L’emergenza del virus COVID-19, oltre a mettere a dura prova la vita dei cittadini e dei lavoratori, sta facendo emergere diversi approcci alla gestione del rischio all’interno delle organizzazioni pubbliche e private. E proprio su questo tema, seppur con minore risalto rispetto ben più rilevante cronaca quotidiana, si sta silenziosamente sviluppando una polemica.
Per chi si occupa da anni di compliance e gestione del rischio, per essere sinceri, si tratta di una polemica vecchissima tra chi crede fermamente che i sistemi di compliance siano uno strumento realmente efficace per la prevenzione dei rischi e chi, invece, li considera fardelli burocratici che distolgono tempo ed energia alle questioni che contano veramente. Tra chi è convinto che valga la pena strutturare processi organizzativi per individuare i rischi, governarli ed infine prevenirli e chi è accanito sostenitore del “facciamo lo stretto necessario per non essere sanzionati“.
Ma cosa c’entra tutto questo con il Corona Virus, ci si potrebbe giustamente chiedere
C’entra perché questa crisi nazionale pone delle questioni importanti anche rispetto alla compliance aziendale, soprattutto rispetto alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro, senza sottovalutarne altri, come la protezione dei dati (es. posso raccogliere dati relativi alla salute dei miei dipendenti?) o la normativa giuslavoristica (come è regolato lo smart working e cosa devo fare rispetto alla mia forza lavoro?). Ma indubbiamente il primo aspetto è preponderante perché l’emergenza globale si traduce in emergenza aziendale ed il problema è come tutelare i lavoratori dal rischio di contagio.
Arriviamo così all’oggetto del contendere: l’emergenza in atto richiede o meno l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi aziendali (DVR) che, per i non addetti ai lavori, è il documento previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul luogo di lavoro, ossia il d.lgs. 81/08, detto anche “Testo Unico della Sicurezza“.
Il rischio epidemico è un rischio lavorativo? E’ cioè di pertinenza del datore di lavoro?
Il motivo del contendere, che è dibattuto da tutti gli esperti del settore, chi per ambito chi per pertinenza, è se il rischio epidemico a cui stiamo assistendo in questi giorni debba intendersi come rischio lavorativo correlato ad una mansione e sia di pertinenza o responsabilità o meno del Datore di Lavoro con il supporto del Medico Competente e del RSPP.
Senza voler tediare, la materia del rischio biologico fa riferimento a tre grandi scenari di rischio:
1) il primo caso è quello dell’uso deliberato dell’agente biologico; pensiamo ad un laboratorio in cui si sta cercando di isolare il virus per ricercare un possibile vaccino ( in questo caso la materia è disciplinata dal’ All. XLVI del d.lgs. 81/08);
2)il secondo caso è quello del cosiddetto rischio generico aggravato, o rischio da esposizione potenziale, nel caso in cui in funzione della mansione e del luogo di lavoro, il lavoratore sia esposto ad un aggravamento del rischio; si pensi nel caso ad un operatore ecologico in area di quarantena (rischio generico aggravato All. XLIV del d.lgs. 81/08;
3) Il terzo caso è il cosiddetto rischio da esposizione occasionale caratterizzato dal fatto che gli agenti biologici si possono trovare in tutti gli ambienti di lavoro così come in qualsiasi altro contesto, a prescindere dalla mansione di lavoro e dalle condizioni ambientali.
Quali sono gli adempimenti per le organizzazioni?
La questione aperta è se le organizzazioni che devono farsi promotrici di iniziative in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, si debbano limitare a trasferire le disposizioni ministeriali e le ordinanze, se debbano predisporre e redigere procedure operative di lavoro, se debbano fare formazione e informazione o se debbano prendersi in carico una vera e propria valutazione dei rischi per determinare, in funzione del luogo di lavoro e della mansione, le misure di mitigazione idonee.
Rispetto a questo tema trovate una infinità di interpretazioni e pareri più o meno solidi, campagne moralizzatrici, lunghe dissertazioni sulle fonti giuridiche dell’obbligo.
