basata sul Cloud che sfrutta le potenzialità dell’IoT. L’azienda ha scelto di proporre un approccio che facilita gli operatori di linea nel monitoraggio e nel miglioramento nell’efficienza delle linee di produzione con una soluzione che permette di aumentare la produttività e ridurre i costi.

In concreto TechMass accompagna le aziende manifatturiere all’interno della supply chain ed è attiva nella fabbrica vera e propria in ambiente di produzione. La piattaforma permette di attuare un approccio ad ampio spettro che copre il controllo della qualità, la gestione dei fermi macchina, report e analytics, la gestione parametri di processo e manutenzione, la tracciabilità delle materie prime in termini di supporto all’ambito fabbrica dove si scannerizzano i lotti di produzione.

La facilità del Cloud e dell’IoT per l’agroalimentare

La soluzione TechMass con accessibilità, semplicità e concretezza grazie al Cloud e grazie modello a servizio

TechMass opera nell’ambito tradizionalmente conosciuto come MES, un termine e una modalità operativa che Techmess punta a superare come accessibilità, facilità, versatilità ma sempre rimanendo nella fascia di interconnessione tra il gestionale e la fabbrica. Gli elementi di differenziazione di Techmass sono primariamente tre:

  • la facilità di tipo plug and play, funziona senza integrazione con le macchine per rendere il processo stabile e flessibile senza vincolare i processi;
  • la logica App operatore pensata per rendere semplice la formazione e il coinvolgimento degli addetti
  • il focus sul servizio, con un business model a servizio che permette all’azienda di guardare solo ai risultati.

Controllare i dati di produzione per controllare qualità e marginalità

TechMass è una soluzione che permette alle imprese di produzione di Piccole e medie dimensioni, magari in settori caratterizzati da margini bassi, di aumentare in tempi rapidi le performance di business, di ridurre errori e fermi macchina. Per settori che tradizionalmente non sono mai stati particolarmente significativi TechMass permette di offrire a tante aziende la chance di aumentare la competitività sul mercato ed è una soluzione che chiunque potenzialmente può iniziare a utilizzare in tempi brevissimi.

L’approccio TechMass è basato su un dialogo diretto con le figure operation alle quali si presenta una logica di servizio che grazie al cloud permette appunto di ridurre in modo molto significativo le barriere di ingresso. In particolare, TechMass è nato nella sua prima versione per misurare le performance, come un prodotto indirizzato alla misurazione dei fermi macchina, e non a caso uno dei moduli base è rappresentato proprio dalla soluzione per la misurazione delle performance. TechMass permette di misurare le varie stazioni produttive, manuali, composte o centri di lavoro singoli, con un controllo e un monitoraggio degli avanzamenti di fase e con la visione precisa di tutti i passaggi: quando una stazione inizia e finisce e quanto si è fermata nel mezzo. Il tutto con una impostazione basata su informazioni impostate e strutturate che permettono una visibilità puntuale e ad alto livello della fabbrica.

Trasformazione agroalimentare: cos’è e come funziona

L’innovazione digitale, l’IoT, la blockchain si collocano in un ambito di innovazione che vive da tempo una importante trasformazione. Si può oggi forse dire che il digitale la sta accelerando e rafforzando. E il mondo specifico della trasformazione dei prodotti agroalimentari è quello che più di tutti può trarre vantaggio da questa accelerazione e dalla capacità di lavorare sui dati.

Gli alimenti prodotti dalle tecniche agricole vengono di solito trasformati prima di essere messi in commercio. Trasformare un alimento significa apportare un cambiamento alla sua forma fisica e chimica in modo da ottenere l’alimento desiderato e quindi un prodotto che si trova in condizioni differenti rispetto a quelle originarie al momento della raccolta. In questa trasformazione del prodotto risiede un fattore di conoscenza diretta e indiretta e un patrimonio di dati sui quali le imprese del digitale possono portare un nuovo valore.

I tre livelli della trasformazione agroalimentare

Se si guarda alla dimensione più economica della trasformazione agroalimentare si possono individuare tre tipologie:

  • La trasformazione fisica: che prevede manipolazioni meccaniche, fisiche, chimiche e biochimiche dalle quali si ottiene una modificazione nell’aspetto, nello stato fisico, nella consistenza, nella composizione chimico-nutritiva, ma anche nelle proprietà organolettiche dei prodotti. A questa azione fisica si aggiungono azioni che a loro volta incidono sul gusto, sulla la digeribilità del prodotto, su un miglioramento delle caratteristiche intrinseche come bene alimentare. La trasformazione agroalimentare fisica assume denominazioni specifiche in funzione della natura e della tipologia di prodotto e del livello di trasformazione che viene operato.
  • La trasformazione nel tempo e la conservazione: si tratta in questo caso di un’azione che ha lo scopo di migliorare la resistenza all’alterazione, in modo da permetterne un consumo dilazionato nel tempo e di facilitare il trasporto a distanza e la conservazione.
  • La trasformazione nello spazio o la sua commercializzazione: e in questo terzo caso si entra nell’ambito di specifiche azioni e trasformazioni di natura meccanica che permettano di rendere il prodotto adatto alla commercializzazione in mercati anche molto lontani e diversi.

