ESG SMART DATA

Con la circular economy cala il rischio di credito e migliora lo score ESG



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I vantaggi dell’economia circolare sono molto concreti, tanto per le imprese quanto per le banche. Dall’analisi di Cerved Rating Agency emerge che le imprese che hanno adottato modelli circolari sono collocate in classi di rating meno rischiose e vantano una probabilità di default media inferiore del 28% rispetto alle aziende che non hanno scelto di avvicinarsi alla circular economy

Pubblicato il 18 lug 2024

Mauro Bellini

Direttore Responsabile ESG360.it, EnergyUP.Tech e Agrifood.Tech



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Fonte: Cerved Rating Agency

Un bel segnale per tutto l’ecosistema dell’economia circolare arriva dall’analisi realizzata da Cerved Rating Agency, agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie italiane e delle emissioni di titoli di debito, su oltre 2.000 società non finanziarie con rating di credito in essere. Se si divide questo campione tra aziende che hanno adottato modelli di sviluppo circolari e aziende “tradizionali” emerge in modo evidente che la circolarità “fa bene” alle imprese stesse, come si rileva osservando che chi ha sposato la circolarità si colloca prevalentemente nelle classi di rating meno rischiose. L’altra tendenza rilevante che si coglie segnala che se nel 2021 la probabilità di default per imprese circolari era del 2,51% contro il 3,18% delle altre aziende con l’ultimo update di giugno 2024 la forbice che separa circolari e non circolari si è allargata a beneficio delle realtà che hanno adottato modelli circolari che riescono a tenere con un 2,61% a fronte di un peggioramento generalizzato del merito creditizio mentre le “non-circolari” passano al 3,86%.

Per le imprese con modelli circolari si registra una riduzione del rischio di credito

Se si guarda al fenomeno dell’economia circolare dalla prospettiva del mondo bancario i dati Cerved Rating Agency confermano che l’adozione di modelli di business circolari riduce il rischio di credito che passa dal 4,37% al 3,12% con una diminuzione del 28%.

Questi benefici in termini di riduzione del risparmio di capitale per le banche mostrano come la media della ponderazione creditizia per le imprese virtuose arrivi a una quota pari al 72,8%, mentre sia ben superiore al 75%, per la precisione 76,7% per le imprese non circolari. Una forbice in questo caso che si misura in circa 390 basis point di risparmio di attività ponderate per il rischio, o Risk-Weighted Assets (RWA) per le banche a favore delle imprese circolari.

Ecco che si arriva al processo decisionale degli istituti di credito che vedono, sul piano strettamente economico (e dunque al netto degli ulteriori vantaggi che derivano dalla rendicontazione di sostenibilità) un concreto beneficio nel valutare con maggiore attenzione le richieste di finanziamento che arrivano dalle imprese con modelli circolari. Il potenziale risparmio per le banche, nel momento in cui privilegiano le circular economy company si misura in un potenziale risparmio in termini di esposizione al rischio che si valorizza in 4 euro ogni 100 erogati e 0,3 euro di capitale regolamentare.

Meno debito e più margine operativo per le imprese circolari

Questi dati assumono poi un valore speciale nel momento in cui si mettono in relazione con il contesto italiano relativo all’economia circolare. Lo scenario da questo punto di osservazione è particolarmente favorevole con una produttività a livello di risorse che, come indicato dai dati Eurostat, nel 2023 ha dato vita a qualcosa come 3,6 euro di PIL per ogni kg di risorse consumate. Una performance che pone l’Italia davanti a Francia e Spagna con un valore superiore di 50 centesimi. Ma l’Italia fa anche molto meglio della media europea per qualcosa come 1,5 euro.

Risultati molto positivi anche per quanto attiene al tasso di utilizzo di materiali circolari, dove il nostro paese presenta un tasso di riciclo del 18,7% di ben 7,2 punti percentuali superiore alla media UE dell’11,5%. Un risultato che viene da lontano come segnala la tendenza registrata negli ultimi dieci anni nella crescita della quota di materiali riciclati e reimmessi nell’economia.

