Nel settore del retail c’è un vero e proprio “buco nero” che inghiotte – soltanto per l’Europa – 49 miliardi di euro l’anno, il 2,05% dell’interno fatturato del settore nel vecchio continente. Si tratta delle “differenze inventariali”, che da sole rappresentano l’1,44 del fatturato del comparto, e delle spese per contenerle e implementare la sicurezza dei punti vendita, che impegnano lo 0,61% del fatturato complessivo del settore. Per differenze inventariali si intende, per la precisione, l’insieme dei furti interni ed esterni, ma anche errori amministrativi, uso non conforme, scarti, merci scadute e merci e prodotti freschi danneggiati.
E’ quanto emerge dal rapporto“Retail Security in Europe. Going beyond Shrinkage”, condotto da Crime&tech, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Transcrime, in collaborazione con Checkpoint Systems, società specializzata nella fornitura di soluzioni from source to shopper per il settore retail.
Un problema che va ad aggiungersi a uno già conclamato, quello degli attacchi informatici, con gli hacker che sempre di più prendono di mira la grande distribuzione, come dimostra l’ultimo report elaborato da Yarix, società specializzata nella cybersecurity, relativo al primo trimestre del 2019. I dati derivano dalla base clienti del gruppo (aziende con fatturato superiore ai 50 milioni di euro), integrati con ulteriori informazioni di Threat Intelligence, derivanti da fonti interne (Honeypot) e da collaborazioni con istituzioni, enti e altre aziende. Yarix ha rilevato ben 12.020 eventi di sicurezza, di cui poco più di 3.000 sono evoluti in situazioni più gravi, tali da pregiudicare l’utilizzo di asset aziendali, violare disposizioni aziendali o di legge, causare la perdita o la diffusione di dati, ecc. Quattordici in particolare, sono stati classificati come critici, cioè hanno interessato offensive particolarmente gravose in termini di rischio e impatti sull’infrastruttura digitale dell’organizzazione.
Tornando alle differenze inventariali, nella top five dei prodotti più rubati secondo il report compaiono per l’alimentare, bevande alcoliche, formaggi, carne, dolci e pesce in scatola. Nel campo dell’abbigliamento a occupare i primi cinque scalini del ranking sono accessori, maglieria, pantaloni e camicette, mentre nell’elettronica in cima alla lista ci sono telefoni cellulari e accessori.
Secondo la ricerca, basata sui dati raccolti in 11 Paesi, se confrontate con il fatturato totale delle aziende, le perdite totali relative alle differenze inventariali rappresenterebbero il quarto maggior retailer per dimensione in Europa. A “soffrire di più sono gli alimentari (2,0%) e l’abbigliamento (1,4%), mentre risultano più al sicuro elettronica (0,4%), bellezza e cosmesi (0,5%) e articoli sportivi (0,7%).
Tra i reati più comuni legati alle differenze inventariali ci sono il taccheggio, i furti commessi dai dipendenti e le frodi, anche se risultano in aumento forme fraudolente interne più sofisticate, come falsi vuoti, resi fittizi, e frodi legate alle carte fedeltà.
Lo studio evidenzia inoltre che anche i punti vendita che adottano le moderne tecnologie di self-checkout registrano tassi più elevati nelle differenze inventariali.
Quanto alle scelte dei retailer, oltre il 75% effettua controlli d’inventario fino a due volte l’anno e “Sebbene si sia registrato un aumento notevole nell’adozione delle tecnologie Rfid – si legge in un comunicato – l’utilizzo è ancora limitato (5,7%) nonostante i comprovati benefici”.
Per evitare brutte sorprese i retailer si affidano alla videosorveglianza, utilizzata dall’80% dei negozianti, tecnologie Eas e sistemi di allarme gestiti da terzi (70%), mentre oltre il 25% dei rispondenti combina sistemi Eas e videosorveglianza per una protezione più efficace.
“Lo studio rivela che i retailer di tutta Europa utilizzano un mix di sistemi tecnologici per misurare le differenze inventariali, che comprendono sia le perdite dovute a reati, sia quelle causate da azioni non criminose – spiega Ernesto Savona, Direttore di Crime&tech – È necessario tener conto di tutti questi diversi approcci nell’interpretazione dei risultati presentati. Per questo motivo, lo studio va oltre le differenze inventariali e analizza le politiche e le tecnologie adottate dai retailer, i fattori contestuali che hanno un impatto sulle perdite nel settore retail, i metodi adottati dai taccheggiatori e come le contromisure e le soluzioni relative alla sicurezza vengono adottate e combinate insieme”.
“Checkpoint ha una lunga esperienza nel fornire ricerche approfondite sulle perdite nel settore retail – aggiunge Alberto Corradino, Business Unit Director Italia di Checkpoint Systems – avendo sponsorizzato e pubblicato diversi report negli ultimi 16 anni. Il nuovo studio sulla Sicurezza del Retail in Europa aiuterà i retailer a valutare e definire le proprie strategie di prevenzione delle perdite, riducendo i furti e migliorando l’esperienza del cliente”.