Il ruolo dei dati nei processi di trasformazione agroalimentare

L’innovazione di prodotto, di processo e la sperimentazione ha portato sempre più spesso a effettuare una integrazione fra le diverse tipologie di trasformazione oltre naturalmente a individuare e sviluppare forme di integrazione, come succede, ad esempio, per la trasformazione fisica e la conservazione, oppure per la conservazione e il trasporto, rendendoli talora inscindibili. In tutti i casi il fattore chiave per valutare e garantire il valore delle attività e dei prodotti è nei dati. Un valore che è sempre più rilevante quanto più cresce la necessità di integrazione tra le varie forme di integrazione. Per le imprese, per le organizzazioni e per tutti gli attori nei processi di trasformazione agroalimentare il tema chiave è nella corretta rappresentazione in dati del prodotto in ingresso, del prodotto in uscita, del valore della trasformazione e del valore finale del prodotto.

Ad esempio, nei processi di produzione dei latticini (formaggio, yogurt, ecc.) si afforntano tematiche che sono al tempo stesso di trasformazione fisica, di conservazione a carico del latte, di trasporto con specifiche caratteristiche e di esposizione verso i consumatori con altre specifiche caratterististiche. La qualità del prodotto è data dalla lettura complessa e completa di tutti i fattori che uniscono in modo inscindibile la trasformazione vera e propria con con i passaggi e le possibili criticità che accompagnano il prodotto sulla tavola del consumatore finale.

Cosa vuol dire agroalimentare? Una definizione

Con il termine agroalimentare si fa riferimento alle attività del settore primario e dell’industria di trasformazione che attenziono alla coltivazione e alla trasformazione dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione. I settori che sono coinvolti in questo processo sono l’agricoltura, i trasporti, l’industria nello specifico del mondo agroalimentare. Il comparto agroalimentare nel suo complesso può essere suddiviso in tre specifici ambiti economici: il settore primario che a sua volta è composto da agricoltura, pesca, allevamento, il settore secondario che è appunto legato alla fase industriale e il terziario che attiene alla commercializzazione, al trasporto, al controllo e al marketing dei prodotti agroalimentari.

L’insieme delle attività per la lavorazione dei prodotti agroalimentari è generalmente organizzata in forma di filiera. Ovvero, l’organizzazione dell’intero processo produttivo, dalla realizzazione del prodotto grezzo alla vendita del prodotto finito, si articola spesso in una catena composta da strutture e da diverse fasi produttive. Con filiera agro-alimentare si intende pertanto tutto il ciclo di attività che caratterizzano la lavorazione del food a partire dalla fase di produzione/raccolta della materia prima alimentare fino al consumo da parte dell’utente finale.

Agroalimentare e Made in Italy: stato dell’arte ed esempi

Secondo una fonte importante come Coldiretti il cibo è diventato una delle prime ricchezze del nostro prima Paese con la filiera agroalimentare estesa, dai campi agli scaffali e alla ristorazione, che raggiunge in Italia una cifra di 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil ed offre lavoro a 3,8 milioni di occupati. Mai così tanto cibo e vino italiano sono stati consumati sulle tavole mondiali con il record storico per le esportazioni agroalimentari Made in Italy nel 2019 con un aumento del 4% rispetto al record storico di 41,8 miliardi messo a segno l’anno precedente. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari – sottolinea la Coldiretti – interessano i Paesi dell’Unione Europea dove il principale partner è la Germania mentre fuori dai confini comunitari continuano ad essere gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’italian food.

L’importanza dell’export per l’agroalimentare italiano

L’agroalimentare italiano, secondo Filiera Italia, si conferma nel 2019 traino dell’economia italiana, con prospettive più che rosee per il 2020 e un export a fare la parte del leone. Filiera Italia, alleanza a tutela e rappresentanza della distintività ed eccellenza della produzione agroalimentare italiana e fondazione che unisce le imprese agricole di eccellenza italiane rappresentate da Coldiretti e i principali marchi dell’industria alimentare nazionale, analizza i dati a consuntivo del settore agroalimentare per il 2019. Un export alimentare che chiude il 2019 a circa 35,2 miliardi di euro, raggiungendo quindi il 24,3%, di quota export sul fatturato. Sommando poi anche le esportazioni agricole, il totale export agroalimentare farà circa 43 miliardi, avvicinandosi sempre di più all’obiettivo di 50 miliardi fissato, considerando anche che già nel 2020 si può fare una previsione di crescita dell’export, a seconda dell’andamento mondiale, fra il 5 e il 7%.

“L’agroalimentare nazionale vale 205 miliardi e rappresenta il 12% del Pil, ma è soprattutto un elemento di traino per l’intera economia all’estero dove rappresenta il vero simbolo del Made in Italy. È quanto è emerso all’incontro al primo Forum dell’agroalimentare italiano organizzato da Filiera Italia e Coldiretti a in occasione di TuttoFood alla presenza del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Aziende che lavorano nel settore agroalimentare: tipologie

Il settore agroalimentare è composto da imprese che si dedicano alla lavorazione e trasformazione di prodotti provenienti da attività primarie quali l’agricoltura, la zootecnica, la silvicoltura e la pesca, oppure, in seconda battuta, di semilavorati ottenuti come detto, per realizzare prodotti finiti da destinare, a fronte di un adeguato condizionamento/confezionamento, al mercato, e quindi al consumo, alimentare.

In base alla posizione di filiera possono essere considerate agroalimentari:

  • Industrie che preparano gli alimenti freschi, includendo le macellerie e le aziende che selezionano e impacchettano le verdure per la vendita al dettaglio;
  • Industrie di conserve, che trasformano gli alimenti freschi in prodotti a più lunga conservazione;
  • Industrie che producono ingredienti che servono a preparare gli alimenti, come macinati o sale da cucina;
  • Industrie che producono alimenti pronti da consumare, compresi gli alimenti surgelati che possono essere mangiati dopo essere stati riscaldati, come ad esempio le pizze conservate.

Articolo aggiornato da Mauro Bellini il 26 Febbraio 2020

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