L’energia nucleare è probabilmente la forma di energia che più scatena le passioni e le emozioni dell’opinione pubblica e degli esperti. In questo articolo cercheremo di fare il punto sulle caratteristiche e le prospettive di questa fonte di generazione.
Energia nucleare: una definizione
Partiamo da una definizione: l‘energia nucleare è una forma di energia rilasciata dal nucleo, il cuore degli atomi, composto da protoni e neutroni. Questa fonte di energia può essere prodotta in due modi: fissione – quando i nuclei degli atomi si dividono in più parti – o fusione – quando i nuclei si fondono insieme. Attualmente l’energia nucleare viene sfruttata per produrre elettricità con il metodo della fissione nucleare, mentre la tecnologia per la fusione è ancora in fase di ricerca e sviluppo, nonostante alcuni sviluppi promettenti. Il materiale più comunemente utilizzato per la fissione è l’uranio, un metallo pesante debolmente radioattivo che si trova naturalmente nella crosta terrestre.
Come funziona un reattore
L’uranio viene normalmente caricato in barre di combustibile, spesso dopo essere stato arricchito per aumentarne la capacità di fissione. Queste barre sono di norma collocate all’interno di un reattore nucleare ad acqua pressurizzata, il tipo più comune di reattore nucleare attualmente in funzione in tutto il mondo. Apposite particelle nucleari chiamate neutroni, generate inizialmente da un dispositivo all’interno del reattore, bombardano le barre di uranio, così da provocare la scissione dei nuclei. Questo stato favorisce la scissione di altri nuclei di uranio nelle barre di combustibile e così via, creando così la reazione nucleare a fissione. Il calore sviluppato dalle reazioni di fissione permette di scaldare l’acqua presente nel reattore fino a produrre vapore, che viene poi incanalato per far girare delle turbine, attivando un generatore elettrico capace di generare elettricità. L’elettricità viene poi convogliata nella rete elettrica, così da assicurare la fornitura di elettricità ai consumatori.
L’intero processo di generazione del nucleare è a basse emissioni di carbonio: la fissione di 1 grammo di uranio produce un quantitativo di energia pari a quella ottenibile dalla combustione di circa 2800 kg di carbone senza la produzione di gas serra caratteristica dei combustibili fossili (fonte Ministero dell’Ambiente). D’altra parte, però, questa modalità di generazione produce inevitabilmente dei rifiuti con diversi livelli di radioattività, che devono essere appositamente gestiti.
La storia dell’energia nucleare
In maniera estremamente sintetica, le origini del nucleare risalgono alla scoperta della radioattività nel 1896 da parte di Henri Becquerel e dall’equazione di Einstein E=mc2 nel 1905, che stabilisce la relazione esistente tra massa ed energia. Un passo in avanti significativo avviene nel 1932, quando Otto Hahn e Fritz Strassmann scoprirono il principio della fissione nucleare. Pochi anni più tardi, nel 1938-1939, venne scoperto il principio del reattore nucleare e la reazione a catena da parte di Otto Hahn, Fritz Strassmann e Lise Meitner, che sostanzialmente apriva la strada anche uno sfruttamento bellico dell’energia atomica. Per questo motivo, durante la Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti avviarono il Progetto Manhattan per sviluppare l’arma nucleare, poi sviluppata definitivamente nel 1945. Più recente è invece la storia del nucleare civile: nel 1954, l’impianto di Obninsk (URSS) divenne la prima centrale nucleare commerciale al mondo ad alimentare una rete elettrica.