Di quanto siamo bravi ad interpretare la norma non vogliamo parlare: quello di cui vogliamo parlare è dell’approccio metodologico rispetto ad uno scenario di emergenza e di come la valutazione del rischio, obbligo formale o mero adempimento, nella prassi odierna dagli stessi addetti al mestiere sia visto molto spesso come burocrazia, fastidiosa formalizzazione, inutile appendice.
Appassionarsi ad un comma di legge, non è certo da tutti, ma se dovessimo ricercare un tema che ci appassiona nel grande contenitore normativo del Testo Unico della Sicurezza, certamente lo troveremmo nell’art. 28 del D.lgs. 81/08. Nell’art. 28 del D.lgs. 81/08 a nostro avviso c’è quella che dovrebbe essere la vera filosofia di una valutazione dei rischi:
“b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione dei rischi;
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri”.
Opportunità, necessità, o obbligo, il messaggio che vogliamo trasferire è che solo attraverso una valutazione ponderata al contesto, adeguata alle scelte strategiche aziendali si possano adottare le giuste procedure organizzative e gli adeguati piani di miglioramento, senza reazioni istintive, scelte emotive, o reazioni passive all’ adempimento.
Il focus deve essere posto sulla ricerca della miglior tutela possibile per i lavoratori
Ci piacerebbe che la discussione fosse riportata su un tema maggiormente comprensibile ai più, che è l’individuazione del modo più efficace per tutelare nel miglior modo possibile i lavoratori. Indipendentemente dall’esistenza di un obbligo giuridico di aggiornare il DVR (che noi pensiamo tra l’altro sussistente), da questo documento partono i processi di prevenzione dei lavoratori. L’aggiornamento di questo documento testimonia la continua attenzione del datore di lavoro sui nuovi rischi che fattori endogeni ed esogeni (come nel caso del Corona Virus) si introducono nell’organizzazione. Ma soprattutto da questo documento si origina la pianificazione delle misure di prevenzione a protezione dei lavoratori, le procedure di sicurezza e l’adozione di dispositivi di protezione collettiva e individuale.
Crediamo che il nostro legislatore, nell’approvare una delle normative più avanzate anche tra i paesi industrializzati, non abbia inteso introdurre l’ennesimo adempimento burocratico, ma favorire i datori di lavoro nell’adozione di una logica basata sulla prevenzione di rischi per i lavoratori, in grado di intercettare le emergenze, anche le più imprevedibili come l’attuale.
Il DVR al servizio di processi aziendali rodati e testati per reagire all’emergenza
Le organizzazioni che hanno compreso questo aspetto crediamo che non abbiano perso un solo giorno per scomodare legali ed esperti al fine di dipanare l’obbligatorietà o meno dell’aggiornamento di questo documento, ma probabilmente avranno applicato processi aziendali rodati e testati per reagire all’emergenza. Che abbiano deciso di aggiornare o meno questo documento forse poco importa. Da questo saranno partiti per decidere come reagire nel modo più efficace, secondo schemi e procedure consolidate, frutto di un lavoro scrupoloso fatto nel passato. Grazie a questo approccio abbiamo visto aziende porre la sicurezza al centro del proprio operato, diminuire drasticamente l’incidenza degli infortuni e, come risultato indiretto, migliorare il clima aziendale. Questo approccio aiuterà anche ad affrontare questa emergenza perché ci si potrà concentrare sul cosa fare, perché il come già lo si conosce.
Ed ecco che, seppur non volendo trovare lati positivi alla tragedia che molte famiglie stanno vivendo, l’emergenza e le crisi mettono alla prova la nostra resilienza e quella delle organizzazioni, impongono di modificare convinzioni radicate (chi solo poche settimane fa avrebbe pensato a forti limitazioni alla vita sociale o che lo Smart Working avrebbe garantito la continuità operativa della propria azienda) ma, soprattutto, sono un grande motore di cambiamento. Da questa esperienza ci auguriamo si affermino anche approcci pragmatici alla compliance che preparino le organizzazioni alle sfide ed alle emergenze di un domani che oggi più che mai abbiamo capito essere incerto.
Il DVR è morto. Viva il DVR! Quello nuovo che da oggi molti potranno iniziare a fare nel modo giusto.