Attualmente, i contenuti legati ai videogiochi sono il secondo tipo di contenuto più visto su YouTube, con l’esistenza di piattaforme dedicate esclusivamente alla comunicazione di contenuti legati agli e-sport e ai videogiochi. Oggi molte piattaforme di trasmissione di contenuti stipulano accordi con gli e-gamer per trasmettere contenuti direttamente. L’ascesa di questo nuovo settore pone nuove domande, come ad esempio: è legittimo che l’e-gamer governi alcuni dei diritti economici derivati dalla sua partecipazione agli eventi e-sport? È possibile inquadrare l’e-gamer nella categoria di artista, interprete e artisti esecutori? Sarebbe, in questo modo, un titolare di diritti di proprietà intellettuale correlati, o non lo sarebbe?
Cosa sono gli e-sport
Gli e-sports sono una sottocategoria dell’industria dei videogiochi. La sua definizione riunisce i seguenti punti: (i) giocare a un videogioco (ii) collettivamente e in modo competitivo contro diverse persone fisiche, (iii) con un formato di competizione predefinito e con regole specifiche e (iv) in modo professionale o amatoriale.
Chi sono i principali partecipanti
Publisher: è l’azienda che ha sviluppato il videogioco e/o possiede i diritti d’autore. Pertanto, è colui che può autorizzare o proibire a terzi di utilizzarlo. Il publisher deve autorizzare il diritto di comunicazione pubblica del videogioco, con l’obiettivo che tutti i partecipanti all’evento abbiano accesso al suo utilizzo.
Organizzatore o promotore dell’evento sportivo: è la società che organizza la competizione e impone i requisiti di partecipazione alle squadre o ai club iscritti. L’organizzatore deve acquisire una licenza dal publisher in modo che ogni squadra che partecipa alla competizione possa utilizzare il videogioco.
Broadcaster: la registrazione audiovisiva risultante, trasmessa in diretta (live streaming) e resa disponibile al pubblico, composta dal videogioco, dalla narrazione e dal commento, dalle immagini e dalle reazioni dei giocatori, dai replay delle migliori giocate o dalle interviste ai protagonisti. Per trasmettere il concorso, l’emittente deve ottenere due diversi tipi di diritti: (i) i diritti necessari al videogioco e (ii) i diritti audiovisivi della competizione.
Dal punto di vista del diritto d’autore, gli e-sport sono una forma specifica di sfruttamento dei videogiochi attraverso l’uso e la comunicazione pubblica del videogioco in eventi competitivi.
Proprio come hanno fatto gli artisti cinematografici con lo sviluppo del cinematografo, è logico che oggi, con il fiorente sviluppo dell’industria degli e-sport, gli e-gamer vogliano trasformare il videogioco in uno strumento di sfruttamento differenziato, attraverso la sua diffusione o messa a disposizione. Ottenere i diritti di trasmissione permette la diffusione di materiale audiovisivo su canali televisivi, internet o piattaforme online. Per ottenere i diritti di ritrasmissione, è necessario:
- che l’organizzatore o il promotore ottenga dall’editore un’autorizzazione a ritrasmettere la registrazione audiovisiva dove appare il contenuto del videogioco.
- che in precedenza gli e-gamer e i club abbiano regolato tra loro la cessione dei loro diritti d’immagine e/o di proprietà intellettuale. Con questa operazione, l’organizzatore o il promotore otterrebbe i diritti di trasmissione, e potrebbe negoziare la successiva commercializzazione delle trasmissioni attraverso canali propri o di terzi e rivendicare eventuali violazioni. In generale, il publisher concede all’e-gamer il diritto di utilizzare il videogioco.
Ma cosa succede se l’uso del videogioco comporta la creazione di una nuova opera intellettuale? Quali sarebbero i diritti dell’e-gamer?
Rispondiamo a queste domande tenendo conto, soprattutto, della legislazione italiana e spagnola.
