Sostenibilità

Il Recovery plan della UE può spingere la decarbonizzazione

Uno studio di EY individua nei progetti green la chiave di volta. Sono mille quelli pronti a partire nell’Unione europea, 95 in Italia

Pubblicato il 11 Set 2020

Roberto Giacomelli

EY, Associate partner Climate Change and Sustainability Services

Roberto Raccanelli

EY, Senior manager Climate Change and Sustainability Services

cambiamenti climatici

“Be worried. Be very worried.” “Siamo molto preoccupati”, era il titolo che campeggiava sulla prima pagina della rivista Times nell’aprile del 2006. Sotto il titolo, la foto di un orso bianco che si muoveva su di un pezzo di pack alla deriva. Era un periodo di grande fermento nel dibattito sul clima: la Direttiva Emissions Trading da poco in vigore in Europa, gli accordi vincolanti del Protocollo di Kyoto, la crescita del mercato delle emissioni GHG. Sembrava l’inizio di una grande processo di decarbonizzazione, che avrebbe disaccoppiato la crescita economica e quella delle emissioni e consentito un trasferimento di tecnologie green verso i Paesi in via di sviluppo.

La crisi finanziaria del 2008, che ha trascinato le economie mondiali in una spirale recessiva, ha di fatto interrotto il processo virtuoso, distogliendo l’attenzione dei media dalle tematiche del cambiamento climatico e derubricando di fatto, per oltre un decennio, il tema del clima dall’agenda politica dei leader mondiali.

Dieci anni più tardi, una diversa sensibilità nell’opinione pubblica e il chiaro manifestarsi di fenomeni atmosferici estremi ha riportato l’attenzione dei media sul tema del cambiamento climatico, ponendolo nuovamente al centro del dibattito pubblico e determinando un crescendo di iniziative di trasparenza e reporting per le aziende, l’assunzione di impegni da parte dell’Unione Europea, la ripresa di un dialogo produttivo su un possibile accordo globale.

Ma eccoci, di nuovo, nel mezzo di una crisi. La pandemia Covid-19 ha segnato un vero e proprio punto di svolta nella storia moderna, mettendo alla prova i nostri sistemi economici.

All’orizzonte si profila quindi una nuova lunga pausa nel processo di decarbonizzazione dell’economia e in particolare di quella Europea?

Pensiamo di no: gli ambiziosi impegni assunti dall’Unione Europea per il raggiungimento della carbon neutrality nel 2050 e la grande disponibilità di progettualità pubbliche e private in tale ambito possono rendere l’attuale crisi una grande opportunità di discontinuità con il passato ed un momento di sintesi e di compimento del processo di “greening” dell’economia europea.

Il Report EY per il green recovery

In un momento storico in cui i leader europei stanno definendo i Recovery Plan per stimolare la crescita economica e la creazione di posti di lavoro, l’inclusione di parametri sociali e ambientali nell’allocazione delle risorse, e nella progettazione degli strumenti finanziari, appare uno degli elementi chiave non solo per il raggiungimento degli obiettivi economici prefissati, ma anche per accelerare la transizione verso la decarbonizzazione.

In questa direzione, il Report EY “Green Covid-19 Recovery and Resilience Plan for Europe”, realizzato per la ECF (European Climate Foundation) si è posto l’obiettivo di dimostrare la disponibilità in tutta Europa di una filiera consistente di progetti con il potenziale di supportare, in tempi rapidi, la creazione di posti di lavoro e la crescita economica contribuendo al contempo alla riduzione delle emissioni climalteranti.