Nel 1957, il Trattato di Roma istituì l’Euratom per promuovere l’uso pacifico dell’energia nucleare in Europa. Negli anni ’60 e ’70, vengono costruite numerose centrali nucleari in tutto il mondo per soddisfare la crescente domanda di energia, Italia compresa. A pesare sullo sviluppo del nucleare sono stati gli incidenti di Three Mile Island nel 1979, Chernobyl nel 1986 e Fukushima nel 2011, che hanno sollevato preoccupazioni crescenti sulla sicurezza nucleare, tanto da aver portato alcuni Paesi (tra cui Germania e Italia) a chiudere definitivamente le proprie centrali. L’Italia, in particolare, ha preso questa decisione a seguito dell’incidente di Chernobyl del 1986: al tempo – nonostante spesso oggi si immagini il contrario – l’Italia si trovava con una capacità elettronucleare limitata, con 1,4 GW di potenza, pari a meno del 4 per cento del totale, e con una produzione elettronucleare di 8,76 TWh (il 4,5 per cento alla produzione annua nazionale).
I vantaggi dell’energia nucleare
Esistono alcuni vantaggi legati all’utilizzo dell’energia nucleare, che sono sostanzialmente riconosciuti a livello scientifico e internazionale. In una fase in cui il settore energetico è impegnato nella transizione energetica, così da contenere gli effetti del climate change, il nucleare ha il vantaggio di essere una fonte a basse emissioni di CO2, tanto da essere stato incluso nella tassonomia europea, non senza qualche polemica. Secondo la Iea, l’uso dell’energia nucleare ha ridotto le emissioni di anidride carbonica di oltre 60 gigatonnellate negli ultimi 50 anni, pari a quasi due anni di emissioni globali legate all’energia.
Un altro beneficio, seppure più controverso, è legato alla sicurezza energetica: anche se indubbiamente il funzionamento delle centrali nucleari è legato anche all’impiego di uranio – concentrato in un numero ristretto di Paesi – è comunque chiaro che l’approvvigionamento di questo materiale è meno impegnativo rispetto a quello delle risorse fossili.
Rispetto alle altre fonti di energia tradizionali, le centrali nucleari possono funzionare per periodi prolungati senza la necessità di rifornimenti frequenti di combustibile. Gli impianti alimentati a risorse fossili necessitano di infrastrutture apposite per il trasporto e che devono essere fatte affluire quotidianamente verso i luoghi di generazione. Ma soprattutto, dal momento che possono funzionare a pieno regime quasi ininterrottamente, le centrali nucleari possono fornire una fornitura di energia continua e affidabile, a differenza delle fonti rinnovabili intermittenti. Infine, da un punto di vista più tecnico, l’energia atomica può fornire una maggiore quantità di energia rispetto ad altre fonti, come il carbone o il gas naturale, utilizzando una quantità relativamente ridotta combustibile nucleare.
Gli svantaggi del nucleare
I benefici che abbiamo descritto in precedenza devono però fare i conti con tutta una serie di svantaggi, che probabilmente bastano a spiegare perché questa fonte di energia non sia diffusa quanto ci sarebbe potuti aspettare decenni fa. Lo svantaggio numero uno, inutile nasconderlo, è rappresentato dalla sicurezza: il disastro di Chernobyl nel 1986 e l’incidente di Fukushima nel 2011 hanno dimostrato che gli impianti nucleari possono essere soggetti a gravi incidenti, con conseguenze a lungo termine per la salute umana e l’ambiente. E con costi di ripristino ambientale abnormi, che non potrebbero mai essere sopportati da nessuna società privata. Non è casuale che il rafforzamento delle normative sulla sicurezza degli impianti sia la causa principale dell’aumento dei costi degli impianti nucleari, che di per sé richiedono investimenti significativi per la costruzione e il funzionamento.
Il tema dei costi
Il decommissioning comporta ulteriori costi: alla fine della vita utile di un impianto nucleare, occorre smantellare in modo sicuro l’impianto e gestire i rifiuti residui. Un qualcosa che, come ha dimostrato l’esperienza della Sogin in Italia, comporta costi importanti e difficilmente quantificabili a priori. In Italia lo smaltimento delle quattro centrali in servizio al momento del referendum del 1987 è costato sinora circa 20 miliardi di euro ed è stato a carico delle bollette elettriche attraverso una componente specifica (A2RIM). Dal 2010 al 2021 il costo derivante da questa componente è stato di 3,9 miliardi di euro.
