Perché la sostenibilità è diventata una priorità del mondo agroalimentare
Tra tutti i settori produttivi l’agroalimentare ha un rapporto speciale con i temi della sostenibilità e dell’ESG. Per tutte le imprese del settore, la gestione dell’impatto è infatti ormai diventata una priorità e sono tante quelle che hanno interpretato questo impegno coinvolgendo le aziende della filiera e le catene di fornitura.
Con l’incremento della popolazione mondiale e le crescenti pressioni ambientali, la produzione alimentare e la gestione delle risorse si è fatta sempre più delicata e difficile e per questo l’industria ha iniziato un percorso di trasformazione che coinvolge i metodi di produzione, di distribuzione e di consumo.
Un percorso che ha delle priorità molto chiare con obiettivi che hanno una relazione diretta ed estremamente rilevante sulle nostre vite: la riduzione dell’impatto ambientale, la capacità di garantire la sicurezza alimentare e la promozione di un approccio equo lungo tutta la catena del valore.
Per le imprese del mondo agroalimentare, questi obiettivi non rappresentano solo un impegno etico verso l’ambiente e verso la società, ma sono anche il modo per rispondere alla domanda di consumatori che prestano sempre maggiore attenzione a questi fattori nelle loro scelte di consumo quotidiane e al mondo del banking e della finanza che nelle sue decisioni di investimento è a sua volta sempre più attento ai contenuti della trasformazione sostenibile delle imprese.
Si tratta in sostanza di sfide che rappresentano un’opportunità strategica per le aziende che vogliono posizionarsi come attori di questo processo anche attraverso nuove forme di innovazione sostenibile con fenomeni che vanno dal Foodtech al Cleantech per arrivare al Climatech.
Nuovi processi di produzione per un ripensamento anche dei prodotti
In questo scenario si parla di nuovi standard di produzione e distribuzione per proseguire nella riduzione dell’impatto ambientale che è nello stesso tempo favorita e stimolata da una crescente impegno a livello di regolamentazione sul piano internazionale. Per le imprese la sfida riguarda una forma di compliance, ovvero di adeguamento a questi cambiamenti, ma non può prescindere dalla creazione di una strategia aziendale che consenta, grazie all’innovazione, di fare di questa trasformazione un vantaggio competitivo in termini di contributo allo sviluppo sostenibile.
Ed è proprio su queste sfide che si concentra lo studio Recipe for Transformation pubblicato da Quantis, società di BCG, realizzato con l’obiettivo di analizzare l’impatto della transizione sostenibile nell’industria del food & beverage per comprendere al meglio la tipologia e la portata delle sfide e delle opportunità che stanno emergendo.
Dalla ricerca (per una consultazione dello studio integrale vai qui n.d.r.) arriva un segnale importante per il mercato. Solo il 30% degli oltre 600 manager e dirigenti del settore che sono stati coinvolti nello studio crede di riuscire a raggiungere gli obiettivi che sono stati fissati per il 2030. Si potrebbe osservare che dopo una fase di entusiasmo che ha alzato le aspettative sta subentrando una fase di pragmatismo nella quale appaiono chiare tutte le difficoltà di questa trasformazione. E le ragioni sono da addebitare primariamente alla complessità del mondo agroalimentare dove l’intreccio a livello di partnership e collaborazioni appare assolutamente determinante.
La sfida principale è nella definizione delle priorità
Per raggiungere gli obiettivi 2030 il punto focale, considerando l’entità di questa trasformazione, è determinato dalla capacità di definire delle priorità di azione. Per ogni azienda del mondo agroalimentare è necessario circoscrivere il raggio d’azione e definire delle aree chiave di intervento.
Il report BCG – Quantis mette in evidenza l’attenzione delle imprese alla valutazione di impatto del proprio portafoglio prodotti con una analisi di tutte le dimensioni: dalla composizione del prodotto, ai processi di lavorazione per arrivare al packaging. Un approccio in forma di LCA Life Cycle Assessment che permette di disporre di elementi concreti sui quali agire per il ripensamento del prodotto, per il redesign dei processi di produzione o per agire in generale su tutte le operations.