E-gamer, cosa dice la legislazione vigente
Una prima possibilità di potenziale equiparazione tra gli e-gamer e gli artisti interpreti e artisti esecutori potrebbe nascere da una disposizione specifica e autonoma dell’ordinamento giuridico che riconosca e protegga i diritti degli e-gamer in modo simile a come protegge quelli degli interpreti.
Una seconda possibilità sarebbe l’esistenza di una menzione specifica e concreta degli e-gamer, all’interno della legge spagnola sulla proprietà intellettuale e della legge italiana sul diritto d’autore, introducendo tale menzione nella categoria degli gli artisti interpreti e artisti esecutori.
La terza possibilità verrebbe dall’interpretazione che non solo la dottrina, ma anche la giurisprudenza potrebbe fare degli articoli 105 e seguenti della legge spagnola sulla proprietà intellettuale e degli articoli 80 e seguenti della legge italiana sul diritto d’autore, nel senso di interpretare l’inclusione degli e-gamer nella definizione di artisti interpreti e artisti esecutori, senza bisogno di una menzione esplicita.
Le opzioni 1 e 2 sono alternative per il futuro; ma oggi sono inapplicabili, tenendo conto della legislazione italiana e spagnola perché (i) non esiste una legislazione speciale che regoli l’attività degli e-gamer e che li equipari alle altre figure esistenti nella legge sul diritto d’autore (ii) non esiste una disposizione concreta e specifica per gli e-gamer all’interno della stessa legge sul diritto d’autore. Per questo motivo, ci limiteremo ad analizzare il punto 3, anche se questo non esclude una possibile evoluzione della legge nei prossimi anni.
Le caratteristiche che definiscono gli artisti interpreti e artisti esecutori
La domanda iniziale che dobbiamo risolvere è quali sono le caratteristiche che definiscono gli artisti interpreti e artisti esecutori al fine di analizzare se sia possibile includere gli e-gamer in questa definizione, dal momento che condividono modelli comuni.
Gli artisti interpreti ed esecutori ai quali la legge sul diritto d’autore (Legge n. 633 del 22 aprile 1941, di seguito: l.a.) attribuisce la titolarità dei diritti connessi previsti dagli artt. 80 ss. l.a. sono “gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell’ingegno”.
L’articolo 105 della Legge sulla Proprietà Intellettuale spagnola definisce gli artisti interpreti e artisti esecutori come segue: Si intende come artista, interprete o esecutori una persona che rappresenta, canta, legge, recita, interpreta o esegue in qualsiasi forma un’opera.
D’altra parte, seguendo le note esposte dall’Associazione Spagnola di Videogiochi, un e-gamer può essere definito come una persona fisica che partecipa a una competizione su un videogioco per vincerla attraverso la sua abilità e quella dei suoi compagni di squadra. In breve, sarà una persona fisica, membro di una squadra, che, in modo competitivo e indipendentemente dalle sue prestazioni come professionista o dilettante, gioca un videogioco all’interno di un determinato sistema di competizione.
Come si vede, le prime due definizioni non limitano la condizione di artista, interprete o esecutore a categorie specifiche (numerus clausus), nonostante l’elenco iniziale (attori, cantanti, ecc.) incorporato nell’articolo 80 della legge italiana sul diritto d’autore, poiché, più avanti, in modo generico, si riferisce a: “altre persone”. Quindi, a priori, non possiamo affermare, in nessuno dei due casi, che il soggetto che acquisisce tale condizione sia limitato, a priori, a certe categorie con carattere imperativo, e, essendo così, quindi, se il resto delle condizioni sono soddisfatte, potenzialmente, gli e-gamer, potrebbero far parte di entrambe le definizioni.
Altri elementi comuni a entrambe le definizioni sono l’uso di alcuni verbi. Per esempio, “eseguire” “ejecutar”, così come la modalità: “in qualunque modo”, “ en cualquier forma “per finire con lo stesso oggetto: “una obra”, un’opera dell’ingegno.
