Una app “nutrizionale”, per gestire la propria dieta. La tecnologia rende possibile misurare tanti aspetti della vita, ma in modo particolare tanti aspetti della salute: sonno, umore, alimentazione, esercizio fisico e lo sa fare a portata di app. Avere sempre a portata di mano dati disponibili per l’analisi consente di gestire in modo semplice il raggiungimento dei propri obiettivi.
Ecco allora le app che contano le calorie, che stimano il fabbisogno calorico, che aiutano a dimagrire, mezzi potenti e in rapida espansione. Spopolano tra i teenager e i giovani adulti, ed è facile intuire il perché. Sono gratis o a basso costo, comode, consultabili in qualsiasi momento e con la massima “segretezza”.
Fanno gola a tutti coloro che sentono la necessità di controllare la propria alimentazione: si inseriscono le misure antropometriche, dati come età, sesso, peso, altezza e vengono fornite indicazioni nutrizionali di cibi permessi o non, la stima delle calorie degli alimenti, la loro quantificazione in grammi, la stima del metabolismo basale e il dispendio energetico relativo all’attività fisica svolta. Inserire il cibo in un’app nutrizionale fa ormai parte di una routine dietetica per molte persone. È conveniente, ma raccoglie alcuni dati su di noi. E di questo dovremmo preoccuparci.
Come si applica il GDPR a un’app nutrizionale
Fondamentalmente, il GDPR dovrebbe essere applicato a un’app nutrizionale come a qualsiasi altra app. Dovranno quindi essere soddisfatti tutti i requisiti minimi, che sono in parte principi di cui all’articolo 5 (liceità, correttezza e trasparenza; limitazione; minimizzazione dei dati; accuratezza; conservazione; integrità e riservatezza e in termini generici l’accountability), principi di Privacy by design e default.
Tuttavia, c’è qualcosa che rende diverse le app nutrizionali dalle altre. Queste app raccolgono un numero considerevole di dati personali e di informazioni particolari sui loro utenti rispetto ad altre app: le informazioni sull’alimentazione. Principalmente, si tratta di informazioni sul cibo ingerito, dalle portate principali, alle bevande, agli snack, al cheat-meal e così via. Una persona inserisce una tipologia di alimento che ha mangiato e la sua quantità e l’app conta le calorie in esso contenute. Alcune delle app hanno anche connessioni API con altre app per la salute, come le app di “monitoraggio del movimento” per confrontare le calorie assunte e bruciate durante gli esercizi e/o banalmente durante l’arco dell’intera giornata.
Possono le app nutrizionali sostituirsi al parere di un esperto?
Vediamo in quali contesti queste app troverebbero applicazione:
- Obesità
L’obesità è un problema ormai diffuso a livello globale, le cui cause vanno da disturbi metabolici a disfunzioni endocrinologiche, a disagi psicologici o psichiatrici fino a cause di natura socioeconomica.
Gli studi scientifici concordano unanimemente sul fatto che l’individuo obeso presenti un’aspettativa di vita minore rispetto al soggetto normopeso, esponendolo maggiormente a patologie cardiovascolari e tumori. È chiaro quindi che qualsiasi intervento finalizzato a promuovere la salute e a sensibilizzare sul tema della corretta alimentazione sia utile e da supportare.
Ecco allora che l’app nutrizionale potrebbe aiutare a tamponare una situazione critica, come quella dell’adulto obeso, che magari non riesce a far fronte alle spese per un percorso (spesso lungo) con un nutrizionista o per il personal trainer.
Questo, alla luce del fatto che l’obesità affligge sempre più spesso fasce di popolazione svantaggiate da un punto di vista socioeconomico. Il binomio obesità-povertà, noto a livello globale, è una realtà paradossale solo in apparenza, se estendiamo il concetto di povertà anche all’aspetto culturale, oltre che materiale, che porta le persone a mangiare troppo e male, in un contesto di totale assenza di cultura alimentare.