La ricerca mette in evidenza come un’attenzione speciale sia rivolta proprio al tema del packaging alimentare che viene considerato un tema strategico dal 67% dei manager italiani e dal 62% dei manager a livello globale.
Nello stesso tempo si registra una maggiore attenzione ai temi dello spreco alimentare che rientra nella lista delle priorità per il 53% dei manager italiani e per il 57% di tutti i partecipanti alla ricerca.
Agroalimentare e sostenibilità: la barriera più grande è la supply chain
Il rapporto tra agroalimentare e sostenibilità è sempre di più un rapporto tra supply chain e sostenibilità. Per il 37% degli italiani e per il 42% dei manager a livello globale la complessità delle supply chain è il grande tema su cui confrontarsi per cercare di raggiungere gli obiettivi 2030.
Nello specifico poi c’è un grande tema legato agli investimenti necessari per stimolare, sostenere e accelerare una trasformazione sostenibile che si deve attivare su un numero importante di aziende. Da questo punto di vista della ricerca arriva un dato preoccupante che indica come la quota media del bilancio annuale di investimenti mirati a progetti per la riduzione degli impatti ambientali si ferma al 12,5% su scala globale. Considerando la necessità di nuove tecnologie e nuove competenze, in particolare green skill, da mettere in campo per attuare pratiche trasformative e per misurarne gli effetti, appare evidente che servono anche investimenti adeguati.
Nell’agroalimentare sostenibilità dovrebbe essere “sinonimo” di collaborazione
Dal punto di vista delle funzioni aziendali, la trasformazione che deve portare l’agroalimentare verso la sostenibilità riguarda la necessità di far crescere le forme e le intensità di collaborazione tra tutte le aree aziendali. Il clima di collaborazione e la capacità di condivisione rappresentano, per il 34% degli italiani e per il 32% a livello globale, due fattori chiave per avviare e consolidare nuove pratiche sostenibili.
Il ruolo delle normative
I vantaggi di una trasformazione che avvicina agroalimentare e sostenibilità sono tanti, ma oltre ai benefici diretti sull’ambiente e sul business ci sono anche questioni legate al rispetto delle normative che stanno contribuendo a questo fenomeno. Per il 45% dei partecipanti alla ricerca le normative sono infatti una delle principali motivazioni per agire a livello di gestione dell’impatto.
Davide Tonon, Direttore di Quantis Italia in una nota di presentazione della ricerca osserva come i dati permettano di comprendere che la sostenibilità sia stata sin qui costruita “dal basso”, grazie ad una diffusa attivazione trasversale in azienda: metà del campione nazionale ha infatti dichiarato di poter contare su KPI di sostenibilità da oltre un anno, contro il 38% su scala globale e grazie anche all’ingaggio della catena del valore“. Tonon analizza gli elementi che stimolano questa trasformazione e osserva come la diffusione di “Bonus C- level legati a KPI di decarbonizzazione: rappresenti una leva determinante e di successo”. In termini di analisi del processo di trasformazione poi mette in evidenza che il prossimo passo “dovrà consistere nel passaggio da un approccio a silos all’integrazione della sostenibilità nelle scelte e nell’operatività quotidiana di tutte le funzioni aziendali“.
Perché se si guarda alle prospettive di sviluppo del mercato occorre considerare che “le aziende del settore alimentare corrono il rischio di perdere fino al 26% del proprio valore se non agiscono rapidamente, in modo efficace ed efficiente. E per la sostenibilità servono budget più rilevanti che permettano di conseguire una trasformazione di impatto misurabile e duraturo, che consentano di sostenere la collaborazione tra i dipartimenti e con i partner strategici e che siano nella condizione di rispettare un impegno strategico sulle tre direttrici del redesign sostenibile del portafoglio prodotti, dell’agricoltura rigenerativa e del plant based”.