Mille progetti pronti a partire nella UE

Il Report identifica mille progetti “pronti a partire”, in tutti gli Stati membri dell’UE inclusa l’Italia, che hanno il potenziale di accelerare la transizione verso un’economia sostenibile a zero emissioni di gas serra. Si tratta di progetti già in fase di sviluppo e che con i dovuti fondi – richiederebbero circa 200 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati, equamente distribuiti in tutti i paesi dell’UE – creerebbero più di 2 milioni di posti di lavoro nel breve termine. Si stima che l’elenco, individuato in sole 4 settimane, rappresenti circa il 10% dei progetti di decarbonizzazione attualmente in fase di sviluppo in Europa; i progetti complessivi potrebbero quindi permettere di impiegare tutti i 12 milioni di lavoratori a tempo pieno che hanno perso il loro lavoro a causa del Covid-19, creando inoltre posti di lavoro aggiuntivi.

Attraverso interviste e survey online con i principali stakeholder sono stati individuati, per i diversi progetti, lo scopo, gli investimenti richiesti, i benefici sociali e ambientali nonché il livello di maturità e di rischio. Le opportunità sono state poi prioritizzate in base a criteri come la rilevanza tecnologica, le tempistiche del progetto, i benefici per il clima e per la società. L’impatto generato dai mille progetti identificati è inoltre stato analizzato in termini di posti di lavoro creati e tonnellate di CO2 equivalente evitate sulla base di un modello implementato appositamente per lo studio: si stima che i progetti identificati abbiamo il potenziale per evitare complessivamente emissioni pari a 2,3 Gt di gas serra.

Una panoramica dei progetti individuati

Dallo studio emerge come gli investimenti richiesti dai progetti individuati rappresenterebbero una porzione importante dei fondi previsti a livello europeo: dal 10 al 50% dei fondi previsti da Next Generation EU, il piano per la ripresa dell’Europa approvato dalla Commissione Europea a luglio.

La transizione energetica si posiziona al primo posto in termini di numero di progetti, seguita dal settore dei trasporti. Progetti legati al settore delle costruzioni, al comparto industriale e all’utilizzo del suolo sono invece meno numerosi, principalmente a causa di progettualità più decentrate e contenute dimensionalmente. Circa il 30% dei progetti elencati sono sviluppati da start-up e PMI; molti di essi sono classificati come innovativi (ad es. soluzioni per la mobilità sostenibile, idrogeno verde, bonifica del territorio e materiali da costruzione a bassa emissione di gas serra). Molti progetti presentano inoltre benefici aggiuntivi rispetto alla decarbonizzazione: ad esempio, il miglioramento della qualità dell’aria, la riduzione dell’inquinamento acustico, l’indipendenza energetica, la sicurezza alimentare.

In Italia i progetti individuati, in grado di generare 120mila posti di lavoro, sono complessivamente 95, di cui 29 nel settore energetico, 15 nei trasporti, 23 per l’industria e l’economia circolare, 16 nel settore delle costruzioni, 13 di progetti di uso del suolo e agricoltura. A titolo di esempio, in quest’ultima categoria rientra il progetto di Barilla per la coltivazione sostenibile di segale nei paesi europei, nato nel contesto della Missione “Buono per Te, Buono per il Pianeta” con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 connesse alla coltivazione del cereale grazie all’applicazione della “Carta Wasa”: un insieme di regole alle quali devono sottostare i fornitori di segale – materia prima fondamentale per il brand Wasa – che spinge verso un utilizzo meno intensivo dei fertilizzanti e l’introduzione di biocarburanti. Con alcuni agricoltori, Barilla ha inoltre avviato un progetto per il sequestro del carbonio attraverso progetti di agricoltura rigenerativa, che consentono di ottenere terreni più sani e quindi con una maggiore capacità di immagazzinamento della CO2.

Conclusioni

Le crisi economiche rappresentano momenti di discontinuità unici per i nostri sistemi economici e sociali. Nell’attuale momento di crisi, orientare gli investimenti per la ripresa verso la decarbonizzazione rappresenta un’occasione irripetibile per la reale attuazione del Green Deal e per la possibile declinazione di un nuovo paradigma di sviluppo. E le opportunità di realizzare investimenti capaci di coniugare decarbonizzazione e crescita sono oggi, come indicato dallo studio EY, quanto mai concrete.

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