L’app allora potrebbe lanciare degli stimoli incoraggianti e sensibilizzare la persona obesa a un cambio di rotta, senza contare che la stessa presa di coscienza del problema è un primo passo tutt’altro che scontato, da incoraggiare.
- Sovrappeso
Qui l’uso di un’app nutrizionale è controverso. Nulla può sostituire il parere di un esperto anche per l’approccio stesso delle app, meccanicistico e rigido, come il conteggio delle calorie.
Il conteggio delle calorie è una pratica che è stata utilizzata per decenni da medici e dietologi e ancora ben radicata in molte persone: per anni ha demonizzato tutti i cibi calorici a favore degli zuccheri, portando al business dei cibi light o 0 grassi e a una vera e propria fobia di questi ultimi, comprese uova e olio di oliva. Per fortuna questo approccio oggi è superato e sempre più sostituito da una valutazione qualitativa dell’alimento nei suoi principi nutritivi e dalla profonda comprensione dei suoi effetti biologici sul nostro corpo. Oggi sappiamo che alcuni grassi come l’olio di oliva o l’avocado sono addirittura alleati della linea e del nostro benessere. I cibi light o con poche calorie contengono meno grassi ma più zuccheri o additivi e sono spesso trovate del marketing alimentare ben pubblicizzate ma qualitativamente discutibili.
- Adolescenti
La segretezza e la continuità con gli adolescenti possono consultare queste app potrebbe indurli a un ipercontrollo e a sviluppare comportamenti ossessivi. Approccio diverso da quello del nutrizionista che guida il paziente a uno stile di vita sano e moderato, rendendolo prima consapevole e poi autonomo nelle scelte alimentari, in modo naturale. L’ipercontrollo, l’ossessività e il perfezionismo dovrebbero allertare, essendo i tratti psicologici che predispongono a sviluppare disturbi del comportamento alimentare (“DCA”) tra cui anoressia e bulimia. Patologie che interessano quasi esclusivamente adolescenti e giovani adulti, e che hanno visto peraltro un incremento del 30% nell’ultimo anno a causa della pandemia e dei lockdown.
La stessa autonomia nell’uso di queste app insieme al mancato coinvolgimento di figure genitoriali e professionisti nel percorso di dimagrimento potrebbe rivelarsi terreno fertile per l’insorgenza di DCA, le cui prime spie sono proprio il mangiare soli e l’esclusione dei genitori da determinati intenti e scelte quotidiane. Il profondo vuoto comunicativo con gli adulti di riferimento porta ad esempio questi adolescenti a nascondere il proprio dimagrimento e camuffarlo di proposito, ad esempio, con un abbigliamento più comodo e insolitamente largo.
- Bambini
Dati recenti ci informano su l’allarmante abbassamento dell’età di insorgenza dei DCA, intorno agli 8-9 anni, età delicata in cui ansia, preoccupazione e mancanza di autostima possono alimentare il circolo vizioso di queste patologie. L’alimentazione e il dimagrimento dei più piccoli andrebbe affrontato insieme al pediatra e al nutrizionista e sempre informando i genitori e facendo educazione alimentare. Se il bambino è obeso ci potrebbero essere delle cause psicologiche che andrebbero valutate o delle cause endocrinologiche o metaboliche da indagare. Se il bambino è sovrappeso, perdere peso potrebbe addirittura non essere così necessario come nell’adulto. Nell’età evolutiva, a differenza dell’età adulta, il mantenimento del peso, unito al fisiologico accrescimento in altezza può compensare, fino a normalizzare, un indice di massa corporea (BMI) eccessivo o un rapporto circonferenza vita/altezza aumentato, sempre ovviamente, nel contesto di un’attenta educazione alimentare che deve coinvolgere tutta la famiglia, perché i bambini imparano per imitazione e mangiano bene se osservano genitori, fratelli, nonni che fanno lo stesso accanto a loro.