E-gamer e videogiochi dal punto di vista legale
Detto questo, l’e-gamer potrebbe essere assimilato alla definizione aperta, già analizzata? (“altre persone che eseguono in qualunque modo un’opera dell’ingegno”). Dobbiamo rispondere a queste domande: un videogioco è un’opera tutelabile dal diritto d’autore? È un’opera dell’ingegno? Cos’è il videogioco da un punto di vista legale?
Il videogioco si è evoluto, in Italia, dal punto di vista della sua protezione giuridica, passando (i) da non essere un’opera tutelabile dal diritto d’autore (ii) ad essere un’opera audiovisiva (iii) fino ad essere un’opera multimediale.
Nel 1982 non poteva essere applicato il diritto d’autore per la protezione del software, ma la copia fu impedita in base alla legge sulla concorrenza sleale (Pretura di Torino, 25 maggio 1982) con applicazione dell’art. 2598 c.c. in relazione sia all’imitazione servile, in quanto le immagini del gioco erano sorprendentemente identiche.
Nel 1983, sempre il Tribunale di Torino[1], definisce il videogioco come “immagine in movimento”, classificandolo come un’opera audiovisiva.
Nel 1988 il Tribunale di Milano aveva considerato il videogioco come opera appartenente alla cinematografia, riconoscendo l’importanza della componente audiovisiva dei videogiochi e il ruolo attivo del fruitore-giocatore nello sviluppo della narrazione dell’opera.
Nel giudizio di Dalvit del 25 maggio 2007, la Corte Suprema italiana, consapevole del divario nella legislazione e del fatto che il concetto di “immagine in movimento” non fosse sufficiente a comprendere la complessità dei videogiochi, finalmente li classifica come opere multimediali.
Inoltre, la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 23 gennaio 2014 (causa C-355/12. Nintendo contro PC Box), al punto 23, ha sottolineato che i videogiochi sono un materiale complesso che comprende non solo un software, ma anche elementi grafici e sonori che, sebbene codificati nel linguaggio informatico, hanno un valore creativo proprio che non può essere ridotto a tale codifica. Nella misura in cui le parti di un videogioco, come gli elementi grafici e sonori, partecipano all’originalità dell’opera, esse sono protette, insieme all’opera nel suo insieme, dal diritto d’autore secondo il regime stabilito dalla direttiva 2001/29. Così, ha affermato la sentenza, la protezione degli elementi costitutivi dei videogiochi da parte del diritto d’autore è garantita.
Per quanto riguarda la dottrina in Italia ha definito il videogame: un prodotto che combina, contemporaneamente, in forma digitale, testo, grafica, suoni, immagini e software, che potrebbe essere considerato anche un’opera collettiva ai sensi dell’art. 38 della Legge sul Diritto d’Autore. La tutela, per tanto, è assicurata non soltanto al software di funzionamento, ma anche alle singole componenti (musica, grafica, caratterizzazione dei personaggi o degli ambienti)[2].
La Legge sulla proprietà intellettuale spagnola
In Spagna, Bercovitz Rodriguez-Cano definisce il lavoro multimediale come segue: “creazione digitale che combina, attraverso un software, elementi appartenenti a diversi media, come video, suono, immagine statica, animazione grafica o testo, permettendo all’utente di interagire con il suo contenuto” e include tra gli esempi di questo lavoro i videogiochi stessi.
Altri autori come Donaire Villa e Plannells de la Maza negano il carattere di opera audiovisiva ai videogiochi poiché indicano che l’articolo 86.1 della Legge sulla Proprietà Intellettuale spagnola destina tali opere essenzialmente ad essere mostrate e non alla possibilità di interazione, per esempio di un e-gamer con esse.
Tutto questo ci porta a concludere che un videogioco, almeno dal punto di vista giuridico spagnolo, è la somma di certi tipi di opere proteggibili individualmente, attraverso la legge sulla proprietà intellettuale. I principali elementi che possiamo trovare all’interno di un videogioco, secondo il documento The legal Status of Videogames de la World Intellectual Property Organization (WIPO) comprende le seguenti categorie principali:
- Audio: composizioni musicali, effetti sonori, voce
- Audiovisivo: immagini, animazioni, scene cinematografiche
- Programmazione e software: codice sorgente ecc.