Non stupisce dunque che secondo la IEA. il costo medio di produzione di elettricità di un impianto nucleare nella sua durata di vita (LCOE, levelised cost of energy) si aggira oggi intorno ai 150 dollari per MWH nella Ue, molto superiore rispetto alle rinnovabili (il fotovoltaico utility scale è intorno ai 40 dollari per MWh). Tanto che, per arrivare a competere con le rinnovabili nel prossimo futuro, il nucleare dovrebbe arrivare a un LCOE di 40-80 dollari, compresi i costi di smantellamento e gestione dei rifiuti. Una prospettiva che al momento appare difficile da raggiungere, soprattutto nei paesi occidentali.
Le scorie nucleari
Un altro problema del nucleare, anche dal punto di vista dell’immagine, è la produzione di scorie nucleari, ovvero i residui radioattivi prodotti. Le scorie possono essere di diversi tipi:
Scorie ad alta attività: sono le scorie più pericolose e contengono isotopi radioattivi a lunga vita, come il plutonio e l’uranio impoverito. Queste scorie richiedono una gestione estremamente sicura e possono rimanere pericolose per migliaia di anni.
Scorie a media attività: sono meno pericolose delle scorie ad alta attività, ma contengono ancora isotopi radioattivi che richiedono una gestione adeguata. Queste scorie provengono principalmente dallo smantellamento delle centrali nucleari e dai processi di rigenerazione del combustibile.
Scorie a bassa attività: sono le scorie meno pericolose e comprendono materiali come indumenti protettivi, strumenti e attrezzature che sono stati in contatto con sostanze radioattive. Queste scorie possono essere trattate in modo meno rigoroso rispetto alle scorie ad alta attività.
Ovviamente, la gestione delle scorie nucleari è una questione complessa e richiede precauzioni speciali per garantire la sicurezza e la protezione dell’ambiente e della salute umana. Le scorie possono essere conservate in depositi geologici profondi, trattate attraverso processi di transmutazione o immagazzinate temporaneamente. Ad oggi l’Italia non ha ancora individuato un sito di deposito delle scorie. Lo scorso 15 marzo 2022 Sogin, la società pubblica che si occupa della dismissione degli impianti e della gestione dei rifiuti radioattivi, ha consegnato la mappa aggiornata dei luoghi idonei a ospitare il deposito (CNAI – Carta Nazionale delle Aree Idonee) al MiTE, che dovrà valutarla e approvarla. Un altro punto di debolezza è legato al fatto che l’energia nucleare non è una risorsa rinnovabile, ma presenta una dipendenza da una risorsa limitata come l’uranio, seppure meno grave rispetto a quella delle fonti fossili. Non possono perciò essere esclusi problemi nell’approvvigionamento nel lungo termine.
I numeri del nucleare
Il nucleare ha numeri importanti a livello globale, anche se comunque il suo ruolo è limitato soltanto al comparto elettrico ed è comunque secondario rispetto a quello delle risorse fossili. Al 2023, secondo IEA e AIEA, l’energia nucleare rappresenta circa il 10% dell’elettricità mondiale e circa un terzo dell’elettricità globale a basse emissioni di carbonio.
Attualmente sono in funzione 440 reattori nucleari in 30 Paesi. Ci sono 54 reattori in costruzione in 19 Paesi, tra cui 4 Paesi che stanno costruendo il loro primo reattore nucleare. Nel 2022, la capacità di energia nucleare è aumentata di circa 1,5 GW a livello globale (con un incremento dello 0,3% su base annua), in quanto le aggiunte di capacità nucleare hanno superato gli oltre 6 GW di pensionamenti.