Un ESG score olistico superiore di 20 punti per le imprese circolari

Un altro aspetto rilevante di questo fenomeno riguarda la trasformazione in corso per quanto attiene i processi organizzativi delle imprese. L’analisi Cerved Rating Agency che ha coinvolto un campione di oltre 2.000 imprese non finanziarie con valutazione ESG ha mostrato che i benefici dei modelli circolari si fanno sentire anche sul piano dello score ESG e le imprese che li adottano presentano in media una valutazione olistica di 63,4 punti, che risulta superiore di circa 20 punti rispetto a chi non li prevede. I benefici si sentono anche per le imprese che limitano il loro impegno sul piano del recupero dei rifiuti, del riciclo e del recupero e della produzione sostenibile. Anche per queste imprese lo score ESG risulta migliore rispetto alle imprese che non adottano queste pratiche.

Ma come si traduce tutto questo in termini finanziari? Anche su questo punto l’analisi di Cerved Rating Agency segnala elementi a favore della circolarità: le imprese circolari sono più performanti in termini di capacità di coprire la spesa per interessi passivi tramite il risultato operativo con un EBIT interest coverage mediano migliore del +24%. In più sono nella condizione di generare più cassa da destinare all’investimento. Tra gli altri fattori che completano il profilo delle imprese circolari si segnala un minor indebitamento del 6% e la capacità di generare flussi di cassa più elevati in rapporto all’indebitamento lordo: il rapporto Free cash flow / Indebitamento lordo delle imprese circolari arriva al 6% contro il 2,9% delle imprese che non adottano modelli circolari.

Imprese circolari meno esposte ai rischi di supply chain

Se poi si guarda a una lettura più strategica e più di lungo periodo in relazione all’adozione di modelli circolari si osserva che il riutilizzo di materiali, la più elevata percentuale di energie rinnovabili e lo sviluppo di cicli produttivi più sostenibili garantiscono a queste imprese una maggiore resilienza che si traduce in un valore importante in particolare nelle fasi del mercato in cui si subiscono forti rialzi dei prezzi delle commodity.

Fonte: Cerved Rating Agency

Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency ha osservato che, come rivelano anche i dati Eurostat: “l’Italia mostra ottime performance nelle attività legate al riciclo e al recupero di materiali e che sta crescendo il numero delle imprese che scelgono di fare della circular economy un elemento fondamentale nel proprio business model. In questo scenario appare fondamentale capire se l’utilizzo di queste pratiche abbia anche conseguenze positive di natura economico-finanziaria. La nostra ricerca – prosegue – ha valutato l’impatto dei principali driver di circular economy in termini di benefici finanziari e, di conseguenza, di rischio di default”.

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Fonte: Cerved Rating Agency

Tra le principali evidenze che sono state affrontate in questo servizio Negri torna a sottolineare che “se si fa riferimento ai dati del mese di giugno 2024, le imprese con modelli di circolarità si trovano prevalentemente nelle classi di rating meno rischiose e mostrano una probabilità di default media più bassa del 28%. Osservando poi questo andamento – prosegue – in un’orizzonte temporale più esteso l’analisi di un campione di imprese con rating di credito validi in tutti gli anni considerati a partire dal 2021, equamente diviso tra chi ha adottato modelli di economia circolare e chi no, mostra che il primo cluster ha dimostrato una maggior resilienza a shock esterni negli ultimi tre anni“. In definitiva, le imprese “circolari” avevano già nel 2021 una probabilità di default inferiore, pari al 2,51% contro 3,18% delle imprese “tradizionali”, “ma nel giugno 2024 – conclude -, dopo un susseguirsi di crisi e rischi sistemici, il gap è aumentato ulteriormente passando da un 2,61% contro un 3,86% in un contesto segnato da un generale deterioramento del merito creditizio”.

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