A questa selezione, dovremmo aggiungere
- Elementi letterari: sceneggiatura, dialoghi, testi….
- Titolo o logo del videogioco: sarebbe considerato un marchio e sarebbe protetto dal suo regolamento specifico.
- Elementi come il motore grafico su cui gira il gioco, elementi tecnici specifici del gioco o sviluppi proprietari, che sarebbero brevettati. A questo proposito, possiamo dare come esempio i motori grafici che vengono utilizzati come base nella maggior parte dei videogiochi al giorno d’oggi, e che normalmente non sono di proprietà dello sviluppatore o del publisher, ma di una terza parte.
Senza dimenticare opere derivate (traduzioni, adattamenti, revisioni, aggiornamenti, arrangiamenti o trasformazioni musicali).
E-gamer: il videogioco è un’opera dell’ingegno tutelabile dal diritto d’autore
Possiamo quindi concludere che, sebbene non esista un precetto inequivocabile che definisca il videogioco, all’interno delle rispettive leggi sul diritto d’autore in Italia e in Spagna, in entrambi i casi, sia all’interno dell’accettazione dell’opera collettiva o multimediale sia attraverso la protezione individuale delle varie componenti che compongono un videogioco, ci troviamo di fronte a un’opera dell’ingegno, tutelabile dal diritto d’autore.
L’interpretazione e/o l’esecuzione del videogioco da parte dell’e-gamer è in grado di mostrare una libertà interpretativa sufficiente per essere protetta come un tipo di copyright?
Un secondo elemento essenziale ai fini dell’attribuzione della tutela è dato dall’entità del contributo interpretativo, che varia a seconda della tipologia di diritto connesso che si voglia esercitare. La fattispecie costitutiva del diritto è data dall’interpretazione, ossia dalla comunicazione al pubblico di un’opera dell’ingegno con l’impronta del proprio talento e della propria personalità, e l’oggetto della protezione è l’attività di intermediazione tra l’opera e il pubblico, requisito indispensabile affinché alcune tipologie di opere dell’ingegno possano essere fruite. Pertanto, è necessario che l’e-gamer, per mezzo delle sue conoscenze e abilità, possa interpretare e/o eseguire il videogioco, attraverso l’interfaccia grafica, seguendo il proprio stile di gioco e raggiungendo un risultato dinamico che rifletta l’espressione personale dell’e-gamer.
L’interpretazione deve quindi essere il risultato della scelta dell’interprete (e-gamer), attraverso l’esercizio della sua libertà interpretativa.
È evidente che l’uso di un elaboratore di testi permette la creazione di un’opera protetta dal diritto d’autore. Ma sarebbe lo stesso nel caso di un software per videogiochi? In che misura la libertà interpretativa dell’e-gamer sarebbe limitata, o meno, dal codice sorgente del videogioco? (per esempio, rispetto alla gamma e alla ricchezza della diversità dei movimenti dell’avatar governati dall’e-gamer)?
È chiaro che se il software che fa parte del videogioco non include abbastanza opzioni e varianti con cui interpretare il videogioco, sarà impossibile garantire quel certo margine di libertà di interpretazione necessario per fornire all’opera derivata la necessaria sostanzialità.
La sentenza della Corte d’Appello degli Stati Uniti del 1983
Per analizzare la questione precedente, è interessante partire dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello degli Stati Uniti, l’11 aprile 1983, nel caso Midway Manufacturing co. v. Artic International inc, (704 F.2d 1009), che ha deciso su questioni relative alla portata della protezione dei videogiochi in applicazione del Copyright Act americano del 1976.