Le stime di crescita
Per rispettare lo scenario Net Zero, la capacità nucleare globale dovrebbe espandersi in media di circa 15 GW all’anno (poco più del 3% di crescita annua) fino al 2030, contribuendo a mantenere la quota del nucleare nella produzione di elettricità a circa il 10%. Questa espansione dovrebbe avvenire sia nelle economie avanzate che nei Paesi emergenti. Nel periodo 2016-2022, gli investimenti nel nucleare sono stati in media poco più di 40 miliardi di dollari all’anno. Per allinearsi allo Scenario Net Zero, gli investimenti nel nucleare dovrebbero salire a circa 125 miliardi di dollari all’anno, più che triplicando il livello recente. C’è da rilevare che, anche per effetto della crisi energetica del 2022, non pochi Paesi hanno annunciato nuovi piani per la costruzione di impianti nucleari oppure rinviato la chiusura delle centrali esistenti (l’età media piuttosto avanzata del parco nucleare mondiale inizia però a essere un problema).
Futuro e prospettive dell’energia nucleare
Il futuro a lungo termine del nucleare è legato soprattutto alla sua evoluzione tecnologica. In questo momento l’attenzione è focalizzata (come dimostra l’interesse suscitato dalla startup newcleo) sui i reattori modulari di piccole dimensioni (SMR), che generalmente hanno una capacità nominale inferiore a 300 MW per reattore, fino a 10 MW (rispetto agli oltre 1.000 MW di molti reattori convenzionali).
I reattori modulari di piccole dimensioni promettono di essere più accessibili e più facili e veloci da costruire rispetto ai reattori convenzionali di grandi dimensioni. Gli SMR possono essere costruiti in fabbrica e trasportati nel luogo finale, accorciando i tempi del progetto e riducendo potenzialmente il rischio di costruzione e i costi di finanziamento. Con la decarbonizzazione dei sistemi energetici e l’aumento della quota di energia solare ed eolica, gli SMR potrebbero contribuire a soddisfare le crescenti esigenze di flessibilità del sistema energetico, nonché per la produzione di calore e idrogeno.
La fusione nucleare
Molto più in prospettiva, nonostante alcuni risultati sperimentali incoraggianti, è la fusione: quest’ultima è la reazione nucleare che avviene nel Sole e nelle altre stelle. In questo due nuclei leggeri si combinano per formare un unico nucleo più pesante, liberando una grande quantità di energia, ed è sostanzialmente contrario a quello della fissione nucleare, attraverso il quale è prodotta attualmente l’energia nucleare. Nel Sole, che ha una temperatura interna di 14 milioni di gradi, la reazione di fusione di nuclei di idrogeno (reazione protone-protone) è responsabile di gran parte dell’energia che giunge fino a noi sotto forma di calore e di luce.
Il vantaggio di riprodurre artificialmente la fusione sarebbe quello di avere una forma inesauribile di energia pulita, senza le scorie prodotte dall’attuale energia atomica e potenzialmente inesauribile. Per questo motivo il mondo della ricerca è fortemente impegnato sul fronte della fusione nucleare: ad esempio il mega progetto europeo Iter prevede la realizzazione del cosiddetto tokamak, una camera a vuoto a forma di ciambella che utilizza potenti magneti per trasformare il combustibile in un plasma surriscaldato (tra i 150 milioni e i 300 milioni di gradi Celsius) in cui può avvenire la fusione.
Conclusioni
L’energia nucleare rappresenta una tecnologia che presenta indubbi punti di forza ma altrettante ragioni di debolezza. Gli incidenti e la gestione delle scorie sembrano avere minato in Italia l’accettabilità sociale di questa risorsa che però continua a godere di notevole interesse da parte di una fetta importante delle forze politiche. Il quadro attuale però potrebbe essere modificato dalla affermazione dei reattori di nuova generazione e, soprattutto, dalla fusione nucleare, che potrebbe rivoluzionare il settore energia come lo conosciamo oggi. Ma le tempistiche, soprattutto per questa ultima innovazione, sono sconosciute e nell’ordine dei decenni per uno sfruttamento commerciale.
Articolo originariamente pubblicato il 29 Ago 2023