«Dobbiamo riorganizzare il tema della reciprocità a partire dagli standard sanitari e non, difendere la trasparenza e l’autenticità del prodotto, rendere più esigibili le clausole di salvaguardia e continuare a fare promozione. Ognuno si deve prendere le proprie responsabilità e noi dobbiamo essere i primi: è una battaglia difficile ma possiamo svilupparla nell’interesse del settore, dell’Italia e dell’Europa». Sono questi i 4 pilastri chiave della strategia italiana per l’agroalimentare immaginata dal ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina che, intervenuto in occasione del primo action thank firmato Agrinsieme e andato in scena a Roma, ha delineato lo scenario nazionale, europeo e internazionale che attende il settore nei prossimi anni.
Uno dei punti focali del titolare del Mipaaf è stato quello degli accordi di libero scambio, tornanti prepotentemente di attualità dopo la firma del Ceta fra Europa e Canda. «Tanto più ci si apre e tanto più ci si deve rendere distintivi. Ovviamente dobbiamo essere capaci di difendere la qualità del Made in Italy e i nostri sforzi sono concentrati su questo aspetto – ha sottolineato Martina -. Non può accadere che facciamo accordi, li difendiamo in un clima complicato e poi non riusciamo a portare a casa un avanzamento delle regole in materia di tracciabilità». Secondo il ministro «dobbiamo essere consapevoli di una fase nuova in cui si colloca la sfida di costruire mercati aperti con regole giuste» e l’agroalimentare sta giocando una partita «stressata dalla dinamica tra sovranismo e globalizzazione».
A qualsiasi latitudine, ha ricordato, «un consumatore vuole sapere cosa mangia e con quale livello di sicurezza. Stanno cambiando le diete e gli orientamenti. In questo contesto la difesa dell’autenticità è oggi più di ieri un grande tema pubblico di interesse privato. Basta un caso come quello delle uova scoppiato poche settimane fa per generare l’effetto che abbiamo visto. Abbiamo sulle spalle una responsabilità di carattere pubblico, politico e istituzionale delicata. Da come delineeremo questa frontiera delle regole passerà l’idea che i cittadini si faranno del mondo».
Rispetto alle polemiche che hanno accompagnato la firma del Ceta, Martina ha sostenuto che «il ripiegamento sulla chiusura che difende distanziando è un grande tema di orientamento negativo. La responsabilità delle istituzioni e del settore è far capire che abbiamo bisogno di un altro modello e anche nel racconto degli accordi dobbiamo alzare l’asticella». Un ruolo importante spetta al territorio: «Dobbiamo mettere in piedi esperienze produttive di territorio per far capire quanto servano gli accordi commerciali. Voi più di chiunque altro – ha aggiunto rivolgendosi agli imprenditori in sala – sapete perché le mele devono andare in giro per il mondo, quale sia il peso delle barriere tariffarie e quanto sia utile lavorare sulla promozione e parlare di reciprocità».
In un’economia sempre più globalizzata, ha concluso Martina, «non c’è una regola che da sola vince se non mettiamo un’iniziativa più aperta di carattere culturale che rimetta in chiaro perché per l’Europa e per l’Italia la fatica di fare accordi per allargare i mercati e condividere regole è cruciale. Se rimarremo chiusi nella sola logica tecnica non ce la faremo».
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