Cosa provoca l’utilizzo di un’app nutrizionale per un bambino
Non sappiamo cosa provochi un’app per dimagrire nella mente di un bambino ed è lecito chiedersi se possa essere fonte di ansia o preoccupazioni eccessiva riguardo alla propria immagine corporea. Alcune app, come l’americana Kurbo di Weight Watchers, scaricabile a partire dagli 8 anni di età, sono dedicate proprio ai bambini.
Ma mettere nelle mani di bambini un’app nutrizionale dovrebbe farci riflettere sul fatto che l’iscrizione a un’app non è solo l’iscrizione a un servizio, ma un vero e proprio contratto con il quale l’utente dà il consenso a una profilazione spinta dei propri comportamenti. L’iscrizione in genere ad un servizio online, quindi, è assoggettata alle regole per la conclusione dei contratti, e presume che il soggetto sia in grado di apprezzare la natura e comprendere le conseguenze del suo consenso. Il soggetto che offre servizi diretti ai minori ha l’onere di accertarsi che l’interessato sia in grado di prestare validamente il suo consenso.
Il consenso digitale, una garanzia di tutela?
Tema rilevante in questo ambito è quello dell’età del c.d. consenso digitale, introdotto con l’art 8 del GDPR, il quale stabilisce che il consenso del minore sia validamente prestato qualora lo stesso abbia compiuto i 16 anni di età.
Utile ricordare che il legislatore italiano abbia di contro stabilito all’art. 2-quinquies del D.lgs. n. 101/2018 che che il limite di età per il consenso valido non potrà essere inferiore in Italia ai 14 anni.
Ma la soglia minima dei 14 anni è veramente garanzia di tutela per i minori? Ciò solleva la domanda: quanto è facile per i bambini iscriversi a questi servizi?
Abbastanza facile, a quanto pare, con o senza il consenso dei genitori. Il nuovo regolamento afferma implicitamente che i fornitori di servizi online devono compiere uno “sforzo ragionevole” per verificare che il consenso dei genitori sia stato dato. Ovviamente non c’è nulla che impedisca a un bambino di configurare un account di posta elettronica allo scopo di aggirare i requisiti per il consenso dei genitori.
Quindi, tornando al punto da cui siamo partiti, è cambiato qualcosa dall’introduzione del GDPR e nello specifico dell’articolo 8? Non proprio.
I minori possono comunque iscriversi facilmente a questi servizi, con o senza il consenso dei genitori. I tentativi di ottenere il consenso dei genitori possono essere facilmente aggirati anche laddove esistano. Laddove questo si traduca in un bambino che mente sulla propria età, non ci sarà alcuna protezione dei suoi dati.
Sebbene il regolamento sia chiaramente ben intenzionato, non ha ancora genericamente avuto l’impatto desiderato, o forse non in tutti i paesi…
“Se non ha l’età, i social possono attendere”: lo spot del Garante privacy e di Telefono Azzurro
A partire da Tik Tok, piattaforma espressamente rivolta ai giovanissimi, a cui il Garante ha imposto misure a tutela dei più piccoli, dopo il tragico caso della bambina di Palermo, che ha perso la vita.
Conclusioni
Ognuno di noi può monitorare ogni porzione di cibo ingerito e ogni minimo movimento. Possiamo arrivare ad aver paura del cibo, non essere più disposti a fidarsi del proprio corpo, possiamo ridurre drasticamente le calorie assunte e possiamo allenarci troppo.
Ma il “come saprò cosa mangiare e quanto?” è pratica da affidare a un’app? Può essere uno strumento valido per un bambino?
La nostra Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha dimostrato di voler cambiare le cose, ma qui vogliamo ricordare che alle volte c’è anche la salute, sia mentale che fisica, a essere veicolo e mezzo di scambio per un uso inconsapevole dei nostri dati.
Con molta probabilità questo può accadere molto di più a tutte quelle categorie di persone più fragili, e quindi soprattutto ai bambini e agli adolescenti. Questa categoria di soggetti non ha idea dei rischi che si nascondono dietro all’utilizzo di queste app. In apparenza vengono promossi la “salute e il benessere”, ma in questi termini si possono causare effettivamente dei danni.