Molto specificamente, vorrei condividere un estratto che allude al potenziale potere decisionale di un giocatore in un videogioco, ricordiamolo, nel contesto del 1983. Si veda:
“The person playing the game can vary the order in which the stored images appear on the screen by moving the machine’s control lever…The question is whether the creative effort in playing a video game is enough like writing or painting to make each performance of a video game the work of the player and not the game’s inventor.
Playing a video game is more like changing channels on a television than it is like writing a novel or painting a picture. The player of a video game does not have control over the sequence of images that appears on the video game screen. He cannot create any sequence he wants out of the images stored on the game’s circuit boards. The most he can do is choose one of the limited number of sequences the game allows him to choose. He is unlike a writer or a painter because the video game in effect writes the sentences and paints the painting for him; he merely chooses one of the sentences stored in its memory, one of the paintings stored in its collection”.
Altre ragioni per definire l’e-gamer interprete o artista
La verità è che 40 anni dopo i videogiochi sono cambiati molto. Le affermazioni fatte nella suddetta sentenza sono più che discutibili se le interpretiamo nel contesto tecnologico e nell’evoluzione dell’UX e UI dei videogiochi di oggi. Soprattutto in quei casi in cui l’e-gamer ha una gamma così ampia di opzioni di movimento in grado di sostituire la rigidità e l’univocità del codice sorgente. In tal caso, si potrebbe capire che c’è un sufficiente margine di libertà interpretativa.
Altre ragioni accessorie per definire l’e-gamer come interprete o artista, o in ogni caso, per proteggere la comunicazione pubblica della sua opera.
Ragioni economiche: è vero che quando l’e-gamer non richiede alcun tipo di autorizzazione ai publisher per la comunicazione pubblica dei loro contenuti, questa situazione potrebbe potenzialmente violare i diritti di proprietà intellettuale.
Questo, ovviamente, a condizione di non interpretare gli e-gamer nell’ambito di applicazione degli articoli 105 (LPI spagnola) e articoli 80 e seguenti della Legge 22 aprile 1941 n. 633 di protezione del diritto d’autore o nel caso in cui non ci siano specifiche disposizioni contrattuali che consentano, tra l’altro, l’esercizio di tali diritti sulle piattaforme citate da parte degli e-gamer.
Tuttavia, come esposto in questo articolo, la questione è discutibile e dipende da una serie di condizioni discusse sopra.
Inoltre, nel caso descritto sopra e sempre in relazione a una possibile violazione da parte dell’e-gamer, dobbiamo menzionare nella sua difesa la potenziale applicazione, a seconda del caso, della dottrina dello “ius usus inocui” o “fair use”, che potrebbe, in ogni caso, sollevare l’e-gamer dalla responsabilità.
Il caso Megakini in Spagna
La Corte Suprema in Spagna ha applicato la suddetta dottrina nel caso “Megakini”, che ha considerato l’inesistenza di una violazione dei diritti di proprietà intellettuale perché l’atto che poteva essere considerato lesivo era, in realtà, a beneficio del titolare del diritto (fair use), cioè, poiché facilitava l’accesso e la conoscenza della sua attività -pubblicità indiretta-.
Si veda sotto un estratto della sentenza:
“Non è vero che la sentenza impugnata decide la controversia alterando il sistema delle fonti attraverso un’applicazione del diritto americano, perché il suo riferimento al “fair use” è legato al riferimento nello stesso paragrafo allo “ius usus inocui” (il diritto all’uso innocuo del diritto altrui), che non si può seriamente sostenere che sia estraneo all’ordinamento giuridico spagnolo, perché il suo riconoscimento da parte della dottrina e della giurisprudenza spagnola (ad esempio SSTS 20-3-89, 14-3-03 e 29-4-09) non è in alcun modo estraneo al sistema giuridico spagnolo… il suo riconoscimento….si combina con la configurazione costituzionale della proprietà come un diritto delimitato dalla sua funzione sociale, secondo la legge (art. 33.2 della Costituzione). In breve, questa Sala ritiene che, anche se i limiti del diritto d’autore devono essere interpretati restrittivamente, nessuno dei due articoli in questione …esclude la dottrina dello “ius usus inocui”
È chiaro che il fatto che i publisher non stiano attualmente intraprendendo azioni legali a questo proposito è perché la pubblicazione di tali contenuti da parte degli e-gamer li avvantaggia nella misura in cui ottengono pubblicità indiretta per i loro videogiochi. E il fatto che l’e-gamer stia crescendo la sua rete di influenza può, a priori, contribuire positivamente agli altri partecipanti all’industria degli e-sport, come i publisher.
Questa tolleranza, tuttavia, potrebbe delineare il perimetro di un potenziale nuovo negozio giuridico, che andrebbe oltre i diritti di proprietà intellettuale, e consisterebbe in una particolare gestione di affari altrui senza mandato, cioè nel fatto che l’e-gamer si occupa degli interessi dell’editore, senza aver ricevuto un mandato dal Publisher e senza obbligo legale di intervenire in essi, che verrebbero remunerati, a favore di entrambe le parti, attraverso la monetizzazione delle visualizzazioni su queste piattaforme e, dall’altro lato, attraverso la visibilità e la pubblicità fornita al videogioco e al marchio attraverso la sponsorizzazione dell’e-gamer con la sua fitta rete di contatti.
Conclusioni
L’assimilazione degli e-gamer come artisti, interpreti ed esecutori significherebbe per loro ottenere sia diritti esclusivi che una remunerazione per le loro “interpretazioni“.
In pratica, però, e al di là della proprietà, o meno, dei diritti connessi da parte degli e-gamer, in assenza di entità di gestione collettiva che remunerino le loro opere, sono le stesse piattaforme digitali che si stanno incaricando, di fatto, di svolgere questo ruolo in applicazione alla logica del business stesso.
Il dibattito sulla qualificazione dell’e-gamer come artista, interprete o artista esecutore non fornisce risposte semplici o rapide, ed è destinato a continuare nel tempo. Nonostante ciò, la rivendicazione si scontra in Spagna e in Italia con la regolamentazione del concetto di interpreti, artisti o esecutori, sia per le limitazioni alla libertà interpretativa che, potenzialmente, potrebbero essere imposte dal codice sorgente del videogioco stesso, sia perché non esiste una normativa specifica che abbia il compito di fornire risposte certe e sicure.
Da un punto di vista contrattuale, normalmente, il publisher concede all’e-gamer, attraverso la licenza d’uso, il diritto di utilizzare il videogioco, ma non i restanti diritti di sfruttamento (come la comunicazione al pubblico della sua partecipazione ad eventi). La conseguenza logica del suddetto schema contrattuale è, in breve, che il corrispettivo dell’e-gamer per la sua partecipazione a questi eventi e il suo allenamento sarà limitato a quello fissato nel suo contratto, così come a quei premi che la sua abilità gli permette di ottenere.
Resta da vedere se, in assenza di un regolamento specifico, saranno le licenze per l’utente finale redatte dagli stessi publisher e/o il contratto di partecipazione ai campionati di e-sports, così come il contratto di iscrizione al club e di fornitura di servizi che, in termini contrattuali, risolveranno o chiariranno un problema che può verificarsi, di fatto, in quei casi in cui l’e-gamer sfrutta la sua opera su diverse piattaforme digitali senza prima ottenere le autorizzazioni necessarie. Data la crescita esponenziale degli e-sport a livello economico e di pubblico, questo può dare origine a future controversie in cui i tribunali possono accettare alcune delle interpretazioni offerte in questo articolo o essere uno stimolo per il legislatore ad adattare la legislazione alle attuali esigenze pratiche.
Note
- Nota a Tribunale di Torino, Sez. I civ., 17 ottobre 1983, in Giur. piemontese, 1983, ↑
- avv. Luca Pardo, Founding Partner Ontier Italia. https://www.oiesports.it/wp-content/uploads/2021/01/Manifesto-Legale-Esports.pdf ↑